*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 40378 *** This file was produced from images generously made available by The Internet Archive. ROBERTO BRACCO TEATRO VOLUME SECONDO MASCHERE — INFEDELE — *IL TRIONFO* 3ª EDIZIONE RIVEDUTA. REMO SANDRON — Editore Libraio della Real Casa MILANO-PALERMO-NAPOLI-GENOVA-BOLOGNA-TORINO Copyright by Roberto Bracco and Miss Dircé St. Cyr in the United States of America. PROPRIETÀ LETTERARIA _I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia._ È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il consenso scritto dell’Autore _(Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882)_. Off. Tip. Sandron — 12 — I — 080817. IL TRIONFO _Dramma in quattro atti._ Questo dramma fu rappresentato per la prima volta in Italia, al teatro _Alfieri_ di Torino, la sera del _10 gennaio 1895_, dalla compagnia drammatica _Zacconi-Pilotto_. INDICE ATTO PRIMO. ATTO SECONDO. ATTO TERZO. ATTO QUARTO. PERSONAGGI: _Lucio Saffi_ _Nora_ _Don Paolo_ _Giovanni_ _Ziegler_ _Felsani_ _Rosa_ _Giustino_ _Un Contadino_ ANNOTAZIONI PER GLI ARTISTI. *Lucio Saffi* — 28 anni: viso espressivo, mobilissimo, segnato dall’intensa sensibilità spirituale. *Nora* — maestra di pianoforte: 24 anni; natura debole, impressionabile. *Giovanni* — un bel giovane gagliardo, sulla trentina, pittore. *Ziegler* — violinista: poco più di 30 anni; piuttosto brutto, capelli castani un po’ a zazzera, disordinato negli abiti e nei gesti. *Felsani* — medico celebre: 74 anni; spalle curve, barba fluente e capelli bianchissimi, modi assai signorili; incesso grave; voce monotona, sottile, insinuante; parla lentamente, sillabando le parole, con pacatezza eccessiva e aristocratica. *Don Paolo* — prete molto disinvolto, spregiudicato e giovialissimo; faccia bonaria e ridanciana: 56 anni. *Rosa* — giovanetta bella, fresca, piena di salute: 21 anni, vesti e maniere tra di contadina e di provincialotta ricca. *Giustino* — benestante campagnuolo, giovanissimo, sano, arzillo, e, a modo suo, elegante. ATTO PRIMO. _Un salotto semplice, modesto, adibito provvisoriamente a camera da letto. Il letto, difatti, situato verso il lato sinistro, ha il capezzale un po’ discosto dalla parete, quasi avanti a una porta chiusa. Alla parete opposta, una finestra. In fondo, la porta comune, dalla quale si vede un’altra piccola stanza. Presso il letto, una larga poltrona. Pendono ai muri alcuni quadri anatomici. Nell’angolo più lontano dal letto, un’ampia tavola, su cui sono, confusamente, fiale e scatole di medicinali, qualche bottiglia, qualche piatto, qualche asciugamano, qualche bicchiere, delle arance, una candela di cera, un paralume._ _Qua e là, nella camera, altre suppellettili, in disordine. — È sera. — La candela è accesa, diffondendo poca luce. — L’ambiente è concentrato e triste._ SCENA I. LUCIO, GIOVANNI, FELSANI. _Lucio_ _(è adagiato sul basso letto tutto bianco, ma dalla cintola in su è quasi ritto, con le spalle e il capo sorretti da una catasta di guanciali. Ha gli occhi infossati, lo sguardo debole e vagante, il volto pallidissimo e smunto, la barbettina incolta. Ha un braccio serrato al petto, tenendo sotto l’ascella un piccolo termometro.)_ _Felsani_ _(è seduto sulla poltrona.)_ _Giovanni_ _(in piedi, presso la candela, ha in mano una lettera.)_ _Lucio_ _(parlerà con voce fioca; ma quando, a poco a poco, o ad un tratto, egli si animerà, il suo accento avrà vibrazioni affannosamente vivaci.)_ _Giovanni_ _(guardando la lettera)_ Qui c’è una cancellatura. Si vede che gli era sfuggita qualche parola eccessivamente efficace.... _Lucio_ Dottore, sono passati i dieci minuti? _Giovanni_ _(consultando il suo orologio)_ Non ancora. _Lucio_ Questi termometri! Che noia! _(A Giovanni:)_ Continua, Giovanni. Vedi che bel tipo! _Giovanni_ Lei permette, dottore? Tanto per ammazzare il tempo.... _Felsani_ Ammazzi pure. _Lucio_ _(a Giovanni:)_ Ma grida un po’.... _Giovanni_ Non l’avevi letta? _Lucio_ Me l’aveva appena leggiucchiata la signorina Nora. _Giovanni_ _(leggendo:)_... «Sicchè, Sua Eminenza, che, standomi ad ascoltare, s’era grattata, con rispetto parlando, un poco dappertutto — segno evidente che non avevo saputo grattarla io —, all’ultimo, alquanto impacciata, così mi parlò: «Voi don Paolo, non ne dubito, di qui a cento anni sarete anche beatificato, visto che nel villaggio tutti dicono, ed io lo credo, che siete un curato esemplare e miracoloso; ma io sostengo che lassù sarete un santo come non ve ne sono stati mai». E il giorno dopo, nipote mio, Sua Eminenza se n’è partita, salutata, acclamata da tutto il paese, ma giurando in cuor suo, — te lo dico io — di non metterci mai più il piede.» _(A Lucio:)_ Egli però non se ne mostra troppo afflitto. _(Legge:)_ «Insomma, non le piacqui. Anzi, la infastidii, specie con le mie risate. Santa pazienza!... Come si fa a fingere sempre? E poi, mascherare la faccia forse è possibile, ma la voce come si maschera? È quella che è. La mia ride; e a Sua Eminenza piacciono le voci che piangono. _De gustibus_, caro nipote! La vaccherella neonata sta come un pesce. Rosina fa all’amore con un giovinetto lavoratore e ricco. La semina del grano è terminata. E io me la godo. — Sperando di ricevere finalmente tue nuove, ti abbraccia e benedice il tuo affezionatissimo zio Paolo.»... Bel tipo davvero! _(A Lucio:)_ Non sa che sei malato? _Lucio_ Non sa?... Che cosa? _Giovanni_ _(alzando la voce)_ Dico: tuo zio non lo sa che sei malato? _Lucio_ No, no. — Dottore, sono passati i dieci minuti? _Felsani_ _(dopo aver consultato il suo orologio)_ Ora sì. _(Si alza lentamente, prende il termometro, si avvicina alla candela.)_ _Lucio_ Per conto mio, abolirei i termometri. _Felsani_ Benissimo, collega. In qualità di medico, lei può abolire anche la medicina. Ma in qualità di ammalato, non deve che subirla. _Giovanni_ _(a Lucio:)_ Hai capito? _Lucio_ _(a Felsani, che osserva il termometro:)_ Quanti gradi, dottore? _Felsani_ Ah?... Non così abolizionista come dice di essere! Trentanove meno qualche decimo. _Giovanni_ Siamo in porto, perbacco! _Felsani_ E anche senza questa importante diminuzione non ci sarebbe più niente da temere. Il superare la crisi dell’altra notte, fu vittoria decisiva. Sono quarantotto ore che Lucio Saffi ha concluso e sottoscritto il suo trattato di pace con la Vita. Questa volta _(si avvicina a Lucio)_ possiamo congratularci con la scienza. _Lucio_ Con la scienza? _(Tentenna un poco il capo.)_ _Felsani_ _(parlandogli assai dappresso)_ Con la _nostra_ Scienza, collega. _Lucio_ Nostra, no. Io non saprei che farmene. _Felsani_ Ottimamente. Nondimeno, veda, lei è un medico come me. _Lucio_ Ho una laurea come lei. _Felsani_ Ottenuta, io lo ricordo, con esami onorevoli. _Lucio_ Ma non sono medico, e non potrò esserlo mai. Oh!... La scienza!... Io l’ho studiata con passione, anzi con avidità.... Me ne sono abbeverato avidamente, come... come un viaggiatore del deserto si abbevera alla prima sorgente che trova; ma poi!... Ma poi!.... _Felsani_ Ma poi... io la prego di parlare poco e di pensare meno. Mi fa questa grazia? _Lucio_ _(continuando senza badargli)_... Più bevevo, e più avevo sete. Sicuro! Quando mi si disse: «ohè, ohè, sei dottore!», io ebbi la coscienza di essere un ignorante... _Felsani_ Mi fa la grazia di chetarsi? _Lucio_ _(animandosi)_ ...E tutte le ricerche febbrili tendenti a scoprire il segreto dell’esistenza, non lasciarono in me che un gran disprezzo per l’inanità della scienza, dei cui simboli grotteschi — guardi dottore, guardi — ho voluto ornare i muri in segno di scherno, e un gran desiderio, anche, mi rimase, un gran bisogno di cercare... di cercare... di cercare altrove! _(Si abbatte.)_ _Felsani_ _(dopo una lunga pausa, si accosta a Lucio)_ Ecco, lo vede? È stanco. Avrà tanto tempo — glielo prometto io — per dire alla scienza ed agli scienziati tutto il male che ne pensa; ma per ora, signor Lucio, _(con severità paterna)_ io non la prego più, bensì le ordino di fare a modo mio. _(Pausa. Poi, andando verso Giovanni e abbassando la voce)_ Senta. Sino alle due della notte, desidero che lo si lasci tranquillo. Alle due, o un po’ più tardi, l’infermo ricomincerà a prendere la cartina consueta. E durante la notte, se avrà sete, potrà bere abbondantemente la sua aranciata. Ha niente da obiettare il signor pittore? _Giovanni_ Si figuri! Niente. _Lucio_ Non mi riesce di udire nemmeno una parola. Le sue droghe, dottore, mi hanno fatto diventar sordo. _Felsani_ Benissimo! Potremo così sparlare di lei senza domandargliene il permesso. _Giovanni_ _(a Felsani:)_ Appunto, dottore, volevo dirle.... _Lucio_ _(socchiude gli occhi in una specie di dormiveglia.)_ _Felsani_ _(a Giovanni:)_ Dica. _Giovanni_ Egli si lamenta della residenza precaria in questa stanza, e non sogna che di ritornarsene lì, nella sua cameruccia abituale. _Felsani_ Quella cameruccia sembra una tomba, e noi gliene vieteremo l’ingresso, perchè, suo malgrado, lo vogliamo vivo. Qui, caro signor Giovanni, c’è un poco più di luce. _Giovanni_ Ed egli odia la luce. _Felsani_ Una stravaganza che nasconde Dio sa quale dei suoi attorcigliamenti d’idee. _Giovanni_ Lo so, ma, purtroppo!... guai a contraddirlo. _Felsani_ Contraddirlo no; secondarlo sempre, neppure. È necessario distoglierlo, distrarlo dai suoi sofismi, dai suoi cavilli, da quel ragionare eccessivo in cui il suo pensiero si contorce. Ahimè! Ragionar troppo significa correre il pericolo di non ragionar più. Con la febbre a quarantuno, delirava. Questo era naturalissimo. Ma il male è che, passato delirio, egli ricorda la visione e i fantasmi del delirio e qualche volta ne parla come d’un fatto veramente accaduto, come di una persona veramente vista. Proclive a crearsi un altro mondo, determina, in sè stesso, una specie di sovrapposizione. Da che cosa è prodotto tutto questo? Io credo da una sproporzione, da uno squilibrio. Egli consuma, cioè, del suo cervello più di quanto possa consumare. Non ha notato lei che dopo uno dei suoi sforzi riflessivi egli, accasciato, si assopisce nel riposo? La natura medesima, dunque, gli chiede un risarcimento. Ed ecco perchè bisogna evitargli l’eccesso della riflessione. È del mio parere il signor pittore? _Giovanni_ Ma... naturale!... _Felsani_ E sarà utile che del mio parere siano gli altri amici che assistono l’infermo. _Giovanni_ Avvertirò Ziegler. _Felsani_ Avverta, prima d’ogni altro, la signorina Nora.... _Lucio_ _(a questo nome si desta.)_ _Felsani_ Quella donna, se non vado errato, ha un certo ascendente su lui.... _Giovanni_ In verità, non lo conosce che da quando è venuta ad abitare qui accanto; ma, senza dubbio, per lui, è una vicina eccellente. _Felsani_ Una vicina eccellente! Ben detto! Ben detto! Ed è ciò che si può desiderare di meglio. _Lucio_ Giovanni, è illuminata la sua finestra? _Felsani_ Ah! Lei ascoltava? Cosicchè l’effetto delle mie malefiche droghe non è completo? _Lucio_ M’è parso dì udir pronunziare il nome di Nora. Mi sono, forse, ingannato? _Felsani_ Ingannato? Punto. E solamente questo nome ha udito?... _Lucio_ Questo nome, dottore. _Felsani_ Benissimo.... Benissimo.... _Lucio_ È illuminata la sua finestra, Giovanni? _Giovanni_ _(guardando la finestra)_ No. Ella non deve essere ancora tornata dal concerto. Già, sarebbe venuta direttamente qui. Ma non potrà tardare. I pezzi che doveva suonare con Ziegler erano segnati al principio della seconda parte del programma. _Felsani_ _(a Lucio, fissandogli addosso gli occhietti scrutatori:)_ È una pianista valorosa? _Lucio_ È una incomparabile infermiera. _Felsani_ Simpatica, anche.... _Lucio_ Assai mite. _Felsani_ Quasi bella.... _Lucio_ _(breve pausa)_ Peccato! _Felsani_ _(ha un lieve moto di stupore. Indi, rivolgendosi pianissimo a Giovanni:)_ Che ne dice lei, signor pittore, di tutto ciò? _Giovanni_ Non è un innamorato. _Felsani_ Molto ben detto. Senonchè, io non sono della sua opinione. _Lucio_ _(chiamando:)_ Giovanni! Giovanni! Va, ti prego, va ad aprire la porta. La signorina Nora è su per le scale. Non ne hai udita la risatina? _Giovanni_ Io, no; ma non monta.... _(Esce dalla comune.)_ _Felsani_ _(accostandosi a Lucio)_ Non le pare d’aver udita quella risatina più col pensiero che con gli orecchi? _Lucio_ _(dilatando istantaneamente le pupille)_ Perchè lo vuol sapere? SCENA II. LUCIO, GIOVANNI, FELSANI, ZIEGLER, NORA. _Nora_ _(porta in mano un mazzo di fiori. Ha un’elegante e semplicissima veste bianca dallo strascico molto lungo. La ciarpa che le covre i capelli, e un po’ il viso, e il mantello in cui si avvolge, mettono nell’ambiente caldo l’impressione dell’aria fredda della strada.)_ _Ziegler_ _(indossa, sbottonato e col bavero alzato, un largo e vecchio paltò svolazzante, sotto il quale il frak inelegante e il nitido cravattone bianco completano il carattere della figura alquanto bizzarra. Ha in mano il violino chiuso nella cassetta e alcune carte di musica avvoltolate.)_ _Nora_ _(entrando)_ Buone notizie, nevvero? _Felsani_ Sempre buone quando un medico tiene a darle egli stesso. _Nora_ _(a Felsani:)_ Lei qui a quest’ora? Giù, non avevo riconosciuta la sua carrozza. _Ziegler_ _(andando premuroso verso Lucio)_ Si va bene, eh? _(Mette in un angolo la cassetta, il cappello, le carte.)_ _Felsani_ _(a Nora)_ Io qui a quest’ora. Ma non tema, signorina, non usurpo il suo posto d’infermiera. Glielo abbandono tutto intero il nostro ex ammalato. _(Prende di su una seggiola la sua pelliccia. — Giovanni lo aiuta a indossarla.)_ _Nora_ Oh, garbata questa infermiera che entra munita di fiori nella camera dell’infermo! Ziegler, abbiate pazienza, buttateli via. _(Glieli dà.)_ _Ziegler_ Lusinghiero pel Comitato che ve li ha offerti. Piuttosto ve li porto in casa. Volete? _Nora_ No, no: buttateli via. Tanto, domani saranno secchi. _Lucio_ I fiori!... Colore... profumo... niente altro! _Felsani_ _(a Giovanni:)_ Grazie. _(A Ziegler:)_ Dia a me, se non le dispiace, dia a me.... _Ziegler_ _(consegnandogli il mazzo di fiori)_ Volentieri. _Felsani_ Sino a domani li serberò io. _Nora_ Così poetico, dottore? _(Si toglie la ciarpa, il mantello, i guanti.)_ _Felsani_ Poetico, precisamente, no. Ma mi permetto di fare osservare alla signorina Nora che è una crudeltà il buttar via dei fiori freschi solo perchè domani saranno secchi. Secondo lei, signorina, invece di curare un uomo, noi dovremmo ucciderlo, cioè.... buttarlo via, solo perchè, tanto, un giorno o l’altro dovrà morire. Poetico, no. Un po’ umanitario, ecco. E l’umanità comincia dove si vuole. Per alcuni comincia dalla scimmia.... Benissimo! Per me comincia.... dai fiori. «_Vivere! Vegetare forse?_» si domanderebbe un Amleto a rovescio.... E lei, signorina, che ne dice?... Qual è la sua opinione?... _Nora_ Non ne ho, dottore. Sono una ignorante, io. _Felsani_ _(sorpreso di sentire la stessa dichiarazione fatta poco prima da Lucio)_ Ah?... Anche lei? _Nora_ Perchè «_anche_»? _Felsani_ Nulla.... Non ci badi. _(A Lucio:)_ A rivederci, collega. E si ricordi che la vittoria è _nostra_. _Lucio_ _(sorride.)_ _Felsani_ _(salutando)_ Signorina... Signor Ziegler... Signor Giovanni.... _Nora_, _Giovanni_ e _Ziegler_ _(cortesemente, lo accompagnano.)_ _Felsani_ _(uscendo lentissimamente)_ Chi vedesse uscire a quest’ora da una casa un vecchio medico con un mazzo di fiori in mano, farebbe le più varie e fantasiose supposizioni, ma di certo non sospetterebbe che il vecchio medico abbia voluto salvare il mazzo di fiori... dalla crudeltà d’una infermiera gentile.... _(Ancora salutando)_ Signori.... _(Via.)_ _Nora_ _(resta sulla soglia.)_ _Giovanni_ _e_ _Ziegler_ _(escono con lui e poi ritornano.)_ SCENA III. LUCIO, NORA, GIOVANNI e ZIEGLER. _Ziegler_ _(rientra, imitando lievemente l’andatura e l’accento del dottor Felsani)_ «E così il benefico Comitato ha finito coll’offrire dei fiori al dottor Felsani. Benissimo!... _(a Nora:)_ E lei, signorina, che ne dice?» _Nora_ Oh! Io dico, sul serio, di non averli meritati. _Ziegler_ Non le prestar fede, Lucio. Ha suonato divinamente. E anch’io mi sono piaciuto. La sonata di Grieg l’abbiamo — come dire? —... l’abbiamo sviscerata. E al secondo tempo, Nora, a suo marcio dispetto, è stata grande.... _Nora_ _(ridendo e declamando:)_ «Come nessun fu mai!» _Giovanni_ _(pazientemente si sdraia sulla poltrona, ascoltando.)_ _Ziegler_ _(a Nora:)_ Date retta a me. In quell’_andante appassionato_.... _(a Giovanni:)_ Bada, era il secondo tempo della seconda sonata di Grieg; e lì dentro, sai, c’è tutta la Norvegia coi suoi fiordi e con le sue aurore boreali.... _(Continuando a rivolgere la parola a Nora e alzando il tono affinchè Lucio non resti estraneo alla conversazione:)_ Sì, perdinci, in quell’_andante appassionato_ avete messo tanta profondità d’intenzioni e tanta intensità di dolcezza sentita... quasi direi, di _dolcezza vissuta_... che quel Kaps, non so, pareva avesse un cuore, pareva vivere come voi, come me... _(entusiasmandosi)_ e le corde del mio violino sconquassato cantavano, non perchè io le grattavo con l’archetto, no, ma perchè vivevano esse pure.... Proprio così!... Vivevano, intendete?, vivevano per una suggestione. Già, io non so esattamente che diamine significhi la parola _suggestione_, che tutti diciamo cento volte al giorno...; ma questa volta devo averla detta a proposito. Suggestione, incantesimo, malìa, magìa, miracolo!... Una di queste cose, insomma, ovvero... tutte quante insieme! _Nora_ _(ridendo)_ Addirittura?! _Ziegler_ Addirittura! _(Sempre più entusiasmandosi)_ Vi garantisco io che, dato un accompagnamento come il vostro, un violino suona da sè. E quando voi sedete al piano, Norina, parola d’onore, o che suoni io o che suoni Tartini redivivo, è precisamente lo stesso!... _Nora_ _e_ _Giovanni_ _(lo guardano comicamente.)_ _Ziegler_ Cioè... credo di avere un poco esagerato. Ritiro la parola d’onore. _Lucio_ _(sorride.)_ _Giovanni_ _(levandosi)_ Hai finito, chiacchierone? _Ziegler_ _(mortificato)_ Vi vedevo attenti: supponevo di farvi piacere, parlando. _Giovanni_ Be’, se hai finito, _(stendendogli la mano)_ buona notte. _Ziegler_ _(stringendogliela)_ Te ne vai? _Giovanni_ No! Sei tu che te ne vai. _Ziegler_ Ma che! Io ho da restare. Stanotte siamo di guardia Norina ed io. _Giovanni_ Se ci sei stato la notte scorsa con lei! Stanotte spetta a me. _Ziegler_ E tu non c’eri stato già due notti di fila? Spetta a me, caro mio. _Giovanni_ E io sostengo che spetta a me. _Nora_ Bisticciatevi per questo, adesso! _Ziegler_ Decidete voi, Nora. _Giovanni_ Andiamo, decidete voi. _Nora_ Non spetta a nessuno dei due. Il signor Lucio sta meglio, e quindi non c’è’ bisogno di una duplice sentinella. Stanotte, ci resto io sola. Ecco la mia decisione. _Ziegler_ E basta così. _Giovanni_ Non parlo più. _Nora_ _(dando a Giovanni il pastrano e il cappello)_ A voi.... _(e a Ziegler il cappello, le carte e la custodia del violino)_ A voi.... E dritti a casa, da bravi ragazzi. _(A Giovanni:)_ La consegna? _Giovanni_ La consegna è questa. Sino alle due, possibilmente, riposo. A cominciare dalle due, le solite cartine, e se ha sete, la solita bibita. _(Indi, parlando pianissimo, ma con disinvoltura, affinchè Lucio non sospetti:)_ D’un discorso molto serio fattomi dal dottore, parleremo poi a lungo domani. _Nora_ Va bene. _Giovanni_ _(rialzando il tono e guardandola tutta)_ Intanto sarete a disagio in questo abito di fantasma. _Nora_ Andrò a svestirmi quando il signor Lucio si sarà addormentato. _Giovanni_ E se non si addormenterà, i vostri piedini staranno ad agghiacciarsi nelle calze di ragnatela e in questi petali di magnolia che chiamate scarpine. _Nora_ Vi proibisco d’essere tanto bene informato della mia calzatura! Del resto, all’alba, Ziegler verrà a sostituirmi. _Ziegler_ Beninteso! _Giovanni_ E perchè non io? _Nora_ _(vivamente)_ Perchè _voi, no_! _Ziegler_ E basta così. _Nora_ Che tiranna, eh? _Giovanni_ Tiranna?... Non lo so. _Nora_ È vero, signor Lucio, che sono un pochino tiranna? _Lucio_ È la tirannia della Saggezza. _Nora_ Ah, sì? _Giovanni_ _(piano a Ziegler:)_ Ti secca di non restar qui con lei? _Ziegler_ _(piano a Giovanni:)_ Per carità, Giovanni, non dirlo neanche per ischerzo. _Giovanni_ _(a Lucio:)_ Noi ce ne andiamo, Lucio. _(Indicando Nora)_ È lei che lo esige.... A domani, dunque. _Ziegler_ _(a Lucio:)_ Domani, senza febbre e con gli occhioni luminosi e irrequieti come due fari. Mi sono spiegato? _Lucio_ _(sorridendo dice di sì col capo.)_ _Ziegler_ _(a Nora.)_ Buona veglia, Norina! _(E via.)_ _Giovanni_ _(stringendole la mano)_ A rivederci.... _Nora_ Ahi! Ahi! Mi fate male.... _Giovanni_ Eh!... Troppo fragile per essere una tiranna, troppo sensibile per essere un fantasma! _Nora_ _(quasi fra sè, con rancore)_ Cattivo! _Giovanni_ _(esce.)_ SCENA IV. LUCIO _e_ NORA. _Nora_ _(si accinge a mettere in ordine gli oggetti che sono sulla tavola.)_ _(Un lungo silenzio.)_ _Lucio_ Fa freddo, fuori? _Nora_ Un poco. Voi avete freddo? _Lucio_ Sento che fa un poco di freddo, ma io non ho freddo. _Nora_ Invece, io credo che abbiate freddo. Volete uno scialle? _Lucio_ No. _Nora_ Lo volete? _Lucio_ Siete voi che volete darmelo. Ebbene, io lo voglio. _Nora_ _(stende sul letto uno scialle bianco, e ritorna a rassettare gli oggetti sulla tavola.)_ _(Un silenzio breve.)_ _Lucio_ Nora.... _Nora_ Signor Lucio? _Lucio_ Perchè odo la vostra voce meglio di quella degli altri? _Nora_ _(con lieve celia gentile)_ Perchè le medicine che momentaneamente potevano indebolirvi l’udito ve le ho somministrate io. È giusto che esse abbiano fatta una eccezione per me. _Lucio_ _(sorride)_ Ah?.... Ho inteso. _(Pausa)_ E adesso che fate?.... Sedete, adesso.... Raccontate. _Nora_ Un momento.... C’era una gran confusione quassù.... Tutta colpa del signor Giovanni! _(Seguendo il zig-zag del suo pensiero)_ Un po’ matto, ma vi vuole molto bene anche lui. _Lucio_ Sì. Giovanni e Ziegler sono due amici eccezionali. _Nora_ Ed io? _(Poggia il paralume verde davanti alla candela. Si volta, e ascolta.)_ _Lucio_ Voi, no. _Nora_ No?! _Lucio_ Voi, non siete.... un’amica. _Nora_ E che sono, io? _Lucio_ Ecco. Pocanzi il dottor Felsani diceva che la scienza mi ha ridata la vita.... _Nora_ È vero! _Lucio_ Io sono convinto che me l’avete ridata voi. _Nora_ Oh Dio! In che modo? _(Ascoltandolo, muoverà impercettibilmente verso di lui, e si fermerà un po’ discosta dal letto.)_ _(Sono tutti e due in un’atmosfera di sogno.)_ _Lucio_ In che modo?.... La vita è la vita. Si sa come si scompone il corpo d’un uomo; non si sa... o, meglio, io non so di che si componga la sua vita. Quel che io so è di averla riavuta a guisa d’un dono,... di averne sentita la trasfusione. _(Pausa.)_ Ricordate?... _(Pausa.)_ Agonizzavo... Cominciavo a morire... La mia anima, liberandosi a poco a poco dalle sue spoglie, già si affacciava al mondo dì là... _Vedeva!_... _Vedeva!_... Comprendete? _Nora_ Sì. _Lucio_ Poi... un alito dolce, in cui era una segreta intercessione, un segreto richiamo, la trattenne, la fece retrocedere, me la ricondusse... e la congiunse, di nuovo, completamente, a questo misero corpo... restituendogli la vita, che — demeritata — gli si era dispersa. _(Come in una ispirazione)_ Chi aveva richiamata l’anima mia? _Nora_ Chi? _Lucio_ Voi. E, difatti, mentre essa mi ritornava dentro, mentre io... rinascevo, voi mi stavate vicina, vigilando... aspettandomi... Mi stavate vicina... _Nora_ _(intenta, si accosta ancora un poco e, a piè del letto, resta fissa, dinanzi a lui, suggendone ogni parola.)_ _(Il biancore del suo abito, il cui strascico si distende, e quello del letto compongono, nell’ombra, tutta una vaga forma bianca.)_ _Lucio_ ... Così... Così... come state ora: secura, diritta, solenne, grande, eppure umile.... Assai umile... assai umile.... _Nora_ _(assorta)_ Lucio.... _Lucio_ _(spalancando gli occhi che diventano d’una luminosità soave)_ E così, con questa voce, con una voce che è soltanto vostra, mi dicevate: Lucio... Lucio.... _(Muti, immobili, si guardano. — Il silenzio incombe.)_ (_Sipario._) ATTO SECONDO. _La medesima stanza. Ma l’ambiente è divenuto quasi gaio. Non c’è più il letto. Dove erano le fiale e i medicinali, si vedono, ora, piatti, bottiglie di vino, un fornello con su una caffettiera, una zuccheriera e parecchie tazze. Nel mezzo della stanza, una mensa. Son le prime ore del pomeriggio._ SCENA I. LUCIO, DON PAOLO, NORA, GIOVANNI _e_ ZIEGLER. _(Essi stanno seduti intorno alla mensa. Don Paolo ha a destra Nora, a sinistra Ziegler. Lucio è alla destra di Nora. Giovanni è fra Lucio e Ziegler. Si è alla fine del pranzo. Si mangia la frutta. Si chiacchiera. Si beve. — Il fornello del caffè è acceso.)_ _Nora_ _(sbuccia una mela e ne offre una fetta a Don Paolo.)_ Un’altra fettina di mela, Don Paolo? _Don Paolo_ _(condiscendente)_ Un’altra fettina di mela. _(La prende e la mangia.)_ _Ziegler_ Ancora?! _Don Paolo_ Lasciate fare! _(Ride)_ Ah ah ah! Sono i piccoli vantaggi dell’innocuità. _Giovanni_ Se c’è l’innocuità, non ci sono i vantaggi. _Don Paolo_ Dal vostro punto di vista è vero. Ma dal mio, _(ridendo)_ ah ah ah!, è un altro paio di maniche. _Ziegler_ Voi le avete larghe le maniche.... _Don Paolo_ E me ne tengo! Sono misericordioso, io. _Giovanni_ La misericordia è stoffa a buon mercato. Si dice che anche il Signore Iddio se ne sia fatto un manto assai largo. _Ziegler_ Che ne pensate voi, Don Paolo? _Don Paolo_ Io penso... _(beve con voluttà un ultimo bicchiere di vino)_ penso che con queste cose è meglio di non scherzare. _Nora_ _(a Giovanni e a Ziegler:)_ Se voialtri non la finite con le vostre eresie!... _Giovanni_ Non andate in collera, Nora, chè in fondo poi, convenitene, sono un buon credente. _Nora_ Sì, quando vi accomoda. _Don Paolo_ _(per scansare quei discorsi)_ Un sigaro chi me lo dà? _Ziegler_ Io. _Giovanni_ Io. _Don Paolo_ Vediamo. _(Guarda e stringe tra le punte delle dita i due sigari.)_ Scelgo questo e fumo quest’altro. _(Ridendo, se ne mette uno in tasca e uno in bocca)_ Ah ah ah! _(Tutti si alzano, eccetto Lucio.)_ _Don Paolo_ _(col viso alquanto acceso e le gambe alquanto dinoccolate)_ Santa pazienza! Mi avete fatto mangiare e bere un po’ troppo! _Nora_ Ed ora vi do una tazza del mio caffè. _Don Paolo_ Purchè non mi facciate perdere il treno come ieri. _Ziegler_ _(cavando dalla saccoccia una scatoletta di fiammiferi)_ State tranquillo: terrò io d’occhio l’orologio. _Ziegler, Giovanni, Don Paolo_ _(accendono i loro sigari.)_ _Nora_ _(smorzando la fiamma del fornello)_ Lo brustolai io stessa, ieri sera.... _Don Paolo_ Lo sappiamo, perchè la vostra finestra era aperta e il fumo aromatico giungeva fin qui. _Nora_ Moca e Portorico.... Sentirete. _Lucio_ _(tuttora seduto, è assorto, co’ pugni uniti sulla tavola e il mento sui pugni.)_ _Don Paolo_ _(lo guarda, gli si avvicina e gli sfiora il viso col gesto con cui si scacciano le mosche)_ Ohè!... _Lucio_ _(sussultando)_ Scusate, zio... _Don Paolo_ Ma che hai? Che hai? _Lucio_ Ecco:... riflettevo che.... _Nora_ _(interrompendo di proposito)_ Don Paolo, dolce o amaro? _Don Paolo_ Come il vostro cuore vi detta. _Ziegler_ Allora dolcissimo. _Nora_ _(offrendo la tazza ricolma a Don Paolo)_ A voi. _Don Paolo_ _(saggiando subito col cucchiaino)_ Perfetto! _Lucio_ Me la date anche a me una tazza di caffè? _Nora_ _(mescendolo agli altri)_ È assai forte, Lucio. Coi vostri nervi!... _Lucio_ Un sorso, almeno. Mi solleverà. _Nora_ Un sorso, ve lo cedo io. _(Gli porge la propria tazza.)_ _Lucio_ _(se l’avvicina alle labbra, delicatamente.)_ _Ziegler_ _(pianissimo, confabulando con Don Paolo.)_ Insistete nella proposta di stamane. Fate che egli venga con voi in campagna. Il dottor Felsani dice che ciò è indispensabile.... _Don Paolo_ E dice bene. _Ziegler_ Lucio, credetemi, non è completamente guarito. _Don Paolo_ _(sospirando)_ Lo so. Lo vedo. _(Restano pensosi, sorseggiando l’uno di fronte all’altro.)_ _Nora_ _(a Lucio, che beve troppo caffè:)_ Ma così compromettete il solito sonnellino del dopo pranzo. _Lucio_ Non importa. _Nora_ _(con severità gentile)_ Basta, ora! _(E riprende la tazza.)_ _Lucio_ Che avara! _Giovanni_ E giacchè siete così avara... io vi chiedo un’altra mezza tazza del vostro caffè. _Nora_ Intemperante! _(Tentennando il capo, lo accontenta.)_ _Giovanni_ Avara! Avara! _Don Paolo_ _(chiama a sè Ziegler con gli occhi e gli dice qualcosa all’orecchio.)_ _Ziegler_ Eh! Senza di lei, egli si ammalerebbe peggio. _Don Paolo_ E dunque? _Ziegler_ Con un pretesto qualsiasi, fate venire anche lei. Tanto, voi siete un prete di spirito.... _Don Paolo_ Ma quella è una donna di carne! _Ziegler_ Per Lucio non è che di aria. _Don Paolo_ E buon pro gli faccia! _(Avendo finito di bere il caffè, sta per riporre la tazza.)_ _Nora_ _(cerimoniosamente, gliela toglie di mano e la posa.)_ Contro chi congiurate voi due? _Don Paolo_ Contro chi? Posso dirlo? Posso dirlo? _(Con uno slancio di franchezza)_ Contro il vostro amico Lucio... e anche un po’ contro di voi. _Lucio_ Oh! Oh! Sentiamo. _Don Paolo_ _(dopo breve esitazione)_ Be’!... Bisogna decisamente accettare il mio invito. In campagna, caro nipote, in campagna! _Lucio_ _(di scatto)_ No, zio, ve l’ho già detto: in campagna con voi, non ci vengo! _(Un silenzio. Tutti sono imbarazzati. Nora arrossisce. Lucio tenta invano di dissimulare il suo turbamento. Ziegler fa segno a Don Paolo di non preoccuparsene e di andare avanti.)_ _Don Paolo_ _(risoluto)_ Sentite, ragazzi miei. Io ho il vago sospetto che, oramai, la città sia diventata l’anticamera del manicomio. _Lucio_ _(ha un involontario movimento di pena.)_ _Ziegler_ _(vorrebbe avvertire Don Paolo di mutar tono.)_ _Don Paolo_ _(non intende e continua)_ Ah! In città ci ho vissuto anche io e ci ho fatta la mia educazione.... E che educazione! Ma erano altri tempi, e, quando mi ritirai in villaggio, portai con me tale una provvista di saviezza da seminarne largamente le mie campagne affinchè germogliasse nel buon concime del cretinismo campagnuolo. Ahimè! Mi accorgo che il cervello cittadino è deperito. La civiltà è una sua eterna debitrice, perchè non rende tutto ciò che esso le dà. Certo, da quel pastore alla buona che sono... _(guarda tutti e continua un po’ comicamente)_... o, se vi piace meglio, da quel pretaccio esperto che sono..., parecchie stranezze ho creduto possibili sotto la cappa del cielo, ma quella che m’è capitato di vedere venendo a fare una visita a mio nipote dopo tanti anni, no, non l’ho creduta e non avrei potuto crederla possibile mai! _(Pausa. — Con le dita si allarga il colletto che gli dà fastidio.)_ È inutile, veh!, che mi facciate quei visi lunghi... Voglio parlare, io, e parlare franco... E voglio dire tutto quello che penso... N’avrei il diritto, anzi il dovere, santa pazienza!, pure se quel vinetto, di cui m’avete fatto bere più del necessario, non mi sciogliesse ora lo scilinguagnolo. Oh bella!... Credevo d’avere per nipote un medico e trovo invece un capitale nemico della medicina. E sin qui, _transeat_: non è di questo che mi affliggo. Credevo di avere per nipote un giovanotto vivace, allegro, che magari corresse la cavallina, come, purtroppo, alla sua età faceva la buon’anima di suo padre, e invece trovo un ipocondriaco misterioso, un asceta andato a male, un malinconico contemplatore di non so che cosa. Credevo di avere per nipote un uomo abituato e indurito a tutte le tempeste di questa vitaccia, e non trovo che un naufrago avviticchiato a uno scoglio; il quale scoglio non si chiama con nessuno dei nomi che, più o meno, affidano. Esso non è nè il matrimonio, nè il celibato; non è nè la catena coniugale, nè la libertà individuale; non è nè la virtù, nè il vizio; non è nè l’amore legittimo, nè quello illegittimo. E sapete che cosa è?... È semplicemente una anomalia! _Ziegler_ _(tirandogli di nascosto la sottana)_ Don Paolo! _Don Paolo_ Sì, sì, una anomalia: lo ripeto e lo sostengo. Ammettiamo perfino un’amicizia fraterna, a base di gratitudine o di qualcosa di simile, fra un uomo a ventotto anni e una donna a ventiquattro. Uno scetticone sorriderebbe d’incredulità, e io no, non sorrido, perchè non sono scettico e mi piace ancora di credere nella bontà umana. Ma quando questo uomo e questa donna non vogliono o non possono più districarsi l’uno dall’altra, quando essi s’innestano, si cuciono fra loro a fil doppio per respirare la stessa aria, per dire le stesse parole, per vivere la stessa vita, ah! santa pazienza!, quest’amicizia fraterna, se non è una finzione, è una cosa sciocca, effimera e mostruosa! _Ziegler_ _(gli tira di nuovo la sottana.)_ _Don Paolo_ Che bisogno c’è di pizzicarmi ogni tanto la sottana?... Credete che io non intenda il suono delle mie parole?... Vi porto un po’ del mio ossigeno. Se non vi entra nei polmoni, di chi è la colpa? Del resto, quello che ho detto, ho detto. Non ci pensiamo più.... Io desidero soltanto — e questo soltanto volevo assodare — che Lucio venga a star qualche tempo con me, lì, in campagna, dove la natura si sviluppa sinceramente in tutta la sua semplicità, dove anche il semplice spettacolo della vegetazione rigogliosa risolve i problemi più complicati e più astrusi e concilia l’umanità un po’ con Dio e un po’ con sè stessa. Ci siamo intesi? _(Un silenzio. — Tutti guardano a terra.)_ _Don Paolo_ _(dimena il capo, dicendo quasi fra sè:)_ Pare di no! _(Sbuffa e si gratta il mento. — Mentre parlava, il sigaro gli si è smorzato fra le dita. E ora se lo ficca in bocca come per fumare e con le labbra lo tormenta.)_ _Ziegler_ _(cavando di tasca la scatola di fiammiferi)_ Volete accendere, Don Paolo? _Don Paolo_ _(scattando)_ Ma che accendere! I vostri sigari non tirano! Via! Via anche il sigaro! _(Lo getta a terra con violenza. — Poi, paziente)_ Signorina Nora, voi mi sembrate una brava ragazza... e le parole che mi sono uscite di bocca..., ammesso che non fossero tutte piacevoli..., voi le avete già dimenticate. Siete persuasa d’essere quasi una sorella d’adozione di Lucio? Ed io precisamente alla sorella di lui mi rivolgo. Esortatelo voi a raggiungermi in campagna... e, giacchè... in casa mia non debbo render conto a nessuno..., voi, che siete una donnina emancipata, voi sua amica, sua sorella, se vi degnate d’accettare il mio invito, verrete a tenergli compagnia... proprio come fate qui, e così, in un’opera saggia, vi unirete a me, che diventerò, naturalmente, un vostro zio... nei modo che meglio piacerà alla Provvidenza. Quanto all’occhio del mondo, non ve ne date pena. Dirò... dirò... che siete proprio una parente. E poi, lassù, in villaggio, tutto il mio mondo è composto di quattro persone: il solito farmacista, il medico condotto, la mia pupilla e il suo fidanzato; e questo mondo, capirete,... ha l’occhio che voglio io. _(Ride)_ Ah ah ah ah ah! Ecco qua, torno a ridere, finalmente. Si dice che io rida troppo spesso.... Eppure, lo vedete, quando mi accade di parlare senza ridere, arreco fastidio alle orecchie e do ai nervi come... come un trombone che voglia farla da flautino. Viva il buon umore, dunque, viva l’allegria! _(Tutti sono evidentemente preoccupati, e, come dianzi, guardano a terra, tacendo.)_ _Don Paolo_ Viva l’alle...gria!... Eh!... difatti... non si potrebbe immaginare un’allegria più allegra di questa! _(Sbuffa.)_ _(Ancora un silenzio.)_ _Ziegler_ _(consulta il suo orologio, ed è felice di trovare un pretesto per risolvere la quistione)_ Don Paolo, se non volete perdere il treno, è ora. _Don Paolo_ Oh, tanto meglio! La mia roba dov’è?... Dov’è? _Nora, Giovanni_ _e_ _Ziegler_ _(si affrettano a dargli chi il cappello, chi il mantello, chi la sacca da viaggio.)_ _Giovanni_ Ecco. _Nora_ Ecco. _Ziegler_ Ecco. _Giovanni_ Vi accompagneremo tutti alla stazione! _Don Paolo_ _(irritato)_ Grazie tante! Non voglio accompagnamenti! _(Si mette mantello e cappello.)_ _Ziegler_ E noi vogliamo accompagnarvi. _Don Paolo_ E io ve lo proibisco. _Ziegler_ Ma perchè? _Don Paolo_ Si accompagnano i morti, non i vivi. Addio!... Addio!... _(Con fretta esagerata, fa per andare.)_ _Lucio_ _(chiamandolo:)_ Zio Paolo.... _Don Paolo_ _(fermandosi)_ Eh? _Lucio_ Ebbene..., sì:... ci verrò in campagna con voi. Avete ragione... Ne avrò giovamento... Credo che anche la... signorina Nora accetti il vostro invito... _Nora_ _(titubante)_... Senza dubbio. _Don Paolo_ _(ritornando)_ Oh, che il Signore sia lodato! È uscito il sole! È uscito il sole! _Lucio_ _(animandosi)_ Domani, col penultimo treno, vi piomberemo addosso. _Don Paolo_ Bravi! _(A Giovanni e a Ziegler)_ E questi birboni?... Venite, venite anche voialtri... Il signor Giovanni porterà i suoi pennelli, il signor Ziegler porterà il suo violino.... E dipingeremo, suoneremo, balleremo.... _(Ridendo)_ Ah ah ah! Ci ho posto per tutti, che credete? _Ziegler_ _(con istantanea malinconia)_ Grazie, Don Paolo, ma io non posso.... _Don Paolo_ _(a Giovanni:)_ E, voi,... Don Giovanni? _Giovanni_ Io... per lo meno verrò sin là a consegnarveli tutti e due sani e salvi. _Don Paolo_ E ogni promessa è un debito. _Ziegler_ Presto, presto. Don Paolo!... Il treno non vi aspetta mica. _Don Paolo_ _(festosamente)_ A domani, dunque. _Lucio_ A domani, zio. _Nora_ A domani. _Giovanni_ A domani. _Ziegler_ Buon viaggio! _Don Paolo_ Buona permanenza! _(S’avvia per uscire.)_ _(Tutti lo seguono vociferando rumorosamente.)_ _Ziegler_ _(ostentando una celia)_ Io poi da voi, un giorno o l’altro, ci verrò, ma di nascosto. _Don Paolo_ _(uscendo)_ Insieme col violino, beninteso.... _Ziegler_ Sì, per portare una serenata alla vostra pupilla. _Don Paolo_ _(la cui voce s’allontana)_ Quella lì non è pane pei denti vostri. _(Ride)_ Ah ah ah ah! _(Continuano i saluti, che si confondono con la risata di Don Paolo:)_ — Arrivederci. — Arrivederci. — A domani. — Buon viaggio! Buon viaggio! SCENA II. LUCIO, GIOVANNI, ZIEGLER _e_ NORA. _(rientrano, chiacchierando.)_ _Ziegler_ Ecco un uomo che ha parecchie dita di cervello. _Nora_ È buono. _(Si accinge a sparecchiare la tavola.)_ _Ziegler_ Intelligente, soprattutto. _Lucio_ Nora!... Che fate? Più tardi verrà la serva. _Nora_ Non è piacevole veder la tavola in disordine, dopo pranzo. _(Continua a sparecchiare con l’aria di una persona di casa.)_ _Ziegler_ Allora, vi aiuto io. _Nora_ Bene! Aiutatemi. _Ziegler_ _(si affaccenda anche lui, sparecchiando.)_ _Giovanni_ _(prendendo un libro che trova chiuso in un angolo della stanza, lo mostra a Lucio)_ Se non vuoi leggerlo tu, passalo a Nora. _Lucio_ Ma sì: sto leggendolo. _Giovanni_ Ah? _Lucio_ Nè nuovo, nè interessante. Spencer rifritto. D’altronde!... _Giovanni_ «Spencer rifritto», s’intende. Senonchè, devi notare.... _Nora_ _(interrompendo con vivacità)_ Non deve notar niente.... _Ziegler_ _(seguitando con la stessa intonazione di lei)_ Perchè, dopo pranzo, la roba rifritta... Non so se mi spiego! _Nora_ _(piegando la tovaglia, ne tiene due punte nelle mani con le braccia tese, e ha il mento abbassata sul lembo superiore, giusto nel mezzo.)_ _Giovanni_ _(a un tratto, fissandola)_ Ferma, ferma così, Nora! _Nora_ Cos’è? _Giovanni_ Ferma così, ve ne prego. _(Cava di tasca un album.)_ _Nora_ Ma che vi piglia? _Giovanni_ È una posa originalissima! Ve ne faccio lo schizzo. Aspettate. _(Comincia a disegnare.)_ _Nora_ _(immobile)_ Io mi stancherò. _Giovanni_ _(disegnando)_ Immaginatevi di stare dinanzi a uno specchio e non vi stancherete. _Nora_ Questo non lo potete dire, perchè in casa mia ho abolito gli specchi. _Lucio_ _(con soddisfazione)_ Brava! _Giovanni_ Avete fatto malissimo! _Ziegler_ _(mirando Nora e imitando col pollice della destra un gesto da pittore)_ Sì, sì: è un quadretto. _Nora_ Con questa tovaglia in mano? _Giovanni_ Tovaglia?... Quella potrebbe essere... un velo, una stoffa antica, non so,... una specie di breve siparietto simbolico... A me preme _la linea_ che voi mi date. _Ziegler_ Via, ti dà pochino! _Giovanni_ _(tuttora disegnando)_ Meravigliosa. _Lucio_ Nientemeno? _Nora_ _(impaziente)_ Ah!... _Lucio_ _(vede il disegno di Giovanni e malinconicamente esclama:)_ Come t’invidio! _Giovanni_ Vorresti saper mettere questi pochi segni sulla carta? _Lucio_ No, non mi basterebbe. Anche, vorrei sentirne la compiacenza che ti leggo negli occhi. Sai precisamente che cosa t’invidio? T’invidio questo culto della forma che io non ho e che non voglio avere. _Giovanni_ Se non vuoi averlo, perchè me lo invidii? _Nora_ Non ne posso più, Giovanni! _Giovanni_ Un momentino ancora. _Lucio_ _(a Giovanni:)_ Non mi capisci, non mi capisci. Io non voglio averlo, e intendo perfettamente che mi privo d’un diletto. _Giovanni_ _(sincero, con entusiasmo)_ D’un grande diletto! _Lucio_ Eppure, è così. Se su quella carta tu componessi le sembianze d’una qualunque altra donna, invece che le sembianze di Nora, per me sarebbe lo stesso. _Nora_ È fatto, sì o no? _Giovanni_ Non è fatto, _(sorridendo)_ perchè io non sono mica un pittore da _cafè-concert_, di quelli che improvvisano in cinque minuti il ritratto capovolto di Garibaldi o di Bismark. Ho preso qualche appunto.... _Nora_ _(gettando via la tovaglia e andando verso Giovanni)_ Vedere. _(Tutti guardano lo schizzo.)_ _Ziegler_ Ci è! Ci è! _Nora_ Ci sono? _Ziegler_ Oh, altro! _Giovanni_ _(chiudendo l’album)_ Ma che! Non ci siete niente affatto. _Lucio_ E dunque?! _Giovanni_ Dunque, fiasco. E sfido io! Con la sua impazienza!... _Lucio_ No, non mi capisci. Intendo dire che a cento piccole circostanze accidentali è connesso ciò che un pittore chiama _linea_ o _colore_ e che io chiamo... parvenza: ciò che, insomma, colpisce più o meno i nostri sensi. Tutto quello che riproduce questa parvenza è problematico, è sfuggente, è fittizio, è incerto... come la parvenza stessa. _Ziegler_ _(dà un’occhiata significativa a Giovanni e a Nora.)_ _Giovanni_ _(a Lucio, per non contraddirlo:)_ Sì, sì. _Nora_ _(celiando a malincuore per cambiar discorso)_ Vi prometto, Giovanni, che un’altra volta, sparecchiando una tavola, vi ispirerò un capolavoro. _Lucio_ _(guardandoli)_ E già! Io ho detto una scioccheria, come di solito. _Giovanni_ Tutt’altro! _Ziegler_ Si fa una partita a scopone? Siamo in numero.... _Lucio_ Ah! Voi credete che io non mi accorga che mi trattate come un pazzo o come uno scimunito? _Ziegler_ Che ti salta in mente adesso? _Lucio_ Anche zio Paolo crede che io non abbia la testa a posto. _Giovanni_ Scherzava. _Lucio_ _(animandosi)_ Scherzava? E voialtri? _Ziegler_ Ma noi! Noi!... Noi — giacchè lo vuoi sapere — non facciamo che evitare le conversazioni troppo astruse che da qualche tempo ti seducono e che tutti coloro i quali ti vogliono bene credono... molto inopportune! Mio Dio! Perchè dobbiamo romperci il capo con tanti discernimenti paradossali e stiracchiati? Quanto a me, non stiracchio che le corde del mio violino, ed è perciò che esse si spezzano così spesso. Che, del resto, la vita me la piglio com’è — benchè non sia sempre di mio gusto, te io assicuro io — e desidererei che anche tu, che diamine!, non ti prendessi la briga di capovolgere l’umanità e di trasformare il mondo. Ascolta il consiglio mio: facciamo una partita a scopone, che è più semplice. _Nora_ Facciamola! Facciamola! _Lucio_ Capovolgere l’umanità? Trasformare il mondo? Io non voglio capovolgere nulla. Non voglio trasformare nulla! _(Accalorandosi)_ Ho le mie idee, ho le mie convinzioni e non ci rinunzio. E quando vedo che appunto per una mia idea manifestata alla buona, senza nessuna pretesa, incidentalmente, voialtri vi turbate, v’impensierite come se io avessi detto chi sa che cosa orribilmente strana, _(tutto vibrante nella persona e nella voce)_ e mi spezzate la parola in bocca e m’impedite di parlare con pretesti puerili, io mi cruccio, io mi addoloro, io mi irrito, perchè mi pare che vogliate strapparmi il pensiero dal cervello, come se per strappare questo pensiero bastasse sopprimere la parola; e mi pare che vogliate esercitare su me un falso diritto, sì, un diritto che non avete e non potete avere. Io vivo _dentro di me_ una vita che non ha niente di comune con tutto quello che attrae gli altri, una vita che non subisce influenze esteriori e non subisce la volontà altrui! Non mi importunate, dunque, non mi opprimete.... Lasciatemi vivere a modo mio... Lasciatemi tranquillo... _(Emozionato, affaticato, cade a sedere ansimando)_ Lasciatemi tranquillo. _Ziegler_ _(umile, affettuoso)_ Ma, abbi pazienza, Lucio, a che proposito tutta questa sovraeccitazione? _Giovanni_ _(con lo stesso tono)_ Difatti... chi è che crede di avere dei diritti sull’animo tuo? _Nora_ Nessuno! Nessuno! _Lucio_ _(pentito, stringendosi la testa fra le mani)_ Ho torto. Perdonatemi. Io mi eccito per un nonnulla.... E, con voi, proprio non dovrei. Siete così buoni. Mi perdonate, Nora? _Nora_ Di che? _Lucio_ ... Sì.... Sono un po’ eccitabile... un po’ nervoso... I primi giorni di primavera mi fanno questo effetto.... E ora poi... ecco... mi pare di aver sonno.... Vedete, Nora, che avete calunniato il vostro caffè. Stanotte, già, ho dormito male.... Riposerò un poco... Mi permettete? _(S’avvia verso la porta a sinistra.)_ _Ziegler_ Ti pare! _Giovanni_ È bene che tu riposi. _Lucio_ Se ve ne andate tutti, consegnate la chiave giù al portinaio, per la serva. _Nora_ Ma no, io resterò ancora. A casa non ho nulla da fare. _Lucio_ Allora, arrivederci presto. Mi basterà di riposare una diecina di minuti. _Nora_ _(esortandolo)_ Un po’ di più. _Lucio_ Lo sapete... non mi piace di dormire, perchè io diffido del sonno. _(Esce ripetendo quasi fra sè:)_ No... non mi piace di dormire... non mi piace.... SCENA III. GIOVANNI, ZIEGLER e NORA. _Ziegler_ _(prende il cappello e la custodia del violino e dice a Giovanni, sottolineando le parole:)_ Andiamo, eh? _Nora_ Sì, andatevene anche voi, Giovanni. _Giovanni_ Grazie della premura! _Nora_ Credevo.... _Giovanni_ Di farmi piacere? _Nora_ Che so!... _Giovanni_ Mi scacciate? _Ziegler_ Vieni via! Che stai a fare lì? _Giovanni_ Noioso! _Ziegler_ Va bene: «noioso». _(Pausa)_ Addio, Nora. _Nora_ Ci si vedrà, domani? _Ziegler_ Ma ci andate davvero da don Paolo? _Nora_ _(preoccupata)_ Se le mie allieve me lo permetteranno. E voi? _Ziegler_ Io l’ho detto che non posso.... E invece chi sa ch’io non vada più lontano.... _Nora_ Dove? _Ziegler_ Lassù: a Colonia..., dal mio vecchio nonno che ho appena conosciuto e che sempre mi scrive di volermi vedere prima di morire. _Nora_ Che novità è questa? _Ziegler_ La morte non è una novità. Basta: domani verrò a salutarvi o qui o alla stazione. _(Si avvicina a Giovanni, e, battendogli la mano sulla spalla, gli dice quasi sul serio:)_ Con te, poi, faremo i conti! _Giovanni_ _(con vivace risentimento)_ Noioso! Noioso! _Ziegler_ _(con vivace e sincera acredine)_ Io, noioso. Ma tu... qualche cosa di peggio! _Giovanni_ _(infastidito)_ Ziegler! _Ziegler_ _(padroneggiandosi)_ Niente, niente.... Scherzavo.... Di nuovo, Nora, arrivederci. _Nora_ Veniteci a salutare, vi raccomando. _Ziegler_ Sì, sì, non dubitate. _(Esce.)_ SCENA IV. NORA _e_ GIOVANNI. _Giovanni_ _(dopo un silenzio)_ Ziegler è innamorato. _Nora_ Non credo. _Giovanni_ È innamorato di voi. _Nora_ No. _Giovanni_ Una volta, prima che vi conoscessi, lo ha confessato a me. Oggi, forse, non lo confesserebbe neppure a sè stesso. _Nora_ Dice sempre che gli uomini brutti come lui non devono innamorarsi. _Giovanni_ E questo che significa? Significa che c’è capitato. _Nora_ Me ne sarei accorta. _Giovanni_ Non vedete ch’egli stenta a dissimulare la sua sofferenza? Non vedete che è geloso? _Nora_ Di chi? _Giovanni_ Ah, non di Lucio, beninteso! Di me. _Nora_ Giudicate assai male! Ziegler è d’una delicatezza singolare, e, se è geloso, come voi dite, non lo è che per conto di Lucio. _Giovanni_ Questo soddisfa la sua coscienza d’uomo buono e modesto, ma in fondo egli non può esser geloso per conto di un uomo che vuole esservi fratello.... _Nora_ Fratello?... Ziegler comprende bene che il povero Lucio è vittima d’un equivoco creato dalle sue fisime spirituali,... dalla sua mente malata.... _Giovanni_ Avete voi la convinzione che quello di Lucio non sia un affetto fraterno? _Nora_ Ne ho la convinzione. _Giovanni_ Ah no! Siete voi che, per farmi indietreggiare, mi minacciate il rimorso. E siete voi che a forza volete persuadermi che il mio amore è una perfida insidia. _Nora_ Una perfida insidia non è, o, almeno, non è una insidia premeditata. Di ciò io sono sicura, Giovanni. Ma è certamente un errore. Un errore che colpisce un’esistenza cara a voi ed a me.... _Giovanni_ Ed ecco la minaccia del rimorso! _Nora_ A prescindere dal vostro rimorso, c’è un’altra circostanza che dovete ben valutare, ed è questa: _(energicamente)_ io non voglio che mi amiate. _Giovanni_ Non è vero! _Nora_ Io non vi amo. _Giovanni_ Non è vero! _Nora_ Io amo Lucio. _Giovanni_ Non è vero! _Nora_ _(con un impeto di esasperazione)_ Ma perchè non è vero? _Giovanni_ _(dopo un breve silenzio)_ Se lo amaste veramente, voi, senza avvedervene, lo sottrarreste all’equivoco, ammesso che in lui l’equivoco ci sia. Che sappiate essere un’eroina non ne dubito.... _Nora_ Parlate piano.... _Giovanni_ Non dubito che sappiate sacrificarvi a un’Idea, che sappiate sacrificarvi a qualche cosa che voi medesima non potete determinare e che è, secondo me, l’illusione indefinibile con cui le creature migliori vorrebbero ribellarsi alle necessità della vita reale. Egli, oh!, è più illuso di voi. Voi non fate che seguirlo, che secondarlo docilmente; e voi confondete la docilità vostra con l’amore.... Ah! Nora!... volete che ve lo dimostri?... Datemi la mano... _(Le prende una mano.)_ Così!... Lo sentite quello che c’è qui dentro, in questo sangue, in queste fibre?... Lo sentite voi questo _contatto_?... Lo sentite? Sì. Sì. Ebbene, ciò che provo io mentre la mia mano stringe la vostra, è lo stesso di ciò che provate voi. E questa è la Realtà, Nora, questa è la Realtà unica, ineluttabile. Non ce n’è un’altra. Fuori di essa non c’è che il sogno, non c’è che l’inganno della fantasia. Sognando, voi potrete ancora ripetermi: «non voglio che mi amiate»; ma io, io che non saprò mai sognare, vi ripeterò mille volte: non è vero, non è vero! _Nora_ _(umilmente)_.... E basta, adesso!... Basta! _(Con un intimo sforzo energico libera la sua mano da quella di Giovanni.)_ _Giovanni_ Sì, basta. _Nora_ _(scossa, perplessa, timida, e simulando disinvoltura, va a guardare all’uscio della camera di Lucio.)_ _Giovanni_ Dorme? _Nora_ Pare. _(Pausa)_ Ed ora, andatevene, ve ne prego. _Giovanni_ Me ne vado. _(Piglia il cappello e s’avvia.)_ _Nora_ Prima però debbo chiedervi un favore. _Giovanni_ Dite. _Nora_ Non venite in campagna, Giovanni! _Giovanni_ Ho promesso al prete di accompagnarvi fin là. _Nora_ Ma non ci resterete? _Giovanni_ _(con lieve sorriso tra di sodisfazione e di rassegnazione)_ Non ci resterò. _Nora_ Ve ne ringrazio. _Giovanni_ _(sùbito)_ Dunque, confessate? _Nora_ Non confesso niente. _Giovanni_ E perchè mi avete chiesto ch’io non resti con voi? Perchè mi ringraziate? _Nora_ Perchè è ridicolo che tanta gente estranea piombi in casa di quel brav’uomo. _Giovanni_ V’affaticate continuamente a negare il vostro pensiero. _Nora_ _(con rabbia)_ Per carità, Giovanni, finitela! _Giovanni_ La mia presenza, lì, in campagna, vi annoierebbe? _Nora_ Sì. _Giovanni_ Molto vi annoierebbe? _Nora_ Sì, molto. _Giovanni_ Fino a riuscirvi insopportabile? _Nora_ Fino a riuscirmi odiosa! _Giovanni_ _(incalzando)_ E la ragione? La ragione? _Nora_ _(severa)_ La ragione è che voi siete un egoista. _Giovanni_ Lo vedete: siamo da capo. Questa per me è una confessione. _(Pianissimo, insinuante)_ Voi temete che l’egoismo mio — quello che voi chiamate così — vi faccia abdicare al vostro eroismo. _(All’orecchio di lei)_ Voi temete di diventare una egoista come me... Senza contare, poi, che, essendo egoisti in due, non lo saremmo più nè io nè voi,... senza contare che io potrò essere necessario alla vostra vita come già voi siete necessaria alla mia. _Nora_ No, Giovanni: voi siete un uomo quasi felice, voi non avete bisogno di me. Egli, invece, egli è un infermo, è un infelice.... _Giovanni_ È un infelice perchè non vi ama! Quale che sia la mia amicizia per lui, dovrò io cedergli un tesoro che egli non vuole avere? Non vi ama, o non può o non sa amarvi, o sa amarvi male.... È lo stesso. Ma io, io vi _amo bene_, vi amo completamente, vi amo tutta, e nell’ordine naturale delle cose umane il vostro amante devo essere io.... _Nora_ _(con dolcezza implorante)_ Giovanni, sono tanto stanca d’ascoltarvi.... _Giovanni_ _(continuando)_ Devo essere io: e nessun proponimento sublime, badate, nessun ragionamento, nessuna idealità, possono opporsi a questa affinità sincera, che tende ad unirci.... _Nora_ Sono stanca d’ascoltarvi.... _Giovanni_ _(conchiudendo)_... e contro di essa, Nora, è inutile combattere! _Nora_ Andatevene. _Giovanni_ È inutile! _Nora_ Andatevene. _Giovanni_ Sì. _(La guarda ancora assai dappresso. Poi, rapidamente, esce.)_ SCENA V. NORA, _indi_ LUCIO. _Nora_ _(è profondamente turbata. Appare dubbiosa, trepidante. Sembra voglia sottrarsi al suo tormento. Risoluta, piglia di su una seggiola il suo cappello e infila la porta in fondo.)_ _Lucio_ _(entra in tempo, e, vedendola uscire, la chiama:)_ Nora! _Nora_ _(fermandosi)_ Oh, Lucio! _Lucio_ Non mi avevate detto...? _Nora_ Che sarei rimasta? Sì, ma poi... _(ritornando)_ ho pensato di anticipare la mia lezione alla piccola Vannuzzi, e giacchè dormivate.... _Lucio_ Dormendo, però, ho sentito che voi stavate per uscire.... _Nora_ Davvero? _Lucio_ E mi sono svegliato di soprassalto. Ho dormito molto? _Nora_ Un quarto d’ora, credo.... _Lucio_ Ah? Solamente?... _(Un silenzio. )_ Avete un po’ letto, intanto, questo libro che Giovanni mi ha imposto? _(Indica il libro.)_ _Nora_ In verità, non me n’è venuta l’idea..., _Lucio_ Meglio. _(Con disgusto)_ Figuratevi! È il libro d’uno scienziato: un poveretto, che, come tanti altri, non si accorge d’avere una benda sugli occhi, e gira, gira intorno ad una tavola convinto d’andar dritto e molto lontano. Quando è stanco, si ferma, dicendo: _sono arrivato!_ Ma dov’è arrivato, se si trova allo stesso punto dal quale era partito? _(Un silenzio.)_ Volevo dirvi.... No, no.... Parleremo stasera. _Nora_ Parliamo adesso. _Lucio_ E la piccola Vannuzzi? _Nora_ Aspetterà. _Lucio_ ... Una semplice domanda volevo farvi. _Nora_ Fatela. _Lucio_ _(Pensa. Indi le si avvicina, quasi con circospezione)_ È poi così strano che un uomo e una donna siano legati da un sentimento d’amicizia più forte di quello che si chiama l’_Amore_? _Nora_ Non è strano. _Lucio_ È un’anomalìa che il grande affetto per una creatura purissima si astragga dalle attrattive che accomunano lei, suo malgrado, a tutta una folla di femmine? _Nora_ Certamente no. _Lucio_ Ecco... Voi potete comprendermi, soltanto voi... Io non voglio trasformare il mondo, come mi dice Ziegler. Io cerco, bensì, di non attaccarmi a ciò che esso ha di più tangibile, di più precario, di più caduco... _Nora_ _(secondandolo)_... e di meno bello! _Lucio_ Benissimo!... «Di meno bello!» _(Riflettendo)_ Se di una donna si amano _(analizzandola senza volere)_ gli occhi, i capelli, la bocca... tutto quanto costituisce le sue prerogative appariscenti, il suo fascino materiale, che garanzia ha questo amore? Nessuna. Il fascino materiale può esaurirsi a poco a poco, o può cessare a un tratto per mille ragioni, e allora che resta? Niente. E considerate a quali circostanze, a quali innumerevoli vicende è sottoposta la nostra carne. E debbono esse mutare o diminuire o distruggere il nostro affetto? E c’è di più. Una momentanea condizione morbosa, un fatto eccezionale, che so io?, un fenomeno fisiologico, un caso accidentale qualunque può lasciare senza difesa il corpo di una donna... anche d’una donna sublime!, può spingerlo, può trascinarlo in un istante solo alla perdizione; e noi vorremmo concentrare in esso le speranze, i desideri, le aspirazioni, le esigenze, le soddisfazioni del nostro essere? _Nora_ _(vivissimamente)_ No! no! _Lucio_ E dunque, perchè mi si dà del pazzo? _Nora_ _(timidamente)_ Perchè... perchè siete _diverso_ dagli altri. _Lucio_ E voi pure siete diversa dalle altre. _Nora_ Io? _Lucio_ Così diversa che proprio voi con la vostra assistenza avete saputo impedire che dal palpito di questa seconda vita ch’io vivo risorgesse in me l’uomo spregevole, fatto — come gli altri — di vecchie volgarità! E non, forse, proprio voi vorrete, ancora, ancora, e sempre, ch’esso non risorga?... _(Pausa.)_ Norina, io sarei oramai felice, felice della redenzione, felice della perfezione, se non avessi un’intima paura: _(confessandosi)_ la paura di tornare indietro. Il giorno in cui la nostra amicizia _(con terrore)_ diventasse amore, io sarei perduto! È vero, avrei la vostra bellezza, questa bellezza giovane, piena di grazie e piena di misteri; ma per quanto tempo l’avrei? E in essa che cosa troverei di durevole e di sicuro per la mia felicità, che cosa troverei di benefico per il mio spirito?... No, no, no! Ciò non sarà! È necessario che ciò non sia. E voi, Nora, mi aiuterete. Mi aiuterete a non guastare quello che insieme abbiamo voluto, quello che insieme abbiamo creato. Voi, voi mi aiuterete! _(Tace assorto.)_ _Nora_ _(si nasconde la faccia fra le mani e piange senza singhiozzare.)_ _Lucio_ _(quando s’accorge che ella piange, soavemente le solleva la testa)_ Norina? Che è? _Nora_ _(piangendo)_ Nulla. Noi donne... esprimiamo... con le lagrime tante cose che non sappiamo dire con le parole.... _Lucio_ _(contemplandola)_ Già!... Tante cose! _Nora_ _(si calma, si asciuga gli occhi, sorride)_ E questo è tutto. _(Una violenta scampanellata li scuote.)_ _Lucio_ Eh, che maniera! _(Esce dal fondo.)_ SCENA VI. NORA, LUCIO, ZIEGLER. _Lucio_ _(di dentro, annunziando)_ È Ziegler. _(Poi, rientrando con lui)_ Che hai? Sei pallido, sconvolto.... _Nora_ _(ansiosa)_ Che vi è accaduto, Ziegler? _Ziegler_ _(ha il volto bianco, la voce tremolante)_ Son venuto appunto per dirvelo.... Ma non vi spaventate. Un incidente piuttosto grave.... _Nora_ Mio Dio! Dite! _Ziegler_ Ho litigato con Giovanni. _Nora_ _(impressionata)_ Oh! _Lucio_ E come?! _Ziegler_ L’ho incontrato quaggiù per caso.... Anzi, no.... Con voi non voglio mentire.... Ho cercato apposta di incontrarlo... perchè dovevo parlargli molto sul serio.... _Lucio_ Di che? _Ziegler_ Questo è inutile che lo sappiate. In sostanza, gli ho rivolta una preghiera... per un fatto che assai mi stava a cuore... _(con forza)_ ma che non riguardava me, ve lo giuro! E il suo contegno, vedete, è stato tale che io ho perduto la mia calma abituale... e ho pronunciato parole durissime.... Sì, ne convengo, gli ho detto cose orribili, orribili!, che hanno fatto male più a me che a lui. _(Disperandosi)_ Fra due compagni che si dividono la camera e il pranzo, fra due vecchi amici come noi!... Capite!? _Nora_ _(ascolta, intende, allibisce, e si concentra in sè stessa.)_ _Lucio_ Ma calmati, ora.... Non esagerare. Che diavolo! Giacchè tu riconosci d’aver ecceduto, andrai lealmente da lui. Ci andremo insieme, se vuoi.... O lo pregherò di venire qui, da me. Insomma, con un po’ di buona volontà aggiusteremo tutto. _Ziegler_ No, non aggiusteremo niente. Per quanto concerne le formalità, gli ho già fatte le scuse prima di separarci. Le formalità non mi preoccupano. Ma quel che ho detto, purtroppo, io lo penso!... Io lo penso!... Ed è perciò che ne sono torturato. Oramai, non c’è rimedio. E, tant’è, Giovanni ed io non saremo più amici, e probabilmente... non ci vedremo più. _Lucio_ Nientedimeno! _Ziegler_ Sì, ho deciso di partire stasera. _Lucio_ Partire stasera? Va là! Il litigare con un compagno è senza dubbio molto doloroso, ma non si parte per questo. _Ziegler_ Avevo già il progetto d’andarmene per qualche tempo a Colonia, da mio nonno che mi chiama presso di sè.... Voi lo sapete, Nora.... _Nora_ È vero, sì, lo sapevo.... _Ziegler_ E dopo quello che è accaduto, ho presa una risoluzione definitiva. _Lucio_ Va bene:... del tuo progetto avevi parlato anche a me. Ma partire così, da un momento all’altro,... è stranissimo! _Nora_ _(sforzandosi)_ Certo!... _Lucio_ _(con fermezza)_ Ziegler, noi vogliamo che tu ci dica tutt’intera la verità.... _Ziegler_ Una parte della verità... è quella che avete intesa. Ma la verità tutta intera... vi confesso che non la so neanche io.... Ho un’oppressione, un incubo..., un presentimento inesplicabile,... ed ho nelle orecchie, da dieci minuti in qua, una voce che mi dice: «Vattene, Ziegler! Vattene!...» E io me ne vado. _Lucio_ E tu sei l’uomo che ti pigli la vita come viene? _Ziegler_ _(sorridendo malinconicamente)_ E quando fra me e la mia vita c’è un’evidente incompatibilità, io, che non posso cambiare la vita, faccio il tentativo di cambiare me stesso.... Tenterò di ridiventare tedesco.... _Lucio_ Aspetta almeno il nostro ritorno dalla campagna. _Ziegler_ _(scattando un po’)_ Il vostro ritorno? _(Poi, pentendosi dello scatto)_ Che che! A certe risoluzioni non bisogna ripensare. Stasera! Stasera!... E senza altri addii, senza solennità!... Ci saluteremo adesso... così... allegramente... e _(s’interrompe, dà un’occhiata a Nora ed escogita un pretesto per allontanar Lucio)_ ...A proposito, Lucio, prima di andarmene vorrei.... _Lucio_ Che vorresti? _Ziegler_ Vorrei il manoscritto della mia _Tarantella grottesca_..., quella che suonai qui l’altro ieri. _Lucio_ Te lo portasti via. _Ziegler_ No!... Mi pare che lo conservasti tu, nella tua camera. _Lucio_ Vedrò, ma non credo.... _(Esce a sinistra.)_ _Ziegler_ _(a Nora, sùbito, parlando piano e concitato)_ Scusatemi se mi son permesso di ricorrere all’espediente del manoscritto per potervi dire una parola da solo a sola. Nora, io ho fatto quanto mi era possibile per impedire che Giovanni commetta un’azione che ritengo ignobile.... Non ci sono riuscito, e _tutto_ fatalmente accadrà! _Nora_ Non accadrà, Ziegler. Non deve accadere. _Ziegler_ Accadrà. _Egli_ ne è sicuro.... Accadrà, ma io non sarò ne complice, nè spettatore.... Non ci resiste — _Lucio_ _(ritornando)_ Fra le mie carte non c’è. Io ricordo perfettamente che te lo portasti via.... _Ziegler_ Allora, sarà così. _(Lunga pausa.)_ Dunque, Lucio, noi ci separiamo. Ci separiamo forse per un paio d’anni,... forse per dieci anni... chi sa!... forse... per sempre! Dipenderà da molte circostanze.... Tu, tieniti su.... Hai capito?... Tieniti su! E, ti raccomando, cura la tua salute.... Questo è l’essenziale.... _(Trattenendo le lagrime, lo abbraccia assai forte e lo bacia.)_ _Lucio_ Ziegler!... _(Con gli occhi rossi anche lui, penosamente)_ Te ne vai davvero?... _Ziegler_ A voi, Nora, nessuna raccomandazione. Ma salutiamoci bene. Qua la vostra mano.... _Nora_ _e_ _Ziegler_ _(si stringono lungamente la mano.)_ _Nora_ _(ha un brivido per tutto il corpo.)_ _Ziegler_ Di voi due sono stato... e continuerò ad essere amico.... Senonchè... da lontano _(la voce gli si rompe in gola)_... da lontano non potrò più far nulla per voi due.... _(Piangendo)_ Nulla! _Lucio_ Ziegler!... _Ziegler_ _(con uno sforzo)_ Addio!... Addio! _(Ed esce.)_ _Lucio_ _e_ _Nora_ _(restano sinistramente commossi, in silenzio.)_ _Lucio_ _(come invaso da un timor panico, quasi tremando)_ Nora!... _Nora_ Lucio! _Lucio_ _(lentamente)_ È un triste fatto questa partenza.... _Nora_ _(con la faccia bianca, con lo sguardo fisso a terra, scrolla il capo.)_ (_Sipario._) ATTO TERZO. _Una grande stanza rustica e pittoresca. Un ambiente assai pulito. In fondo, verso destra, un’ampia porta a due battenti. Una parete s’inoltra di sbieco dal fondo, formando un angolo ottuso con un’altra parete più avanzata, nella quale s’apre un finestrone arcuato. Alla parete che s’inoltra di sbieco è addossata una scaletta comoda, per la quale si accede a un breve corridoio scoperto che sormonta l’arco del finestrone, e questo breve corridoio confina a sinistra con l’uscio del quartierino di Don Paolo. Giù, due porte a destra e due a sinistra, la seconda delle quali è quella della stanza di Rosa e càpita proprio sotto l’uscio di Don Paolo. Tavole, stipi, scansìe di noce, seggiole impagliate. Su qualcuna delle tavole, scodelle, tazze, coltelli, cucchiai, forchette, una caffettiera, delle frutta, dei pani, un vecchio lume di ottone. Qua e là alle pareti, immagini della Madonna e di qualche santo._ _È sera. Il lume è acceso. Entra un bel chiaro di luna attraverso le invetriate della finestra._ SCENA I. ROSA _e_ GIUSTINO. _Rosa_ _(rassetta e ripone negli stipi biancheria e altra roba, mostrandosi indispettita.)_ _Giustino_ _(ha un garofano in petto ed è seduto sull’angolo d’una tavola, zufolando e facendo dondolare lo gambe.)_ _Rosa_ _(a un tratto)_ Vuoi? _Giustino_ _(stizzoso)_ No. _Rosa_ Crepa. _Giustino_ _(continua a zufolare, poi s’interrompe:)_ E sai perchè non voglio dartelo? Perchè quando mi pigli per un traditore io faccio tanta bile in corpo che vorrei crepare davvero. _Rosa_ Buono per te. _Giustino_ E per te, no? Ti mariteresti con un altro. _Rosa_ Con chi? _Giustino_ Non avresti che a scegliere. Don Paolo ti fa la dote. _Rosa_ E tu per la dote mi sposi? _Giustino_ Io ti sposo perchè mi piaci. _Rosa_ Quand’è così, dammi quel garofano. _Giustino_ Te lo do se mi giuri che non sospetti più. _Rosa_ Lo portava oggi nei capelli Teresina. _Giustino_ Come lo sai? _Rosa_ Ho visto. _Giustino_ Che hai visto? _Rosa_ Le ho visto il garofano proprio qui. _(Indica con precisione dove le ha visto il fiore.)_ _Giustino_ E c’è un sol garofano in tutto il paese? _Rosa_ Non lo so. Dammelo. _Giustino_ E sospetti? _Rosa_ Si, che sospetto. _Giustino_ E allora, niente! _Rosa_ Se non me lo dai con le buone, me lo prendo a forza. _Giustino_ A forza?... Vediamo se ne sei capace! _(Rosa gli corre addosso. Giustino fugge di qua e di là. Rosa lo insegue. Casca una sedia. Giustino inciampa. Rosa ne approfitta.)_ _Rosa_ _(afferrando il fiore)_ Ah! Ci sono! _Giustino_ Ma ci sono anche io. _(La stringe nella vita.)_ _Rosa_ _(ride sgangheratamente.)_ _Giustino_ _(baciandola e ribaciandola)_ Tè, tè!... Questo per castigo. SCENA II. ROSA, GIUSTINO _e_ DON PAOLO. _Don Paolo_ _(uscendo dal suo quartierino, con un breviario in mano, proprio mentre Giustino sta baciando Rosa, si ferma sull’alto del corridoio e, affacciato alla balaustra, sgrida:)_ Al solito! Al solito! Ci siamo al baciucchiamento! Ci siamo! Eccoli lì.... _(Imita il rumore dei baci.)_ _Giustino_ _e_ _Rosa_ _(si staccano, arrossendo.)_ _Don Paolo_ È una vera sconvenienza! Senza dire poi che è anche una grulleria! Che bisogno c’è, santa pazienza!, che bisogno c’è di stare a baciucchiarsi ora, se dovete sposarvi apposta per questo? _(Scende la scaletta.)_ Hanno fretta, hanno!... Sconvenienti e grulli! Sì, sì, lo ripeto: sconvenienti e grulli! _Giustino_ _(confuso)_ Avete detto sempre che.... _Don Paolo_ Che cosa ho sempre detto, io?... _Giustino_ Che... che la minestra per averla buona a tavola si ha da saggiarla in cucina. _Don Paolo_ Ma se te la mangi tutta in cucina, briccone, a tavola ci vai senza minestra e senza appetito! Hai capito? _(Se li avvicina tutti e due, e, in mezzo ad essi, assume un’aria di mistero.)_ La notte scorsa, mi sono accorto di tutto. _Giustino_ _e_ _Rosa_ _(pudibondi)_ Don Paolo... _Don Paolo_ Ma io domando a voi: è una cosa decente quella che fate, o è una...? _(Mettendosi la mano sulla bocca)_ Uhm!... me ne fareste dire delle grosse. E, intanto, adesso avremo gente in casa, e, se voialtri continuerete così, sarà uno scandalo. Che si penserà di me? Bel tutore!... E che prete modello!... _(Pausa. Vedendoli mortificati)_ Be’.... Non importa: quello ch’è fatto è fatto... Ma per evitare le tentazioni, la notte chiuderò bene a chiave la porta d’ingresso. E per l’avvenire staremo tutti quanti più attenti. Giustino, vuoi dare il buon esempio? _Giustino_ Sì. _Don Paolo_ Saluta da quel bravo galantuomo che sei e piglia la via di casa. È ancora probabile che i miei ospiti arrivino stasera, e non voglio che a quest’ora ti si trovi qui. Per mio nipote non me ne preoccuperei, ma c’è qualche amico suo e c’è... quell’altra parente... con cui ho poca dimestichezza. Ho udito già da un pezzo il fischio del treno, e a venire dalla stazione non s’impiegano più di dieci minuti. Va, figliolo mio: sii ragionevole. Va a dormire. _Giustino_ Obbedisco. _(Giustino gli bacia la mano. Si avvia. Poi indugia, guardando Rosa che a sua volta lo guarda. S’interrogano così, senza parlare, e sono sulle spine.)_ _Don Paolo_ _(li contempla e conclude quasi tra sè:)_ Ho capito. _(Ride)_ Ah, ah, ah! _(Indi a Rosa, con intenzione furbesca:)_ Rosa, è tutto pronto nelle camere? Biancheria, acqua, candele? _Rosa_ Se volete darci un’occhiata voi stesso.... I vostri occhi vedono meglio dei miei. _Don Paolo_ E chi ne dubita? Vado e torno sùbito. _(A Giustino:)_ E qui non ti ci voglio ritrovare. Mi spiego? Si saluta, e si va a casa a dormire.... Siamo d’accordo? _Giustino_ _(col capo fa cenno di sì.)_ _Don Paolo_ E che il Signore t’accompagni. _(Esce per la prima porta a destra.)_ _Rosa_ _e_ _Giustino_ _(parlano frettolosamente sottovoce.)_ _Rosa_ Stanotte, come facciamo? _Giustino_ Come al solito. _Rosa_ Non potrai entrare. _Giustino_ Perchè? _Rosa_ Don Paolo chiude a chiave. _Giustino_ Meglio! Resto qui addirittura. _Rosa_ Dove? _Giustino_ Mi nascondo nella tua stanza. _Rosa_ E poi? _Giustino_ E poi me la svigno per la tua finestra. Due uomini di altezza. _Rosa_ Ma tu sei un uomo solo. _Giustino_ Che fa? Di sotto ci sono anche gli alberi. _Rosa_ E se da quella parte incontri il cane? _Giustino_ Il cane mi conosce e non dice niente. _Rosa_ Aspetta. _(Prende di su una tavola del pane, ne rompe un pezzo e glielo porge.)_ To’, prendi. _Giustino_ _(prendendolo)_ Che è? _Rosa_ È pane. Glielo dai a mangiare e abbaierà sottovoce. _Giustino_ Vedremo. _Rosa_ Presto, nasconditi. E non far rumore. _(Lo spinge verso la propria camera, che è la seconda a sinistra.)_ _Giustino_ _(dandole un bacio in faccia)_ Questo è senza rumore. E tu, sbrigati. Hai capito? _(Esce.)_ _Rosa_ _(chiude subito la porta, e, accorgendosi che Don Paolo ritorna, va alla finestra, fingendo di salutare con amore)_ Buona notte, Giustino! Buona notte, Giustino mio bello! Pensa a me. Buona notte! _Don Paolo_ Non tante smancerie dalla finestra. _Rosa_ Salutavo. _Don Paolo_ Era dispiacente d’andarsene? _Rosa_ Eh!... _Don Paolo_ Se non vi avessi lasciati ancora un momento soli, poveretto, non si sarebbe deciso ad andar via. Il... _(ammiccando)_ bacino della staffa, non è vero? _Rosa_ Già. _Don Paolo_ Te la consuma la faccia quello lì! S’ha da affrettare questo benedetto matrimonio, altrimenti.... Con la primavera c’è poco da scherzare! _Rosa_ Perchè? _Don Paolo_ «Perchè?» _(Diventando quasi grave, accenna al cielo con gli occhi e con le mani)_ Perchè siamo stati fatti così! SCENA III. DON PAOLO, ROSA, NORA, LUCIO _e_ GIOVANNI. _(Dalla strada, arrivano le voci di Lucio, di Nora e di Giovanni.)_ _Lucio_ Zio! Zio! _Nora_ Siamo qui! _Giovanni_ Siamo qui, Don Paolo, siamo qui! _Don Paolo_ Oh! Eccoli! Benone! Eccoli! _(A Rosa:)_ E tu muoviti.... Andiamo.... _(Esce, correndo, dal fondo.)_ _Rosa_ _(lo segue.)_ _(Si odono ancora le voci di fuori, ma più vicine.)_ _Don Paolo_ Finalmente! Finalmente! _Lucio_ Viva lo zio! _Giovanni_ E fuori i lumi! _(Entrano, portando in mano chi un fagotto, chi una borsa da viaggio, chi un valigiotto, chi una scatola.)_ _Nora_ Speravamo d’esser ricevuti per lo meno con le fiaccole. _Don Paolo_ Vi ho preparato questo po’ po’ di luna piena. Altro che fiaccole!... Qui, qui tutto. _(Accumula la roba sopra una tavola.)_ E poi avreste meritato veramente ch’io vi facessi trovare la porta chiusa. Come! Proprio con l’ultimo treno? V’aspettavo col penultimo.... Son venuto anche alla stazione, son venuto! _Lucio_ E il mio telegramma? _Don Paolo_ Che telegramma? _Lucio_ L’ho fatto io. _Don Paolo_ Rosa, ti è stato consegnato un dispaccio quand’io ero alla chiesa? _Lucio_ _(vedendo Rosa che era rimasta indietro)_ Oh, Rosina! _Rosa_ _(si fa avanti tutta spaurita, cava di tasca un dispaccio... e con timidità lo mostra.)_ È questo. _Don Paolo_ _(prendendo il dispaccio e irritandosi un poco)_ Santa pazienza!... _Rosa_ Non sapevo che.... _Don Paolo_ Che la tua testa è diventata un arcolaio! _Lucio_ Eh, via, non importa! Come s’è fatta grande! _Don Paolo_ Ventun’anno, sai. E si sposa fra giorni. Vedrai che tocco di fidanzato! — Signorina Nora, signor Giovanni, questa è la pupilla di cui parlammo ieri. _Nora_ Un tipo assai gentile! _Giovanni_ Molto bellina. _Don Paolo_ _(serio)_ Il suo babbo e la sua mamma mi furono amici preziosi, quando io, come prete e come agricoltore, venni qui ad amare gli uomini e la terra. _(Con qualche reticenza)_.... Sì, la mamma, morendo, l’affidò a me. E adesso ella... ella dimentica in saccoccia i miei telegrammi, è verissimo, ma in fondo poi mi vuol bene. _Rosa_ Tanto! _Nora_ _(si toglie il cappellino.)_ _Rosa_ _(lo mette in un canto.)_ _Don Paolo_ _(cambiando tono)_ Be’! Sic rebus stantibus, patti chiari. Nessuna cerimonia, nessun complimento. Questa è casa vostra. Ne più nè meno. La camera della signorina Nora è lì, accanto a quella di Rosa. Tu, Lucio, da questo lato. _(Indica il lato opposto.)_ Eh! Eh! Eh! Il signor nipote starà come un principe. Egli avrà il suo studiolo per leggere e contemplare, e laggiù, laggiù, bene appartata, la sua camera da letto, che è un vero paradiso. Per l’amico Giovanni, poi.... _Giovanni_ Un altro paradiso? _Don Paolo_ _(dandogli un buffetto)_ Di paradisi, mio caro, non ce n’è che uno. _Giovanni_ Per conto mio, non voglio incomodare nè Dio nè il diavolo. Ho bisogno d’una poltrona per aspettare l’alba e di null’altro. Ve li ho consegnati, e domani, col primo treno, via! _Don Paolo_ E siete pittore, voi? E dopo aver visto questo meraviglioso paesaggio al chiaro di luna, non vi sentite affascinato e costretto a rimanere? Del resto, io vi ricatto. _(Accennando il motivo della Norma:)_ «_In mia mano alfin tu sei!_» O un bozzetto fatto sotto i miei occhi, o la vita! _Giovanni_ A scanso d’equivoci, vale più il bozzetto. _Don Paolo_ Dunque, rimarrete? _Lucio_ Ma sì... _Don Paolo_ _(insistendo)_ Rimarrete? _Nora_ _(non vista, sdegnosamente fissa Giovanni.)_ _Giovanni_ _(senza lasciarsi scomporre dallo sguardo di lei)_ Va bene!... Rimarrò per qualche giorno. _Lucio_ Oh! Bravo! _Don Paolo_ Adesso sì che siete un grande pittore! _(Affaccendandosi)_ Ecco: a voi, il numero uno. _(Indica la seconda porta a destra.)_ Non sono un albergatore coi fiocchi? _Nora_ Davvero! _Lucio_ Mostratemi la mia reggia, zio. _Don Paolo_ Aspetta. Tu, Rosa, prendi la roba di questi signori, e mettila a posto. _Rosa_ Qual’è la vostra, signor Lucio? _(Tutti intorno ai fagotti e alle valigette.)_ _Lucio_ _(con insolita giocondità)_ Non v’incomodate. Faccio io. Questa è della signorina Nora.... _Giovanni_ Io non ci ho che una borsa e un _nécessaire_. _Don Paolo_ Per ora!... _(Sempre più affaccendato)_ Vieni, Lucio. _Lucio_ _e_ _Don Paolo_ _(prendono alcune valigette ed escono per la prima porta a destra.)_ _Rosa_ _(con in mano qualche altra valigia e qualche scatola, esce per la prima porta a sinistra.)_ _Nora_ _(severamente e rapidamente, a Giovanni:)_ Voi dunque non mantenete la vostra parola! _Giovanni_ Se sono stato pregato.... _Nora_ Ma non dovete restare. _Giovanni_ Sarebbe una scortesia. _Nora_ Quello che fate è disonesto. _Giovanni_ È umano. _Nora_ È turpe, vi dico. _Giovanni_ Non esagerate. _Nora_ È tutta una premeditazione. _Giovanni_ Io vi adoro. _Nora_ _(con rabbia)_ E io vi sfuggirò anche a costo di.... _Giovanni_ _(vedendo venir Lucio e Don Paolo)_ Badate.... _Nora_ _(si ricompone d’un sùbito e finge di prorompere in una risata)_ Ah! ah! ah! ah! _Giovanni_ _(secondandola, ride come lei.)_ _Lucio_ Cos’è? Cos’è? Voglio ridere anch’io. _Rosa_ _(frettolosa, rientra, prende la borsa e il nécessaire di Giovanni e li porta nella camera destinata a lui.)_ _Don Paolo_ E anch’io. Cos’è? Sarebbe strano che questa volta proprio io non ridessi. _Nora_ È Giovanni..., è Giovanni che me ne dice di tutti i colori. _Don Paolo_ Naturale! Un pittore come lui! _(E ridono tutti, chi di buona e chi di mala voglia.)_ _Rosa_ _(ritornando)_ Ogni cosa è in ordine. Ho acceso pure le candele nelle camere della signorina Nora e del signor Giovanni. _Don Paolo_ Hai fatto bene; ma non credo che questi signori vogliano rintanarsi a quest’ora. Per noi campagnuoli, è diverso. Perciò, chiedi licenza, tu, e vattene a letto. _Nora_ _(piano, a Lucio:)_ Vi debbo parlare. _Lucio_ _(sussulta.)_ _Giovanni_ _e_ _Don Paolo_ _(osservano.)_ _Rosa_ Felice notte a tutti. _Nora_ Altrettanto a voi, bella ragazza. _Giovanni_ _e_ _Lucio_ Altrettanto, altrettanto! _Rosa_ _(bacia la mano a Don Paolo e si avvia.)_ _Don Paolo_ _(quand’ella è presso l’uscio)_ Le orazioni, eh? _Rosa_ _(con umiltà religiosa)_ Me le vado a dire. _Don Paolo_ Benedetta! _Rosa_ _(esce.)_ _Don Paolo_ E io, figliuoli miei, faccio lo stesso. Si avvicina la mezzanotte, e domani è domenica e ci ho la messa dell’alba. Voialtri potete starvene qui finchè v’aggrada. Io me ne salgo lassù, e dove dormo io non c’è pericolo che giungano i rumori di questo basso mondo. _(Ride)_ Ah! ah! ah! Ricordatevi che siete in casa vostra. Parlate, gridate, fate quello che vi pare e piace, e, soprattutto, cercate di stare allegri. Io non v’impongo di rinunziare alle vostre abitudini; ma umilmente vi consiglio di sperimentare le mie. La signorina Nora _(con bonaria ironia)_ ha inaugurata la villeggiatura con una gran risata risonante. L’aria comincia a produrre i suoi buoni effetti.... Meno male! Vado a dormire contento. _Giovanni_ E io v’imito. _Don Paolo_ Sul serio andate già a dormire? _Giovanni_ A dormire no, ma a rintanarmi e a dire le orazioni come la vostra Rosina. _Don Paolo_ Scomunicato! _Giovanni_ Arrivederci, Lucio. Arrivederci, Nora. A voi, Don Paolo, ho da baciare la mano? _Don Paolo_ Si capisce! _(Gli mette il dorso della mano sul muso celiando.)_ _Giovanni_ _(gliela bacia comicamente.)_ _Don Paolo_ _(ne approfitta per domandargli piano:)_ Che novità c’è fra quei due cipressi? _Giovanni_ _(pianissimo)_ Novità, credo, nessuna. _Don Paolo_ Lasciamoli alle loro elucubrazioni. _Giovanni_ Beninteso! _Don Paolo_ _(forte, a Lucio, a Giovanni e a Nora:)_ Dunque, felicissima notte! _(Comincia a salire.)_ _Nora_ Buon riposo, Don Paolo! Buon riposo, Giovanni! _Lucio_ E buoni sogni! _Giovanni_ _(scherzando)_ Grazie, ma i sogni non sono il mio forte. _(Esce per la seconda porta a destra.)_ _Don Paolo_ _(già sul corridoio, si ferma e borbotta:)_ Uh! Santa pazienza! Dimenticavo le visite notturne di Giustino. Ma l’ha da fare con me! _(Pazientemente, ridiscende e va a chiudere la gran porta in fondo. Gira due volte la chiave, e se ne ode il rumore nella serratura.)_ La chiave, qui, in saccoccia. _(Se la caccia in tasca. Indi, risalendo la scaletta)_ Non crediate che io abbia paura dei mariuoli, veh! Da noi, mariuoli non ce ne sono.... Cioè, ce ne sono e non ce ne sono.... So io!... So io!... E quando mi ci metto!... _(Apre l’uscio del suo quartierino, dà un’occhiata a Lucio e a Nora, e, prima di scomparire, furbescamente, si affaccia e li risaluta:)_ Di nuovo, felice notte! _Lucio_ _e_ _Nora_ Felice notte! Felice notte! SCENA IV. LUCIO _e_ NORA. _Lucio_ Voi avete qualche cosa da dirmi, Nora? _Nora_ Sì. _Lucio_ Bene. È un pezzo che preferite i lunghi silenzi, mentre una volta, ricordate?, voi riempivate i silenzi miei con la vostra parlantina di bambinona gaia. Dite. Dite. _Nora_ Non sarò gaia neanche ora. _Lucio_ Poco fa, ridevate.... _Nora_ Giovanni mi faceva ridere, ma... io non ne avevo punto voglia.... _Lucio_ Mi spaventate. _Nora_ Spaventarsi è male. Io vi chiedo, invece, una saggia serenità. _Lucio_ Contateci. _Nora_ Lucio, io sono venuta qui, con voi, perchè... perchè, forse, senza di me, voi non vi sareste deciso a questo cambiamento d’aria e d’ambiente che era indispensabile per la vostra salute. Son venuta in casa di vostro zio, che è un uomo di mondo e che sa comprendere e compatire. Ma non posso non riconoscere.... _Lucio_ Nora! _Nora_ Mi avete promesso d’essere sereno. Non posso non riconoscere la bizzarria del fatto. _Lucio_ Vi lascerete vincere, voi, da un gretto convenzionalismo? _Nora_ Da nessun convenzionalismo mi lascio vincere. Io non mi disdico, io non muto le mie convinzioni. Ieri, mi domandaste se io credessi strano il vostro affetto fraterno e io vi risposi di no. Questo pensavo, e questo penso. Ma venire a vivere in casa di vostro zio, con voi, sia pure per quindici, per dieci giorni, conveniamone, Lucio, è una cosa molto diversa! _Lucio_ E volete andarvene? _Nora_ Debbo andarmene. _Lucio_ E vi pare possibile che io guarisca lontano da voi? _Nora_ Verrò a trovarvi. _Lucio_ Non basterà. _Nora_ Verrò a trovarvi spesso. _Lucio_ Non basterà, non può bastare. _Nora_ Eppure, secondo i vostri ideali, dovrebbe bastare. _Lucio_ _(come un bambino, accalorandosi)_ Ho bisogno di voi, oramai. _Nora_ Ma non della mia presenza. _Lucio_ Ho bisogno di sapervi vicino a me. _Nora_ Il mio spirito starà con voi anche quando non ci starà la mia persona. _Lucio_ Ma alla vostra persona voi mi avete abituato. _Nora_ Vi ho abituato all’affezione migliore di cui è capace il mio cuore. _Lucio_ E non contate per nulla le vostre cure?... la vostra voce?... la vostra mano buona e sicura?... i vostri occhi buoni e indulgenti?... Non contate per nulla _(animandosi sempre più)_ ciò che è in voi, solamente in voi, e che io non trovo in nessun’altra donna? Tutto questo... tutto questo... _(quasi circondando con le mani il volto di lei)_... non lo contate per nulla, voi; e credete che possa essere dimenticato o sostituito o non desiderato quando voi non siete lì, tutta quanta vicino a me? _Nora_ E non avete il sospetto, Lucio, che quello che mi dite stanotte, qui, non somigli a quello che mi dicevate ieri in casa vostra? _Lucio_ _(colpito)_ Come!? _Nora_ Non v’accorgete che questo attaccamento comincia a non aver niente di comune con l’amicizia purissima, che è più benefica e più duratura di ogni altro legame? _Lucio_ Nora, che dite?! _Nora_ Che dico? Siete voi che mi avete insegnato a penetrare l’importanza intima di tutti i nostri desiderii, di tutte le nostre tendenze, di tutte le più lievi variazioni dell’anima; siete voi che mi avete iniziata a certi sottili discernimenti; e ora penso col vostro cervello, parlo il vostro linguaggio, _dico_ le vostre parole. Tutti avrebbero il diritto di non comprendermi. Voi, no! _Lucio_ .... È la prima volta che mi trattate con tanta severità. _Nora_ Ed è per me una fatica atroce. Ma ho finito. Lucio, noi ci siamo intesi. _Lucio_ _(dopo un tormentoso dibattito con sè medesimo, appare risoluto.)_ No.... Ascoltate. Sono io che vi domando la grazia di non ragionare troppo. E, d’altronde, ogni vostro ragionamento sarebbe vano perchè, sappiatelo: senza di voi, qui, io non resterò nemmeno un giorno! _Nora_ _(con un misto d’asprezza è di tenerezza)_ Ciò significa che sinora avete ingannato voi stesso, e, ingannando voi stesso, avete ingannata anche me. _Lucio_ Nora! _Nora_ Lo so, vi sembra crudele la mia sincerità; ma nel mio pensiero non c’è nessuna intenzione che non sia degna di me e di voi. L’abitudine giustifica la vostra inconsapevolezza; ma giacchè voi, sempre, e in buona fede, mi avete parlato di affetto puro, di amicizia, di fraternità, e giacchè il fantasma dell’Amore vi fa paura e voi lo scacciate, convinto ch’esso rappresenti il Pericolo e l’Infelicità, io ho il dovere di dirvi: — Badate, Lucio, badate! Voi non mi siete fratello, voi non mi siete amico, no! no! Voi _mi amate_ o state per amarmi: questa, Lucio, questa è la verità! _Lucio_ _(resta come schiacciato. Dilata le pupille, si caccia le mani nei capelli e ripete sommessamente:)_ La verità?!... _(Si accosta a Nora, le piglia le mani, ne ha una sensazione evidente, un fremito che gli attraversa il corpo. Poi lascia cadere le proprie braccia penzoloni. Le si accosta di nuovo, e, trepidando, le fiata:)_ E... voi? _Nora_ _(come se avesse ricevuto un urto)_ Io? _(Si guardano fissamente negli occhi.)_ _Lucio_ ... Mi amate? _Nora_ _(esita, e poi dice con fermezza:)_ Sì. _Lucio_ Volevate dirmi di no? _Nora_ Volevo dirvi di no. _Lucio_ Avete anche voi paura dell’amore?... _Nora_ Ho paura della mia coscienza. _Lucio_ E che vi rimprovera essa? _Nora_ _(risoluta)_ Per ora, niente. _Lucio_ E che potrebbe rimproverarvi più tardi? _Nora_ Non conosco l’avvenire. _Lucio_ Ma voi soffrite, povera Nora! _Nora_ Molto. _Lucio_ E non dovete soffrire. _Nora_ Io non sono perfetta come voi credete. _Lucio_ Perchè non siete perfetta? Avete mentito qualche volta? _Nora_ Non ho mentito. Ho taciuto. _Lucio_ Spiegatevi. _Nora_ Ho taciuto perchè voi non mi avete mai interrogata.... _Lucio_ Su che? _Nora_ Non m’avete mai domandato che cosa sono io. _Lucio_ La vostra esistenza, per me, comincia da quando vi ho incontrata, da quando mi avete beneficato. Il resto non m’importava. _Nora_ Non v’importava sino a che non sospettavate d’amarmi. Ma, adesso? _Lucio_ Adesso, nulla è mutato. Non vi ho ripetuto che tutto quanto è inerente alla debolezza umana non costituisce, per me, l’essenza della vita? Sarete stata debole, avrete potuto cedere a una tentazione, a un’aberrazione, avrete potuto errare: ma, _dentro_, voi avete sofferto, Nora... _Nora_ _(è in preda a uno spasimo ineffabile.)_ _Lucio_ ... come soffrite in questo momento. Avete sofferto e, aspettando me, vi siete serbata spiritualmente intatta. Lo stesso martirio che ora i vostri ricordi v’infliggono mi dice _che cosa siete voi_. La confessione delle vostre debolezze e l’orrore che esse destano in voi ci aiuteranno a salvarci. E siamo ancora in tempo perchè la mia bocca non ha sinora neppure sfiorata la vostra. Noi ci salveremo. Datemi, datemi questa grande onestà dell’anima, e io non vi chiederò niente altro, mai! _(Un silenzio.)_ _Nora_ No, Lucio, è necessario che mi respingiate addirittura. _Lucio_ Sentite, forse, di potere amare un altro? _Nora_ «_Amare?_» _(Sicura ed energica)_ Amare, no! _Lucio_ E dovrei respingervi? _Nora_ Quello che pretendete dal vostro cuore è inverosimile. _(Come chiedendogli una grazia)_ Respingetemi, Lucio, respingetemi! _Lucio_ Non è inverosimile quello che pretendo dal mio cuore. Ammettiamo che io non vi sia amico, che io non vi sia fratello. Sì, ammettiamolo. Ma io so di essere tuttora così distaccato, così lontano dalla miseria materiale di cui voi, forse, siete stata vittima e mi sento tuttora così forte della mia fede, che sono convinto di poter combattere contro quella miseria, di poter combattere sino all’ultimo e di potervi amare, sempre, come voglio io! Nora, non vi lasciate vincere da non so quale sfiducia. Nora! Nora!... ve ne prego. _Nora_ _(disfatta, si abbandona su di una seggiola.)_ _Lucio_ Scacciate i pensieri che vi torturano, mia buona creatura.... Il vostro Lucio è qui dinanzi a voi, devotamente, come dinanzi a Dio.... Vedrete, vedrete che non verrà mai il giorno in cui voi dovreste _ricordare_ e _arrossire_ e in cui io dovrei transigere. Intanto, io mi rassegnerò alla vostra lontananza. Mi rassegnerò. Voi, quando vorrete, anche domani, tornerete in città.... Mi sentite, eh? Mi sentite?... E così comincerò a dimostrarvi che la vostra presenza _non mi è_ indispensabile e che nulla ancora mi avvince a voi che possa farvi temere un avvilimento ed una profanazione. _(Pausa)_ Siete... siete pìù calma? _Nora_ _(accompagnando con lento cenno del capo la parola appena pronunziata)_ Sì. _Lucio_ Non mi rimproverate più? _Nora_ _(fa cenno di no.)_ _Lucio_ Grazie. _(Si leva. Respira stentatamente. Va alla finestra, e la spalanca.)_ _(Il lume di luna biancheggia più vividamente.)_ _Lucio_ _(respirando meglio)_ Ah! Questa luce, quest’aria fresca e fragrante mi fanno tanto bene! _Nora_ _(si alza e lo saluta con gentilezza dolcissima.)_ Buona notte, Lucio. _(Lucio va verso di lei. Nora gli stende la mano. Lucio gliela stringe e la trattiene.)_ _Lucio_ Siete più calma? _Nora_ Sì. _Lucio_ Anch’io! Anch’io! _(Le bacia appena le dita.)_ _Nora_ _(lentamente esce.)_ _Lucio_ _(la segue con gli occhi. Quand’ella è sparita, egli si tocca le tempie, parlando fra sè:)_ Calmo io?! — Non è vero.... Non è possibile! La sua confessione!... E poi... e poi!... _(È assalito dal convulso.)_ Se ella se ne va, io non saprò sopportare la sua assenza.... Io starò male! Starò molto male! _(Egli sente le vibrazioni della carne. Si esaspera. Vorrebbe domarle, quasi vorrebbe percuotersi; e, fiaccato, vacillante, conclude:)_ Non dovrebb’essere così;... ma così è. _(Inorridisce)_ Così è! _(Pausa)_ «Tu vuoi trasformare il mondo» mi diceva ieri Ziegler... «Amare come voglio io!» _(Pausa.)_ E che significa?... Che significa?... _(Pensando acutissimamente, prende il lume e, piano piano, se ne va nelle sue stanze.)_ _(Le ombre si allargano, solcate dai raggi della luna.)_ SCENA V. DON PAOLO _e_ GIOVANNI. _(Il gran silenzio notturno impera serenamente. Ad un tratto, è interrotto da lontani latrati, a cui succedono un rumore d’invetriate che sbatacchiano e la voce di Don Paolo la quale si perde spandendosi nell’aria aperta.)_ _La voce di don Paolo_ Anche stanotte, eh? Anche stanotte? Ma per dove sei entrato, malandrino?... Sì, corri, corri adesso!... Ringrazia il cielo che non ti sii rotta la schiena e che il cane non ti abbia mangiato un orecchio.... Vorrei sapere pel matrimonio che cosa vi conservate voialtri. _(Pausa. Chiama:)_ Rosa! Rosa!... _Giovanni_ _(sporgendo il capo dall’uscio semiaperto resta in ascolto.)_ _La voce di don Paolo_ _(continuando)_ Per dove è entrato Giustino? Ah? Non rispondi? Fai la sorda? Ma tu e quel malandrino, santa pazienza!, volete mettermi con le spalle al muro, volete! _Giovanni_ _(mormora tra sè, rendendosi conto dell’accaduto:)_ È la ragazza che riceve di nascosto il suo fidanzato.... _La voce di don Paolo_ Vergognatevi! Vergognatevi! _(Si distingue, nel silenzio, il fracasso delle invetriate, che Don Paolo richiude.)_ _Giovanni_ _(girando lo sguardo)_ E Lucio? Non c’è,... M’era parso.... Mi sono ingannato. _(S’avanza verso la porta di Lucio, chiamando con poca voce:)_ Lucio! Lucio! _(Pausa.)_ Mi sono ingannato. _(Sta per rientrare nella sua camera. Ma, come se una forza occulta glielo vietasse, si ferma e guarda la porta di Nora.)_ Se n’andrà, forse, all’alba. _(Smaniosamente indugia.)_... Parlarle, almeno!... Parlarle prima che se ne vada.... _(Accosta l’orecchio a quella porta e mormora.)_ Ancora in piedi.... Tentiamo. _(Picchia cautamente, con le nocche.)_ SCENA VI. NORA _e_ GIOVANNI. _Nora_ _(aprendo)_ Lucio! _(Vede Giovanni nella penombra)_ Oh! Voi! _(Retrocede tirando a sè l’uscio.)_ _Giovanni_ _(la trattiene)_ Un momento.... _Nora_ _(sforzandosi di chiudere l’uscio)_ Credevo che fosse Lucio.... _Giovanni_ _(opponendo la sua alla forza di lei)_ Lucio è a letto.... _Nora_ E voi che volete?! _Giovanni_ Non vi allarmate così. _Nora_ Ma che volete?! _Giovanni_ Parlarvi, ecco tutto. _Nora_ _(recisamente)_ A quest’ora, no. _(Retrocede di nuovo per chiudere.)_ _Giovanni_ _(glielo impedisce con energia, quindi le prende un braccio, e, imponendosi una relativa mitezza, cerca di trarla e di allontanarla dalla soglia.)_ Un momento, ve ne supplico. _Nora_ Sbrigatevi. _Giovanni_ Perchè avete detto a Lucio di voler partire? _Nora_ Ci avete spiati? Una bassezza di più. _Giovanni_ Vi giuro che ho ascoltato senza volerlo. Nel silenzio della campagna, alcune parole vostre giungevano sino a me. _Nora_ _(con rabbia concentrata)_ Maledizione! _Giovanni_ E perchè gli avete detto che non siete quella che egli credeva? _Nora_ Non l’ho detto. _Giovanni_ Sì, l’avete detto! _Nora_ Non dovevate ascoltare. Addio!... _Giovanni_ _(afferrandole le mani)_ Non vi permetterò di fuggire se prima non mi abbiate risposto. _Nora_ Lasciatemi. _Giovanni_ E perchè volevate ch’egli vi respingesse? Perchè? _Nora_ Se non mi lasciate, io grido. _Giovanni_ Per trattarmi come un sopraffattore? _Nora_ Come un sopraffattore! _Giovanni_ Ma io, invece, sono qui per aiutarvi. _Nora_ Non voglio il vostro aiuto. _Giovanni_ Voi vi perdete, Nora. Voi impazzite! Impazzite come lui! _Nora_ Non c’è rimedio. _Giovanni_ Sì, il mio amore. _Nora_ Il vostro capriccio! _Giovanni_ Il mio amore vero. _Nora_ Il vostro desiderio! _Giovanni_ Il mio amore genuino, intero, completo. _Nora_ L’anima mia è sua. _Giovanni_ Ma di ciò non potete dare una prova nè a me, nè a voi stessa.... _Nora_ È sua, Giovanni, è sua! _Giovanni_ Ma vicino a me tremate. _Nora_ Questa _è un’altra cosa_. Lasciatemi. _Giovanni_ E ditemi tutto quello che sentite!... _Nora_ Lasciatemi. _Giovanni_ Ditemi ancora che non mi amate.... _Nora_ _(cedendo a poco a poco senza che ne abbia coscienza)_ Lasciatemi.... _Giovanni_ _(circondandola cupidamente con le braccia)_ Ditemelo, ditemelo.... _Nora_ Per pietà, lasciatemi.... _Giovanni_ Fatemelo ben capire.... _Nora_ _(con un ultimo tentativo di ribellione nelle parole e con un soave abbandono nella voce e nella persona)_ No... _Non_ ti amo.... _Non_ ti amo.... _Non_ ti amo.... _Giovanni_ _(le bacia la bocca.)_ (_Sipario._) ATTO QUARTO. _La stessa stanza del terzo atto. Il finestrone è tutto aperto. È appena l’alba. Le ombre andranno a poco a poco dileguando._ SCENA I. DON PAOLO, ROSA, UN CONTADINO. _(Si picchia reiteratamente alla porta. Qualche momento di vuoto e di silenzio.)_ _Don Paolo_ _(comparisce sul pianerottolo del suo quartierino, in maniche di camicia, con la faccia bagnata e in mano l’asciugamani.)_ _(Si picchia di nuovo.)_ _Don Paolo_ _(asciugandosi il viso, chiama:)_ Rosina! Rosina! _(Pausa.)_ Rosina! _Rosa_ _(di dentro)_ Vengo, vengo. _(Dall’uscio della sua camera, sporge la testa e un po’ il corpo. Ha la sottana e il busto. La camicia lascia nude le braccia e le spalle.)_ _Don Paolo_ Dormivi ancora, eh?.... Già, il sole spunta soltanto per chi dorme la notte. Spudoratella! _Rosa_ Stavo vestendomi.... _Don Paolo_ E non sentivi picchiare? _Rosa_ Non potevo aprire. _Don Paolo_ Perchè non potevi aprire? _Rosa_ La chiave non ce l’avete voi? _Don Paolo_ _(ricordando)_ Ah! _(Esce, e rientra subito.)_ Prendi. _(Fa cader giù la chiave.)_ _Rosa_ _(mettendosi uno scialletto sulle spalle, si avanza e raccoglie la chiave ridendo un poco.)_ _Don Paolo_ Sì, ridi tu. Ma la notte ventura chiuderò a chiave anche le finestre. _Rosa_ _(va in fondo ed apre.)_ _Il Contadino_ Latte. _(E consegna la secchia piena di latte a Rosa.)_ _Don Paolo_ Che non sia poco. Abbiamo gente in casa. _Il Contadino_ _(vedendo Don Paolo, s’inchina e si toglie devotamente il berretto.)_ Servo di vostra eccellenza. _Rosa_ _(guardando nella secchia)_ Ce n’è, ce n’è. _(Comincia ad affaccendarsi per il caffè e accende il fornello.)_ _Don Paolo_ _(al contadino)_ Ehi! Don coso! È la prima domenica del mese mariano. Badiamo a non mancare alla messa anche stamattina. _Il Contadino_ Domenica scorsa avevo l’asino malato, ecco. _Don Paolo_ E oggi, come sta l’asino? _Il Contadino_ Eh!... il Signore se l’è chiamato. _Don Paolo_ _(quasi fra sè:)_ Non ci mancherebbe altro! _Il Contadino_ Servo di vostra eccellenza, e buona giornata a tutti. _Rosa_ Altrettanto. _Don Paolo_ _(salutando con la mano)_ Arrivederci, caro. _Il Contadino_ _(esce.)_ _Don Paolo_ Be’, animo, Rosa! Prepara caffè e latte, e tre o quattro chicchere ben pulite. _Rosa_ Non sto a fare che questo. _Don Paolo_ E, sulle punte dei piedi, va a vedere se mio nipote dorme o è sveglio. SCENA II. DON PAOLO, ROSA, LUCIO. _Lucio_ _(entrando a tempo)_ Il nipote vostro è qua. _Don Paolo_ Oh! Bravo! Bravo! All’alba, già alzato!... Niente di più salutare, sai? «Fiorin di primavera, «Lévati all’alba, e fa all’amor di sera.» _(Ride)_ Ah! ah! ah! ah!... Come si va dunque? _Lucio_ Abbastanza bene, zio. _Don Paolo_ Ringraziamo il cielo! E s’andrà anche meglio. Vedrai! Rosina, mi raccomando, eh! _(Torna nelle sue stanze.)_ _Lucio_ _(sbadiglia, e sgranchisce le braccia)_ Provvedete sempre voi alle faccende di casa? _Rosa_ _(intenta alla bisogna)_ Sempre. _Lucio_ E ora che vi maritate? _Rosa_ Lo stesso. _Lucio_ E lo sposo? _Rosa_ Sarà contento. _Lucio_ _(distrattamente)_ Sicchè, resterete ad abitare con Don Paolo? _Rosa_ Certo. _Lucio_ Chi sa che non ci resti io pure! _Rosa_ Eh!... Voi, abituato a stare in città.... Che fareste, qui? _Lucio_ Non so. _(Sorridendo)_ Per esempio, il medico.... _Rosa_ Qui, ammalati non ce ne sono. _Lucio_ Mai? _Rosa_ Mai. _Lucio_ E che fa il medico condotto? _Rosa_ Ha nove figliuoli. _Lucio_ Ah! Questo fa?... È ammogliato, s’intende. _Rosa_ E come!... Da noi, tutti gli uomini sono ammogliati. _Lucio_ E perchè? _Rosa_ Sarà l’aria. _Lucio_ E le donne? _Rosa_ Lo vedete?... Ci maritiamo. _Lucio_ A voi piace di maritarvi? _Rosa_ Altro se mi piace! _Lucio_ Eppure, ricordate quando io venivo da Napoli a trovare lo zio? _Rosa_ _(con prudenza pudica)_ Veramente... non ricordo.... _Lucio_ Che cosa credete che voglia ricordarvi? Rassicuratevi. Parlo del tempo in cui io ero ancora un fanciullone e voi eravate piccina piccina e rotonda come una palla. _Rosa_ Ah! Quando io stavo con la povera mamma? _Lucio_ Sì, stavate con lei. Lo zio mi ci conduceva ogni giorno, ed io, per divertirmi, vi facevo tanto arrabbiare. Qualche volta vi dicevo: «_appena che diventi grande, ti compero un bel marito_» e voi... voi scoppiavate a piangere come se avessi nominato il diavolo. E adesso invece? _Rosa_ Adesso è tutt’altro! So di che si tratta. _(Versando latte e caffè)_ Questo è per voi. _(Gli porge la tazza.)_ _Lucio_ _(prendendola)_ Grazie. E affinchè dimentichiate le arrabbiature di allora... _(beve)_ vi farò un bel regalo il giorno delle vostre nozze. _Rosa_ E anch’io ve ne farò uno quando voi sposerete la signorina Nora. _Lucio_ _(turbandosi e irritandosi)_ Chi v’ha detto che io debba sposare la signorina Nora? _Rosa_ Nessuno. Don Paolo m’ha detto che è una parente..., ma io ho capito! _Lucio_ _(posando la tazza sopra una tavola)_ Vi prego, Rosina, di non ripetere più queste sciocchezze. _Rosa_ _(mortificata e ingenua)_ Che male c’è? È così bella!... _(Pausa)_ Intanto, vado a vestirmi.... Qui è tutto pronto. Per il signor Giovanni e la signorina Nora non c’è che da riscaldare il caffè.... _Lucio_ Sì, sì, ci penso io. _Rosa_ Non è forse bella la signorina Nora? _Lucio_ _(con vivace severità)_ Basta, Rosina! _Rosa_ Non parlo più. _(Si avvia, piagnucolando)_ Se avessi saputo di... di farvi andare in collera. _Lucio_ Ma che! Non sono andato in collera.... State di buon animo.... _Rosa_ Se l’avessi saputo... _(Piange più forte. Esce.)_ _Lucio_ _(tra sè, inquieto:)_ M’ero svegliato così bene, e le chiacchiere di questa buona stupidina mi hanno.... SCENA III. LUCIO, NORA, DON PAOLO. _Nora_ _(venendo fuori dalla sua camera, risolutamente)_ Lucio! _Lucio_ Nora, che avete? _Nora_ È necessario che voi abbiate il coraggio di ascoltarmi, visto che io avrò il coraggio di parlare. _Lucio_ Nora! Nora! Che altro dovete dirmi di così terribile? _Nora_ Che altro?... Tutto ciò che può uccidervi o può darvi la salute. _Lucio_ _(implorante)_ Ma voi sentirete un po’ di pietà per me. Oggi ne avete il dovere. _Nora_ No. Non è questo il momento della pietà. Io debbo compiere e compierò un dovere che mi _sembra_ superiore a tutti gli altri doveri. _Lucio_ Nora! Qualche cosa di molto grave state per dirmi. Io non voglio ascoltarvi. _Nora_ E voi mi ascolterete. _Lucio_ Forse, più tardi, potreste pentirvene.... _Nora_ Non me ne pentirò mai! _Lucio_ Ma voi siete sovraeccitata.... _Nora_ Ho la coscienza di quello che faccio. _Lucio_ Considerate che sono io che vi trascino a tutte le allucinazioni. _Nora_ E questa volta sarò io che dalle allucinazioni vi trarrò, e per sempre! _Don Paolo_ _(comparisce dall’alto del corridoio, e, udendo le ultime parole di Nora, si ferma un istante.)_ _Lucio_ _e_ _Nora_ _(se ne avvedono. Tacciono, confusi, interdetti.)_ _Don Paolo_ _(il cappello in testa, il breviario fra le mani e con un’aria insolitamente sacerdotale, scende pian piano la scaletta. Giù, si ferma ancora per dir loro qualche cosa. Poi, non sa risolversi, e si limita a salutare.)_ Buongiorno, signorina. _Nora_ _(con voce tremula)_ Buongiorno.... _(Pausa.)_ E così di buon’ora uscite, Don Paolo? _Don Paolo_ .... Vado a dire la messa. _(E a passi lenti si allontana. Esce dal fondo.)_ _(Un silenzio.)_ _Nora_ _(a un tratto e con asprezza)_ Lucio, la confessione di questa notte non è stata completa. _Lucio_ _(atterrito)_ Nora! _Nora_ Vi ho lasciato sospettare solamente del passato, e non ho voluto parlarvi del presente. _Lucio_ _(quasi mettendole la mano sulla bocca)_ Nora, tacete. _Nora_ Un uomo come voi non deve essere ingannato; una donna come me non deve ingannare. _Lucio_ Tacete, ve ne scongiuro.... _Nora_ _(con crudeltà recisa)_ Io ho un amante! _Lucio_ _(dà un acuto grido come chi riceve una coltellata)_ Ah! _(E indietreggia, inorridito, con le mani sul volto.)_ _Nora_ _(animata da una energia solenne)_ Ora mi conoscete davvero! _Lucio_ _(come istupidito, guarda intorno a sè, quasi per assicurarsi che non sogni.)_ _Nora_ La mia confessione di stanotte non è stata completa, questo è certo; ma non è stata bugiarda. _(La sua voce è di nuovo umile.)_ _Lucio_ _(sommessamente, con un accento da ebete)_ Non mi avete detto... di... amarmi? _Nora_ Ve l’ho detto. E se potessi invocare in questo momento le idee di cui vi pareva d’essere convinto fino a ieri l’altro, avrei l’audacia, l’onesta audacia, di asserire che, così dicendovi, stanotte non mentivo. Ma... non oso invocarle. Pur troppo, siamo stati vittime di esse tutti e due. Ho creduto d’amarvi. E, per una di quelle complicazioni della natura a cui non è possibile sottrarsi, io lo credo tuttora e forse veramente tuttora io vi amo. Ma non ho più il diritto di _crederlo_, e soprattutto non ho più il diritto di _dirvelo_. _Lucio_ E lo avevate questo diritto, stanotte? _Nora_ _(angosciosamente)_ Sì.... _Lucio_ Quando abbiamo parlato insieme in questa stanza? _Nora_ Sì. _Lucio_ _(sempre più sofferente)_ E dunque? Che mistero è questo?... _(Pausa.)_ È già esaurito il vostro coraggio?... _(Febbricitante)_ Ditemi chi è il vostro amante? _Nora_ _(tace.)_ _Lucio_ _(riflettendo e acuendo il pensiero)_ Sino a stanotte... avevate un diritto... che adesso non avete più! Sino a stanotte!... _(Trasalisce. Resta con lo sguardo fisso nel vuoto. Indi, obbedendo ad un impulso istantaneo, va verso la porta di Giovanni, chiamando forte:)_ Giovanni! Giovanni! _Nora_ _(con disperazione)_ No! Non lo chiamate! _Lucio_ _(terrorizzato)_ Lui!! _(Simultaneamente, Giovanni, entrando, si ferma dinanzi alla porta.)_ SCENA IV. LUCIO, NORA, GIOVANNI. _Lucio_ _(dopo un lungo silenzio, comincia con voce fievole, che a poco a poco diventerà vibrante di strazio:)_ È giusto! È giusto!... Io non ero un ostacolo. Al contrario! Ero un anello di congiunzione.... È giustissimo!... Ho messo insieme un maschio ed una femmina, ed è accaduto quel che doveva accadere. L’umanità non è fatta che così.... E io? Io? Sono diverso, io?!... Questo dolore immenso... immenso come non ho mai provato... questo dolore supremo che mi prende tutto, che mi stritola, tutto, che cosa è? Che cosa è?... Gelosia? — Io geloso?... Di che? Perchè?... Voi due _non_ vi amate. _(Guardandoli)_ Lo intendo.... Lo vedo.... Eppure, io soffro! Io soffro! Io soffro! E quel che mi fa soffrire è soltanto la certezza del possesso altrui. Ma dunque? Dunque non ci è che questo, e non ci può essere che questo, se io, proprio io — io medesimo — soltanto di questo sono geloso! _(Li guarda aspramente, stranamente)_ No, non siate come al cospetto di un giudice. E non crediate d’essere colpevoli. Qual’è la vostra colpa? Voi siete in perfetta regola con le leggi umane. Sono stato io l’uomo guasto, sono stato io l’uomo assurdo, sono stato io il degenerato; ed ora, ora che voi mi salvate, vorreste battervi il petto e chiedere una condanna? Oibò! Voi dovete esultare... voi dovete prendere parte a questo trionfo, a questa magnifica festa della mia vita. _(In una sinistra vampata)_ Qui, qui! Tutti e due presso di me! Statemi accanto, perdio! Anzi... completate l’opera benefica...: abbracciatevi dinanzi a me... _(Afferra per un polso Nora, la strascina verso Giovanni, e, al colmo della concitazione, gliela spinge addosso)_ Fate che io veda coi miei occhi com’è fatta la felicità! _Giovanni_ _e_ _Nora_ _(al contatto, hanno un fremito di repulsione e subito si distaccano.)_ _Lucio_ _(sfinito, cade sopra una sedia.)_ _(Pausa.)_ _(Indi, con una fioca intonazione di preghiera)_ Adesso, via! via!... Ho bisogno di restar solo... _(E con una improvvisa violenza brutale)_ Voglio restar solo! _Nora_ _(convulsa, supplichevole)_ Ma..., solo,... in questo stato,... che cosa volete voi fare, Lucio? _(Lo sguardo di lei è attirato dai coltelli che sono sulla tavola.)_ _Lucio_ Ah!... Il luccicchìo di quei coltelli vi turba?... Pensate, forse, che io voglia ammazzarmi?... Ma no! Ma no! Non temete. Oramai, è preziosa anche a me questa carne che ci copre!... _(Cupidamente, toccandosi come per constatare la propria esistenza)_ Oramai, mi è cara più di quanto non vi sia cara la vostra, e... _me la serbo!_ _(Come una proclamazione:)_ Sono impastato come gli altri!... _(Con un accento velenoso)_ E andate via, perchè vi odio! _Nora_ Sì,... è indispensabile. Partirò immediatamente. _(Prende in un canto il suo cappellino, e, sempre convulsa, si affretta a metterselo.)_ Troverete voi stesso... un pretesto per vostro zio.... Direte... direte... che ho ricevuto un telegramma urgente... che non ho avuto neanche il tempo di prendere le mie robe... e che sono partita col primo treno... _(Lagrimando)_ Sì... Sì... l’equivoco si è chiarito.... Ognuno per la sua strada!... La mia — me ne accorgo — è molto umile.... Addio, Lucio.... _(Poi, con uno sforzo di energia, severamente, senza piangere e dando al saluto un significato di risoluzione definitiva:)_ Addio, Giovanni! _(Ed esce dal fondo.)_ _Lucio_ _(a Giovanni:)_ E tu non vai? Non l’accompagni? Non la segui? _Giovanni_ _(con tristezza)_ Nora non mi ama. _Lucio_ Ma è la tua amante. _Giovanni_ Nora non ama che te. _Lucio_ _(levandosi con impeto d’ira furibonda e sprezzante)_ No! perchè se ciò fosse vero, oltre a essere un amico falso, tu saresti un seduttore grottesco.... _Giovanni_ Lucio! _Lucio_ Un seduttore grottesco e un ladro infame! _Giovanni_ Lucio!... _(Sta per avventarglisi addosso.)_ _Lucio_ Vuoi battermi anche? E battimi se ne hai il coraggio. Battimi.... _Giovanni_ _(retrocedendo con orrore)_ Oh! _(Vorrebbe nascondersi, vorrebbe sparire. Balbetta:)_ Perdonami... perdonami... _(e fugge nella sua stanza.)_ _Lucio_ _(in tono tragico e trionfale)_ Solo! Ma guarito finalmente! _(La crisi incalza. Egli comincia a singhiozzare. Siede presso la tavola. Si nasconde il volto fra le mani come per sottrarsi anche all’aria che lo circonda, e scoppia in un libero pianto quasi puerile)_ Ziegler! Ziegler! Perchè almeno tu non mi sei vicino?! _(A poco a poco, il pianto cessa ed egli resta affranto, colle braccia sulla tavola e la testa piegata sulle braccia.)_ SCENA V. LUCIO, ROSA, _la voce di_ GIUSTINO. _(Ora il sole è più alto, la luce più chiara e più vivida. Si ode la campanella festosa della chiesa. Sale dalla strada la voce di Giustino.)_ _La voce di Giustino_ Ohi, Rosa! Ohi, Rosina! Vieni giù per la messa, chè Don Paolo è pronto. _Rosa_ _(di dentro)_ Eccomi, eccomi. _La voce di Giustino_ E non ti scordare i fiori per la Madonna. _Rosa_ _(in una sfarzosa veste quasi contadinesca, recando un fascio di fiori, entra imbarazzata. Sogguarda Lucio e gli si accosta timidamente.)_ _Lucio_ _(voltandosi appena)_ Che è? Che vuoi? _Rosa_ _(riluttante)_ Vi hanno dato un gran dispiacere? _Lucio_ No!... E poi, che capiresti tu? _Rosa_ _(sincera)_ Per voi, io sono una sciocca... sono un’estranea.... _Lucio_ Un’estranea? _(La guarda tutta dalla testa ai piedi.)_ Un’estranea, no. Bambina, eri il mio trastullo.... Più tardi, quando avevi tredici anni, io, _(misteriosamente)_ di nascosto, ti baciavo.... _Rosa_ Signor Lucio.... _Lucio_ Sì, _(ravvivandosi al ricordo)_ e, un giorno, lo zio ci sorprese laggiù, nella vigna, e, rimproverandomi acerbamente, mi disse: «Bada, io esigo che tu rispetti quella ragazza come si rispetta una cugina!...» _Rosa_ _(vergognandosi)_ Signor Lucio.... _Lucio_ Lo disse lui. E io, che ho risoluto di stabilirmi qui, quando resteremo soli, ti chiamerò appunto: cugina. _(Le prende le mani. I fiori cadono a terra ai piedi di Lucio. Egli continua abbassando la voce:)_ E tu lo sai, tu lo sai che io posso chiamarti così!... _Rosa_ _(tutta spaurita, arrossendo)_ Io non so niente! _Lucio_ No, non arrossire! Il tuo rossore è un’ingratitudine: — è un’ingratitudine verso quell’uomo che, pur facendo un poco di bene a se stesso, ne fece sempre anche agli altri....: a te specialmente, perchè ti diede la vita, e la Vita è un Bene!... E sarà lui che m’insegnerà a vivere! _(Sempre più ravvivandosi nell’esaltazione d’un’ebbrezza dolorosa)_ Sarà lui che m’insegnerà a ridere, a star sano, a godere, a godere un’altra volta come quando avevo vent’anni.... _(Levandosi e tenendola tuttora per le mani, la trae a sè con uno spasmodico sforzo di giocondità)_... E vivremo allegramente, credimi, e faremo baldoria.... Oh, se faremo baldoria!... E chi sa... chi sa... che l’antica vigna non ci riveda!... _(Le dà un bacio rovente.)_ _Rosa_ _(tremante)_ Signor Lucio... _Lucio_ _(lasciandole le mani)_ No! Non ho detto nulla... Non ho fatto nulla.... Va, ragazza mia, va a messa col tuo fidanzato, va a messa... _(Raccoglie i fiori e glieli ridà. Poi, subito, gliene strappa un ciuffo e se ne copre il viso odorando avidamente)_ Va... va... va... _(La campanella della chiesa riempie l’aria di squilli allegri.)_ _Rosa_ _(si allontana in un raggio di sole.)_ (_Sipario._) _Fine del dramma_. *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK 40378 ***