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Title: La fine dell'amore
Author: Roberto Bracco
Release Date: December 04, 2011 [EBook #38218]
Language: Italian
Character set encoding: UTF-8
*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA FINE DELL'AMORE ***
Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni, and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net.
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PROPRIETÀ LETTERARIA
I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.
È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il consenso scritto dell'Autore (Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882).
Copyright by Roberto Bracco and Miss Dircé St. Cyr in the United States of America.
Off. Tip. Sandron — 148 — I — 290514.
Rappresentata per la prima volta al Sannazzaro di Napoli dalla Compagnia Leigheb-Reiter nel maggio del 1896.
PERSONAGGI:
Marchesa Anna Di Fontanarosa, 22 anniMarchese Arturo Di Fontanarosa, 35 anniIl Dottor Fulvio Salvetti, 39 anniGiuliano D'Alma, 30 anniIl Conte Sandro Dionigi, 24 anniRenato Albenga, 35 anniGustavo Rivoli, 40 anniAntonio, vecchio servoFilippo, giardiniereEpoca: verso il 1890.
La scena rappresenta il salotto del villino abitato della marchesa di Fontanarosa, in una campagna non frequentata da villeggianti. Nella sua grande eleganza, questo salotto ha qualche cosa di campestre e di capriccioso.
Nessun divano, ma seggiole e poltrone di tutte le dimensioni. Sgabelletti civettuoli, quadri, statuine, mobili varii, tavolini con su ninnoli, fiori, giornali. La camera è di forma ottagonale, e però lo spettatore ne vede, naturalmente, cinque pareti. Una porta alla parete destra, una alla parete sinistra, una porta a due battenti alla parete centrale, in fondo, con tendine da potersi distendere su tutto il vano. La porta maggiore, che dà adito alla sala d'ingresso, si apre in una delle pareti collaterali a quella del centro. Nell'altra parete collaterale si apre un finestrone ampio, dal quale si scorgono i rami degli alberi del giardino contiguo e le tinte tenui e vaporose del cielo.
N. B. — Tre poltrone, tra le altre, in prima linea devono formare una specie di gradazione: la seconda poltrona deve essere più bassa e più comoda della prima; la terza più bassa e più comoda della seconda: esse serviranno a Rivoli, nella prima scena del 1º atto. È anche necessario che l'uscio della camera di Anna si apra in fuori, sul palcoscenico (e ciò servirà ad Anna per le scene culminanti del 2º e del 4º atto) e che le portiere siano dentro, cioè nelle quinte.
Il dottor SALVETTI, il conte DIONIGI, GIULIANO D'ALMA, RENATO ALBENGA, GUSTAVO RIVOLI, poi ANTONIO.
(Tutti sono seduti, con aria di persone di casa. Giuliano D'Alma ha un libro in mano, e legge estasiato. Renato Albenga ha in mano un taccuino ed un lapis con cui scrive. Il più appartato è Gustavo Rivoli.)
(ad Albenga) Non perde tempo il nostro drammaturgo!...
Eh!
Scrivete sempre?
Butto giù degli appunti. Noialtri artisti psicologici siamo gli apparecchi sismografici dell'umanità.
Scusate se è poco!
(Si alza, si avvicina a uno specchio e comincia a tormentare la sua cravatta.)
Noi osserviamo tutto. Valutiamo tutto. In ogni più piccolo movimento, l'uomo ha per noi una rivelazione.
Attento! Attento!
Che è?
Occhio al conte Dionigi! Egli è dinanzi a uno specchio. Chi sa quante cose può rivelare!...
(disdegnosamente, continua a scrivere.)
(sincero) Io rivelo che questa cravatta non va con questo colletto.
Che disgrazia!
Sì, sì, mi sento infelice! Ed è una cravatta di Boivais!
(entusiasticamente, sempre con gli occhi sul libro) Oh, bella! Molto bella!
(mirandosi) Bellissima, ma ci vorrebbe un altro colletto! (Torna a sedere.)
(a Dionigi) Ma che colletto?!... Parlavo di questa pagina, che è stupenda. Sentite voi, dottor Salvetti.
Son tutto orecchi.
(legge ritmicamente) «La caducità della materia implica l'imperfezione dell'amore carnale. Ciò che è costituito da una combinazione chimica e che è destinato a dissolversi non può essere la sede dell'amore. (Con enfasi) Due esistenze che si amano male sono due linee convergenti, ma quando la donna...
(venendo dalla porta a sinistra) Si sta vestendo... e viene subito. (Attraversa la stanza ed esce dalla porta comune.)
(leggendo)... e l'uomo si amano bene, le loro esistenze sono due linee parallele, le quali non s'incontrano che all'infinito. Ed ecco l'amore spirituale ed eterno, ecco la perfezione!».
Ho già messo io qualcosa di simile in bocca al protagonista del mio dramma psicologico «la Vittoria».
(un po' distratto) Io, una volta, avevo un yacht che si chiamava così. Filava sedici nodi all'ora con vento fresco.1
(alzando le spalle) Oh! (Scrive di nuovo.)
(a Dionigi) Voi invece, con la marchesa, filate anche senza vento...
Dunque, dottore, non vi va questa specie d'amore?
Grazie, no. Non ne prendo. Ma lo consiglio spesso agli altri: «soluzione di amore spirituale». È una delle mie ricette.
(pigramente) Per quali malattie?
Per la vostra, ad esempio.
Ma io sto benone. (Si alza con lentezza da una poltrona e si sdraia in un'altra più bassa e più comoda: la sua schiena è alquanto curva e le sue gambe sono visibilmente fiacche nelle giunture.)
Si vede!
Che si vede?
Una schiena e due gambe che sembrano di pasta frolla.
Dovreste vederle alla prova!
Non ci tengo.
Per invidia?
Forse.
Difatti, la marchesa vi ha già qualificato: «astemio».
Meglio.
Non vi fidate, Rivoli. Il dottore è come un buon cavallo da corsa montato dal più astuto dei fantini. Lungo la pista, ha l'abitudine di lasciarsi distanziare, ma «tiene la corda», come diciamo noi, e all'ultimo giro, in vista del palo d'arrivo, guadagna terreno. Voi lo quotate dieci contro uno; ma io, se faccio da book-maker, nella peggiore previsione, lo do alla pari.
Risparmiatevi questa pena, perchè io non corro.
Play or pay, dottore!
Questo non so che significa, ma non importa! Il certo è, giovanotto mio, che sulle piste femminili, il palo d'arrivo muta di posto a seconda delle condizioni fisiologiche d'una donna. Non si tratta di correre; si tratta di aspettare. Nella vita di lei c'è sempre un quarto d'ora in cui non si ha che a stendere la mano per afferrarla... come un frutto maturo.
Oh, oh, dottore! Poco elegante tutto questo, poco di buon gusto! Poco comme il faut!
Ma molto vero.
Io sostengo che è assurdo!
(con importanza) Nè assolutamente vero, nè assolutamente assurdo. Sono fenomeni che io ho approfonditi. Il quarto d'ora della vulnerabilità arriva ma esso è determinato da una influenza, da un fluido, da una forza fascinatrice...
(si alza lentamente e si sdraia meglio in un'altra poltrona anche più bassa e più soffice, stendendo le gambe sopra uno sgabello e respirando:) Ah!
(continua) E questa forza, signori miei, può essere la bellezza, può essere la bontà, può essere l'astuzia, può essere... non spetterebbe a me il dirlo... ma può essere, ed è, spesse volte, l'arte...
Dio buono! Meno teorie e più fatti!
E dire che sono i fatti quelli che vi hanno liquidato!
Uhm! Non ancora.
ANNA, SALVETTI, DIONIGI, D'ALMA, ALBENGA, RIVOLI.
(sporgendo la testa dalla porta a sinistra e nascondendo il capo dietro la portiera, chiama:) Conte Dionigi!
(alzandosi subito) Marchesa? (Tutti s'alzano e s'inchinano.)
Per un vestito d'amazzone, in campagna, che colore mi consigliereste?
(cercando di vedere) Se potessi indovinare...
Ah, no! Dovete essere... indipendente.
Ebbene, il grigio.
E voialtri?
Io direi il bleu. C'è una mia protagonista che si veste così.
Il color Valkiria, marchesa!
Non c'è! E voi, dottor Salvetti?
Le donne a cavallo mi sono odiose in tutti i colori.
Orso!
(paziente) Orso.
Uno!... Due!... E tre!... (Viene fuori d'un salto e si ferma.) — (Risatina.) Eccomi qua! (Indossa un vestito d'amazzone grigio. Porta in mano guanti, frusta e cappellino.) Conte, non siete voi che avete indovinato il mio colore, sono io che ho indovinato il vostro.
Molto inglese! (Analizzando seriamente il vestito di lei) Molto chic! molto chic!
A voi! (Stendendo il braccio) Si procede al baciamano.
(Tutti si dispongono in fila come dinanzi allo sportello d'un bigliettinaio, aspettando il loro turno.
La Marchesa resterà ferma col braccio teso, ed essi le si accosteranno l'uno dopo l'altro, ordinatamente.)
(le prende la mano e gliela bacia con estrema eleganza.)
(gliela bacia guardando lei con occhi pieni di pensieri importanti.)
(le solleva le dita con le dita e timidamente indugia accostandovi la bocca.)
Coraggio, signor Giuliano, coraggio!
Non ne ho mai quando so di profanare quello che tocco. (Le sfiora le dita con le labbra.)
(che era già dietro a Giuliano D'Alma, aspettando il suo turno) Io ne ho sempre quando so di toccare quello che profano. (Le bacia la mano avidamente e vorrebbe continuare.)
(ritirando il braccio) Ho sentito, ho sentito!
(con subitanea risoluzione) Per conto mio, rinunzio.
(con lieve moto di dispetto) Lo so che siete astemio!
(a Salvetti) Non ve l'ho detto, io?
Sicchè, il programma di oggi, marchesa, è indicato dalla vostra toilette?...
Come? Non s'era già stabilito d'andare a cavallo sino al laghetto e di fare colazione alla Capannella d'oro?
No, marchesa...
Oh, che testa! che testa che ho io! Ma è spaventevole! (Ride) Ah ah ah! Intendo. L'avrò sognato... Da che sono in campagna non faccio che sognare!
(con dolcezza poetica) Come me.
(con un rimpianto di cupidigia lasciva) Come me.
E sapete, per esempio, l'altra notte che sognai? Sognai... d'averlo finalmente trovato.
Chi?!
Non so bene chi, ma era lui! Era lui, era proprio lui, era proprio quello che viceversa cerco da due anni (declamando per celia) e che forse non troverò giammai. (Risatina.)
(con aria di competenza) Marchesa, dalle mie osservazioni mi risulta che le mogli, che hanno il vostro temperamento, sono avide di libertà, ma non possono vivere che di tirannia. Esse fuggono il marito, sì, come faceste voi, ma cercano un altro tiranno.
(seria) Aimè! Mio marito non è stato neppure un tiranno.
E poi non sarebbe mica di buon gusto. Voi, marchesa, ça va sans dire, avete il diritto di cercare uno schiavo...
Un amante, che diamine!
Un «reagente»!
Un'anima... parallela!
(con umorismo) L'anima parallela non mi dispiacerebbe. Ma tutte queste distinzioni sono di ordine secondario. Io cerco, purtroppo, quel che è più raro e più irreperibile, al giorno d'oggi, sulla faccia del mondo. Io cerco... un uomo!!
Eh?!!
(non si regge più sulle gambe si ritrae indietro e siede sul bracciuolo di una poltrona.)
A voi pare una cosa facile?... V'ingannate. Per gli uomini, si sa, tutti gli uomini sono uomini. Ma per noi donne, è diverso! (Risatina) Ognuna di noi non ammette che un uomo solo: quello che sa conquistarla. Orbene, amici miei, non potete disconoscere che, ai tempi nostri, la galanteria è divenuta molto diffusa, ma punto tentatrice. Ricordate, eh?, tutta quella numerosa schiera di giovanotti che in città ingombravano il mio salotto? Io vi domando: quale poteva essere per me un vero conquistatore? Dieci di essi mi facevano la corte per vendicarsi dei fiaschi ottenuti con le mie nemiche; altri dieci me la facevano per farla... alle mie amiche, ed era un po' come quel grazioso giuoco, quello che voi, conte, conoscete così bene...
(stupidamente) Il bézigue?
Ma no!... Un giuoco di bigliardo...
Ah! La carambole...
Benissimo!... la carambola: urtarne due per non fermarsi, possibilmente, a nessuna... E quelli, poi, che mi facevano la corte per non farla che a me, avevano un'aria così indolente, così pigra, così stanca — peggio di Rivoli, veh!...
(si dirizza d'un subito in piedi, a guisa d'una molla.)
(continuando)... che non avrei osato di sceglierne uno senza sentire il dovere di dirgli: «Scusi l'incomodo». (Ride) Ah ah ah! Almeno, qui, in questo eremitaggio, non ci sono che io. Marchesa di Fontanarosa a tutto pasto! Voi potete giocare a... carambola sul mio bigliardo; ma nel mio salotto non più; ed io (scherzosa) posso contare sulle vostre intenzioni, perchè..., mettiamo le cose a posto,... se siete riuniti in questo recondito angolo del mondo, significa che mi ci avete seguìta!
Domando scusa, marchesa: io non vi ci ho seguita: io vi ci ho incontrata.
Ma ci rimanete.
Ci rimango...
E non ci rimanete forse per me?...
In qualità di medico.
Ma io non sono malata.
La vita di una donna senza marito è sempre una malattia!...
Che voi non sapete curare...
Mi ci provo.
(pungente) Ma non ci riuscite!
(mettendo la mano sul petto all'uso schermistico.) «Toccato», dottore!
(condiscendente) «Toccato».
(con solennità gioconda, salendo sopra uno sgabbelletto) Si mette ai voti il programma della gita a cavallo!
Accettato all'unanimità!
(insieme) All'unanimità!
Meno uno!
Peggio per quell'uno.
(a Rivoli, guardandogli le gambe) Come!! Ci andate anche voi a cavallo?
E perchè non dovrei andarci?
Avete un bel fegato!
Conte, mi cedete il vostro Black boy?
Mi permetterei piuttosto di offrirvi la mia cavallina. Black boy è troppo duro di bocca e devo lavorarmelo io. Se mi date licenza, vado io stesso a insellare Lady Florence.
E gli altri?
Noleggeremo i bucefali del Santoro.
Ma sin là c'è una tappa di un chilometro.
Ci andrete voi, Rivoli.
... Con piacere.
E presto, eh?
Volo, marchesa. (Si allontana, sforzandosi, invano, di affrettare il passo, ed esce.)
Abbiate pazienza, Albenga: andateci voi pure, perchè Rivoli non mi sembra molto disposto a volare.
Vi servo, marchesa. (Esce.)
Io corro alla scuderia.
Grazie.
Prego... (Esce.)
(accomiatandosi) Ed io, giacchè ho da restar solo, vado a fare un po' di onesta colazione.
Superfluo il dirvi, dottore, che durante la mia assenza voi siete padrone della mia casa come di solito. Qui, troverete seggiole a sdraio, libri, giornali illustrati: tutte cose di cui difetta il vostro alberghino, esageratamente campestre.
Troppo buona, marchesa. Profitterò. (Via.)
ANNA e D'ALMA.
(è lontanissimo da lei, in un canto della stanza, nel suo atteggiamento di sognatore.)
(siede.) (Un silenzio.) E voi?
Io... deploro!
(schiettamente curiosa) Che deplorate?
Quello che qui accade.
È strano! A me pare che non accada proprio niente.
(serafico) Non siete voi, Anna, la farfalla intorno a cui scherzano dei bambini più o meno insidiosi?
(un po' imitandolo) E non siete voi, Giuliano, uno dei bambini più o meno insidiosi che scherzano intorno a questa farfalla?
Oh, no!... Io la guardo! Io l'ammiro!... Ma la mia mano non oserebbe mai di ghermire quelle ali agitate vertiginosamente da una così gentile inconscienza.
Mai?!
Mai! (Siede.)
(risatina) Converrete che c'è del metodo in tutto questo.
Attribuireste voi a me, come agli altri, un volgare calcolo... maschile?!
Volgare, non so; ma, via, maschile... credo di sì.
(con accento drammatico) Quale inganno è il vostro!!
(di scatto) Cosa?!
Anch'io, è vero, sono vissuto nella corruzione. Anch'io sono stato vittima dell'abbrutimento che col pretesto degli istinti... coinvolge l'umanità!... Ma quando ho conosciuto voi, creatura eletta, minacciata dalla corrente malefica, io ho avuta nausea di me stesso. La mente mia ha concepito la salvezza di un affetto inestinguibile; e ha visto, luminosa, la possibilità di eliminare l'errore, di sollevarsi dal fango e di correggere perfino i così detti istinti...
(spalancando tanto d'occhi) Ah?!
E d'allora in poi, Anna, il miraggio della mia vita si è elevato; e, vagheggiando le estasi purissime delle anime che s'incontrano all'infinito, io non ho desiderato che il godimento di un amore perfetto, casto, immateriale!...
(lo guarda, sorpresa, attonita. Indi, dissimulando nell'ammirazione uno strano dubbio) E... ditemi: sono certamente io... la sola donna che vi abbia ispirato un amore... di questa specie?
La sola!!!
(con orgoglio entusiastico foderato d'ironia) È una grande sodisfazione! (Pausa. Poi, con burlesca volubilità, alzandosi) E se per caso fossi stata vostra moglie?
(imbarazzatissimo) Non mi sono mai permesso di rivolgermi una simile domanda.
Ah, già! Dimenticavo che, dati i vostri ideali, non ci sono più mogli... e, soprattutto, poi, non ci sono più mariti. (Sospirando) Io, invece, sono molto maritata! (Risatina) Perchè le mogli separate dai loro mariti possono sentirsi più maritate delle altre?
(confuso) Marchesa... come volete che lo sappia io!?
Avete ragione! Nondimeno, il perchè è così semplice! Un marito, anche se intrinsecamente abbominevole, stando lontano, vale sempre più di quanto varrebbe se stesse vicino. Sono due anni che mio marito.... è separato da me. Da questo punto di vista, io comincio a sentirmi maritatissima!
(dopo una reticenza) Lo amate?
(contraffacendolo) Lo amavo! (Un silenzio. Poi, ride un po') Ah ah! (Mutando di nuovo e sedendo) Vi compiacereste di darmi dei chiarimenti?
Su che?
Sulla... «correzione degli istinti»?
Volentieri. (Pausa) Avete voi letto Tolstoi della prima maniera?
Io ho letto... per esempio, Nanà, di Zola...
Ma non è precisamente lo stesso!
Be', che dice il vostro Tolstoi della prima maniera?
Ecco... (Fruga nelle saccocce e ne cava parecchi libri.)
Lo avete sempre in tasca?
Sempre! È uno dei miei compagni prediletti. (Sceglie uno dei libri, lo apre e lo dà ad Anna, mostrandole una pagina) Leggete qui. (Soavemente) È modernissimo!
(dopo aver letto un po') Uh! Guarda guarda guarda!... Voi, per amarmi così sublimemente, non mangiate che erba?!
Non vi fermate a certi particolari, vi prego.
E con questa igiene voi siete sicuro... delle estasi purissime?!
(sorridendo con tristezza) Comprendo! A voi sembra che la facilità con cui io mi lascio andare a queste conversazioni intime (con disgusto) sia, per lo meno, un avanzo del materialismo comune. Ebbene, io vi mostrerò che so e posso trionfarne. (Con energia) Da solo a sola con voi, Anna, io non mi troverò... mai più!
(con latente stupefazione) Me lo promettete?...
(con gravità) Ve lo prometto!
(con lieve trasparenza comica) Siete immenso!...
Grazie!
Non c'è di che.
Ed ora, (alzandosi) se non m'inganno, ci siamo detto tutto!
E sfido io! Che altro ci potremmo dire?!
Arrivederci...
Arrivederci...
Ma... (fa un gesto complicatissimo e solenne ricordante la risoluzione presa.)
(imitando caricatamente il gesto di lui) Oh,... siamo intesi!...
(assorto, si allontana. Presso la porta, si trova a faccia a faccia con Salvetti: ne ha un soprassalto di fastidio, ed esce fuggendo.)
ANNA, SALVETTI.
Sono di troppo?
Ma che «di troppo»! Non vedete che se ne va?
(restando sulla soglia) Io ritengo di essere di troppo appunto quando non c'è nessun altro.
Quando non c'è nessun altro dovreste piuttosto ritenere di non essere... sufficiente. Avanti, avanti! (Mettendosi con cura il cappellino) Io aspetto ansiosamente questi cavalli e questi cavalieri. Ben presto vi lascerò. Non abbiate soggezione di me. Sdraiatevi in una seggiola a bracciuoli, leggete i vostri giornali, fate il vostro chilo comodamente...
Per obbedirvi.... (Siede in una poltrona presso il tavolino e sceglie qualche giornale.)
Del resto, la vostra colazione, è durata pochino. (Dopo aver messo il cappellino incomincerà ad infilare i guanti.)
Come il vostro colloquio con Giuliano.
Preciso.
(con gli occhi sul giornale) Una bistecca e un po' di frutta: ecco la mia colazione.
Un po' di frutta, senza la bistecca: ecco il mio colloquio. Mi do anch'io all'erba!...
Lo avete... bocciato?
Chi?
Giuliano.
Non l'ho neppure esaminato.
Sicchè, è soppresso.
Perchè sopprimerlo? È un gentile giovane.
Certo.
Alquanto... vaporoso. (Fa lo stesso gesto complicato che ha fatto dianzi.)
Spiritualista e vegetariano.
(sincera) Quel che c'è di più moderno, sapete.
E chi lo nega? Molto moderno, e quindi niente affatto... esigente.
Ah, questo sì!
Compiango lui e compiango anche voi.
Credete che per una donna sia così penoso l'essere saggia?
Credo solamente che sia meno penoso il non esserlo.
(dopo una pausa) Dottore...
(leggendo) Marchesa?
Disturbo?
Anzi.
(avvicinandosi con amichevole dimestichezza) In confidenza,... secondo voi, chi è che potrebbe farmi oltrepassare i confini della saggezza?
(subito) Chiunque.
(offesa) Come?!
Lasciatemi finire. Chiunque... sapesse chiedere... nel momento propizio.
(allontanandosi stizzita) Eccoci alle solite insolenze!
«Pulsate, et aperietur vobis» scrisse uno che se ne intendeva.
Non capisco di latino!
Sono io qui apposta per tradurvelo. «Picchiate e vi sarà aperto». La condizione del «momento propizio» non c'è nel testo; ma... oh Dio!... si legge tra le linee. (Alzandosi) E io vi dimostrerò che...
(interrompendolo esasperata) Basta! Basta! Basta! Non mi irritate di più. Coi vostri quarant'anni suonati, dovreste giudicarmi meno superficialmente. Le condizioni speciali della mia vita non possono escludere, è vero, la probabilità, vicina o lontana, d'una dedizione; ma da questo a quello che dite voi, ci corre! ci corre!
Io dico lo stesso in sostanza, perchè tutte le donne, quando stanno per cadere, credono in buonissima fede di trovarsi nelle condizioni speciali che non solo giustificano ma esigono la caduta. E penso io forse che esse abbiano torto? Oibò! Io non faccio che applicare a voi una legge naturale, comune a tutta la femminilità militante: — «non sono veramente sagge che le donne a cui non si chiede niente».
(scattando) Badate, però, che possono essere sagge, malgrado loro, anche quelle a cui si chiede troppo!
Io vi auguro che s'indovini sempre la misura giusta della richiesta.
Ed io auguro a voi che s'indovini sempre la misura giusta del rifiuto! (Presa dalla rabbia) Siete un impertinente!... Siete disgustevole!... Siete insopportabile! Siete mostruoso! (Batte a terra i piedi d'una seggiola, e poi vi siede. — Una lagrimuccia spunta nei suoi occhi.)
(sorridendo sotto i baffi) Calmatevi, via, ve ne prego, calmatevi...: tanto più che (guardando alla finestra) sta per arrivare il conte... in un magnifico costume di occasione.
Io ho bisogno di graffiare qualcuno!
Profittate di me, marchesa, perchè, col conte, non c'è da cavarsi di questi capricci. Quello lì è troppo ben fatto: si guarda e non si tocca!
DIONIGI, ANNA, e SALVETTI.
(in un pretto costume di sportsman, entrando elegante e brioso) Marchesa, le cavalcature sono pronte.
(bisbetica) Finalmente! Di chi vi siete occupato, sinora? Della vostra toilette? Credevo che non veniste più. Non mi direte, spero, che il fare aspettare una signora sia «molto chic!»
(confuso) Marchesa...
Il vostro braccio, subito!
(senza badare a Dionigi e senza metterglisi al braccio, si rivolge al dottore, seccamente:) È deciso dunque che non ci venite?
Ne sono dolente, ma è proprio deciso.
È permesso di saperne almeno la ragione?
È una ragione... pedestre: non so andare a cavallo.
Imparerete.
Troppo tardi!
Cascherete.
Ah!... Troppo presto!
(a Dionigi) Conte, il vostro braccio...
Sono qui a offrirvelo, marchesa...
(mettendoglisi a braccetto con violenza e quasi trascinandolo via) Diventate scortese anche voi!
Io?!
Mi dareste una smentita?!
No!
Una smentita a me? A me?!
Ho detto di no, ho detto di no.
SALVETTI solo, poi ANNA, DIONIGI, ALBENGA, D'ALMA, RIVOLI.
(segue con lo sguardo, sempre un po' sorridendo, Anna e Dionigi. Siede di nuovo presso il tavolino, borbottando:) Alla vedetta, dottore, alla vedetta!.. (Riflette un poco. Riprende il giornale.)
(Giunge di lontano un brusio. Sono le voci confuse di Rivoli, Albenga, D'Alma, Dionigi. Poi si distinguono alcune parole loro e i lamenti di Anna.)
Incredibile! Incredibile!
Ma non così, vi prego, non così!
Andiamo adagio, santi numi!
Voi, Rivoli, non potete!... Lasciatela tutta a noi...
(dolorosamente) Ahi ahi ahi ahi ahi!
(tra sè) Ma che cos'è? Questi sono lamenti della marchesa! (Corre verso la porta comune e si ferma spaventato) Oh, diavolo!
(Entrano Rivoli, Albenga, Dionigi, D'Alma, trasportando Annna, che ha gli occhi socchiusi e agita un po' le braccia stringendo in una mano la frusta.)
Qui, qui, su questa poltrona....
(che sostiene il maggior peso) Io non ne posso più!
Assolutamente incredibile!
(Adagiano Anna sopra una poltrona. — Agitazione generale.)
(mettendosi una mano sulla schiena e lasciandosi cadere su una sedia) Sono morto!
Un po' d'acqua!... Ella sviene!
Meglio un po' d'aceto!...
(cavando di tasca una boccettina) Questa è una bottiglia di smelling salts. Eccellente!
(lamentandosi) No... non voglio nulla... non voglio nulla... Ahi ahi ahi ahi ahi!
(con urgenza) Ma si può sapere sì o no che è accaduto?
Pare che Lady Florence le abbia tirato un calcio degno di un mulo.
È orribile!
Ed è stranissimo!...
(tenendo sollevato un piedino) Ahi ahi ahi ahi!
Marchesa... marchesa... Dove siete stata colpita?
(lamentosamente) Giù... giù...
Al piede, eh?... Dite, marchesa: al piede?
(con un fil di voce) No... non precisamente al piede...
(sconcertatissimo) Non precisamente al piede?!
(sconcertatissimi) Non precisamente al piede?!!
E come si fa?!
Ahi ahi ahi ahi! Che spasimo!
Del resto, ella soffre, e io debbo compiere il mio dovere!
Mi meraviglio di voi!
Non sarebbe di buon gusto, dottore!
Sarebbe una mancanza di riguardo!
Ma voi siete matti! I medici non hanno occhi!
Questo è vero!
Dottore, pregateli voi di allontanarsi...
Avete udito? A ogni minuto che passa il suo stato si aggrava!... Via! Via tutti! Ve lo chiedo in grazia! Ve lo comando!
(mormorando, si allontanano mal volentieri e vanno nella stanza attigua, in fondo.)
SALVETTI, ANNA.
(vivamente preoccupato, chiude la porta e torna ad Anna, premuroso.)
(a un tratto, salta in piedi graziosamente.)
(trasecolato) Eh?!
Sss.... Silenzio.
E lo spasimo?
Niente spasimo! Ho voluto mandare a monte la gita senza far capire che non ne avevo più voglia.
E il calcio di Lady Florence?
L'ho inventato io nel momento in cui nessuno mi guardava.
Eppure, questa gita l'avevate proposta voi. Vi ci sareste divertita!
Mi annoiavo di divertirmi, ecco. E tutto per colpa vostra. Solamente voi avete l'abilità di mettere i miei nervi in agitazione.
(dissimulando la compiacenza) Me ne dispiace molto, e se potessi rimediare...
Parlate piano, e aiutatemi, almeno, ad accreditare la menzogna.
Va bene, ma io sospetto che quei curiosi stiano a spiare dietro l'uscio....
Andate un po' a guardare dal buco della serratura...
(sulla punta dei piedi, va in fondo, esclamando a voce alta:) Oh, povera marchesa! Povera marchesa! (E guarda dal buco della serratura.)
(frattanto, si lamenta) Ahi ahi ahi ahi!
Il nemico è lontano. Ma per maggiore precauzione... (Tira le tendine sull'uscio.)
No, no: che fate?
I buchi... sono i traditori della scienza! (Ritornando a lei) Ora potete essere sicura che il segreto professionale non escirà da questa camera.
Di quanto tempo avreste bisogno per compiere il vostro dovere, se veramente io avessi ricevuto il calcio?
Di due o tre ore.
Che esagerazione!
Facciamo... un'ora e mezzo.
Ma che dite! Voglio sbrigarmi, io.
Non posso mostrare di essere così frettoloso nell'esercizio delle mie funzioni.
Dieci minuti, e non più! Per un dottore di vaglia come voi, dovrebbero bastare.
(rassegnato, con intenzione significativa) E basteranno!
(disinvolta, senza sottintesi e senza preoccupazioni) Come impiegheremo noi questi dieci minuti?
(si guarda attorno per un moto istintivo, e poi le si avvicina, tormentandosi i baffi nervosamente) Come li impiegheremo?... Non sarebbe il caso di cominciare... il tentativo di quella famosa cura, di cui voi, sinora, non mi avete creduto capace?
(sorpresa, costernata e severa, indietreggiando un po') Che cosa vi salta in mente, dottore?
(con voce stranamente commossa) Marchesa, perchè turbarvi così?... Di che temete? (Le si accosta di più, guardandola tutta) Di che temete?
Io non temo di nulla... Ma desidero di chiamare i vostri amici...
Voi non lo farete... Sarebbe un'imprudenza grave. Sarebbe la denunzia della vostra finzione; e questa finzione sarebbe poi per me una réclame, che non è certamente ciò che vi sta più a cuore.
(presa dal panico) Sì, ma il vostro contegno... la vostra voce... i vostri sguardi... le vostre parole... Insomma, dottore, o la smettete... o io li chiamo!
È una minaccia legittima, lo so. Ma se io da questa minaccia mi lasciassi disarmare, (accalorandosi) voi, mia bella ammalata, di qui a poco mi dareste forse del collegiale, e a chi si è dato del collegiale non c'è più niente da dare... nè di peggio, nè di meglio!...
(quasi tremante) Dottore, non fate lo sciocco, e non insistete...
Io insisto, marchesa, perchè questa è la crisi. È la crisi! I dieci minuti volano... (Accalorandosi maggiormente) Voi siete incantevole... Voi siete irresistibile... E io, per non avere scrupoli di coscienza (si slancia come per afferrarla), voglio giuocare tutto per tutto!
(furibonda, colpendolo con la frusta) E avete tutto perduto anche prima di giuocare!
Ahi! (Si tocca il braccio colpito.)
(chiamando vivissimamente) Rivoli, Albenga, Dionigi, Giuliano! Venite, venite subito!... Venite tutti!
(tra sè, mordendosi le dita) Mi sono sbagliato!
ANNA, SALVETTI, RIVOLI, ALBENGA, DIONIGI, D'ALMA.
(Essi in fretta irrompono e restano lì, trepidanti allibiti.)
Anna....
Marchesa.
Marchesa....
Un altro guaio!?...
(appena essi compariscono, nasconde nella comicità la propria concitazione) Cos'è?! Che avete con quelle facce così bianche?...
Eh!... Abbiamo sentito chiamarci in un certo modo.... Capirete.... Ci siamo allarmati....
Allarmati? (Ride) Ah ah ah!... Questa è carina! E di che? Perchè? Tenevo a farvi partecipare alla mia lieta meraviglia, alla mia gioia, al mio entusiasmo.... Non mi vedete? (Mostrandosi ben diritta in piedi) Cinque minuti fa soffrivo — ... soffrivo abbastanza, credetemi — e, adesso, vi garantisco che sono... completamente guarita. Oh, l'energia del nostro dottore è stata come l'acqua sul fuoco! Miracolosa!!
(rodendosi dentro e ostentando modestia) No, non mi elogiate troppo, marchesa... In fondo poi non si trattava... non si trattava che di una... piccolezza; e sono io... sono io che debbo alla... docilità vostra la fortuna di potere annunziare che tutto... mi è riuscito estremamente facile.
(agli altri) Come è modesto!
(piano ad Albenga) Che diamine sarà accaduto qui dentro?!
E, intanto, amici miei, se me lo permettete, io mi ritiro un poco nelle mie stanze. Ma s'intende che voi non vi moverete di qui. Più tardi, vi offrirò da colazione... Tutta erba!... So io quello che dico! Anche a voi, dottore... Ah no, scusate, mi pare che voi... avete già preso qualche cosa....
Sì, veramente... io ho preso qualche cosa... (Si tocca il braccio.)
Comunque sia, non vi sottrarrete, spero, alle congratulazioni e ai festeggiamenti che vi spettano. Vorrei essere espansiva io pure, ma non trovo le parole... Gli è che sono un po' stanca d'emozioni.... Considerate: non capitano ogni giorno il calcio d'un cavallo... e il prodigio di un dottore. Per ora, festeggiatelo voi, amici miei, festeggiatelo bene. Egli se lo merita!... (Una pausa.) (Si avvia verso le sue stanze.)
(vedendola camminare) Difatti... c'è da portarlo in trionfo! Io stento a credere ai miei occhi... Voi non zoppicate nemmeno, marchesa!
Ma bravo, bravo, dottore!... Un vero prodigio!
Decisamente, siete molto forte!
Fortissimo!
(sorride verde.)
(passando davanti a D'Alma, che sta a contemplarla poco discosto dalla porta, e imitando con grazia burlesca la solita intonazione serafica di lui, lo interroga:) E voi, Giuliano, non vi congratulate col dottore?
(malinconicamente sospirando) Penso con dolore, Anna, che non avrei saputo fare... quello che ha fatto lui!
Lo credo, io! (Pausa. Indi, salutando tutti e indugiando in una profonda riverenza esagerata) A fra poco, signori.
(si trovano in fila, a eguale distanza fra loro, e s'inchinano simultaneamente, dicendo insieme:)
(nell'inchinarsi, ha una puntura alla schiena e vi porta su la mano, facendo una smorfia di dolore.)
Disposizione dei personaggi:
ANNA D'ALMA DIONIGI RIVOLI ALBENGA SALVETTI
Lo stesso salotto. — È sera. — Lumi accesi.
ANTONIO, ALBENGA, RIVOLI, SALVETTI, DIONIGI.
(Tutti e cinque in smocking.) (Sopra una consolletta sono cinque cappelli di forme diverse.)
(è nel mezzo del salotto col suo scartafaccio in mano, guardando in alto come un ispirato e gesticolando. Poi, con solennità, ad Antonio, che comparisce dalla porta comune:) Recate una bottiglia d'acqua e... un bicchiere con un po' di zucchero.
(Esce.)
(ancora riflette e gesticola.)
(entrando dalla porta centrale con una stecca da bigliardo in mano, immediatamente si lascia cadere sulla prima seggiola che trova. Indi, ad Albenga:) È una pantomima?
Studiavo... il valore della voce in certe frasi.
Gesticolando come un muto!?
Caro mio, la voce... io la penso. In ogni vibrazione vocale c'è un lembo dell'anima!...
(di dentro) Giacchè la marchesa è fuori, Albenga, venite a giocare anche voi.
(con alterigia) Non ho mai giocato al bigliardo, dottore.
(di dentro) C'è qui il conte che fa da maestro a tutti.
E sia! (Arrotola lo scartafaccio, lo infila in una tasca, e, uscendo dal fondo, ripete a Rivoli:) C'è un lembo dell'anima!... È chiaro?
È chiarissimo.
(di dentro) E Rivoli dove s'è cacciato? Dov'è, dov'è questo Rivoli?
(entrando, anche lui con una stecca in mano, e vedendo Rivoli) Eccolo lì!... Non c'è da illudersi: lo stare in piedi non è più affar vostro!
Vengo, vengo. (Si alza mal volentieri, e, parlando col dottore a voce bassa, esce dal fondo con lui) Dottore, scherzo a parte, volevo dirvi: ci credete voi alla cura dell'impiccagione per rinvigorire la spina dorsale?2
L'impiccagione? (Col gesto analogo) Ma sicuro che ci credo!...
ANTONIO e ARTURO.
(vibrante di giubilo, entra dalla porta comune portando un vassoio con la bottiglia di acqua e col bicchiere e si lascia passare dinanzi il marchese Arturo di Fontanarosa.) Per di qua, per di qua, eccellenza.
(si avanza guardando con curiosità.)
(posa il vassoio su un tavolino che è quasi nel centro del salotto.) Mi pare veramente un miracolo! (Tutto commosso) E che vostra eccellenza sia mille volte benedetta se è venuta a far la pace con la mia padrona!
Facciamole intanto una sorpresa, Antonio. Non dirle che sono arrivato...
Anche volendo, non glielo potrei dire, perchè non è in casa. È uscita verso sera.
(consultando il suo orologio) E non torna ancora?
Oh! non c'è paura di nulla. Qui le vogliono bene anche le pietre della via. Tutti questi contadini dicono che è la loro reginella.
E tu, vecchio, che fai?
Io, dal giorno in cui la padrona volle allontanarsi da vostra eccellenza e partì per Napoli — che brutto giorno! — sono stato sempre agli ordini suoi, e qui, in campagna, faccio un po' di tutto, eccellenza: da maggiordomo, da cuoco, da cameriera se occorre... perchè, ecco..., donne attorno, la padrona non ne ha volute... Ci sono, è vero, la moglie e la figliuola di Filippo il giardiniere che, all'occasione, si prestano — e come si prestano! — ; ma da che furono viste in giardino, l'una dopo l'altra,... a parlare troppo lungamente con un signore che ha la schiena un po' curva e le gambe poi... che Dio gliele guardi!..., anche quelle due donne lì, per ordine della padrona, ci bazzicano di rado in casa....
Son cose che non mi riguardano.
Come comanda vostra eccellenza....
Ma qui c'è gente: vedo dei cappelli.
Cappelli di uomini, eccellenza. Sono... i cappelli... degli amici... della signora marchesa.
E dov'è che stanno?
Sono di là, e giocano al bigliardo.
Quando la marchesa è assente!?
Sicuro. Il cancello del giardino e la porta d'ingresso non si chiudono che di notte; ed essi entrano a tutte le ore, vanno, vengono, siedono, si alzano, fumano, leggono,.... fanno tutto, insomma.
Ah, sì?
Però, eccellenza, spiegamoci...: (timidamente) la padrona è sempre un modello di...
(severissimo) Non vi ho chiesto delle informazioni, di cui non ho bisogno. (Pausa.) (Guarda di nuovo i cappelli, e, prendendoli uno alla volta, li conta) Uno... due... tre... quattro... cinque!
Eccellenza, sì.
Non c'è male!
Più a destra, più a destra, e colpo sotto!
Bazzica, signori, bazzica!
Molto chic, dottore!
(ad Antonio) Ma questa non è una casa, questo è un club!
Si divertono.
Me ne accorgo.
Devo annunziar loro che è arrivata l'eccellenza vostra?
Ma è gente che conosco?
No, eccellenza...
E allora lascia stare. Sarebbe un bell'imbarazzo per tutti. Aspetterò tranquillamente che la marchesa ritorni.
Ha comandi da darmi, vostra eccellenza?
(con circospezione e con importanza) Senti. Mi giungeranno qui lettere e telegrammi.... Tu mi capisci, eh? La marchesa non deve veder nulla, non deve saper nulla....
(tentennando il capo) Sempre lo stesso!...
(con sincera pretensione) Non c'è che fare, vecchio mio! Finchè nel mondo ci sarò io, le donne non faranno voto di castità. Va, va.
(esce, borbottando.)
ARTURO, RIVOLI, DIONIGI, SALVETTI, ALBENGA, D'ALMA.
(sedendo a suo agio) Aspettiamo.
(sporge il capo di tra le tendine, e, scorgendo Arturo, che non ha mai visto, spontaneamente esclama:) Ohè, ohè!
(si volta.)
(Dopo qualche istante, a una a una, compariscono le teste di Salvetti, di Dionigi, di D'Alma, di Rivoli, di Albenga: quella di Rivoli nel mezzo, e le altre quattro distribuite simmetricamente a destra e a sinistra di ciascuna tendina, due sopra e due sotto.)
(più col fiato che con la voce) E chi è quello lì?
(si volta.)
(tra sè) Ah ah! Il club è in agitazione. (Finge di nulla e col bastoncino tortura il pavimento.)
(entra con ostentata disinvoltura per osservare chi sia e che cosa faccia colui. Gli passa dinanzi, salutando appena) Signore....
(rispondendo al saluto) Signore....
(siede, cava di tasca il suo taccuino, e si mette a scrivere.)
(entra, e fa lo stesso giretto) Signore...
Signore... (Seguendolo un po' con lo sguardo) Ah, quello del giardino!
(si abbandona sopra una poltroncina, appoggiando i piedi a una sedia, e quindi accende un sigaro.)
(guardandolo meravigliato, come per una rappresaglia, appoggia i suoi piedi sopra uno sgabelletto.)
(entrando, si scandalizzano dell'atteggiamento confidenziale di Arturo. Gli girano intorno, parlano tra loro a voce bassa, assumono un'aria altezzosa, l'osservano con la coda dell'occhio e lo salutano impercettibilmente col capo, dicendo, tutti e tre, a fior di labbro:) Signore...
(ricambiando il saluto senza neanche accennare ad alzarsi)... Signori...
Stia, stia comodo...
Non si disturbi.
(siede molto comodamente, cava di tasca un libro e legge.)
(si sdraia e accende un sigaro.)
(siede a cavalcioni d'una seggiola, e accende una grossa sigaretta preziosa.)
(Ora, sono tutti seduti, in ordine sparso, in modo che Arturo si trova circondato da loro, a debita distanza.)
(a voce alta, tenendo d'occhio Arturo) A quanto pare, la nostra marchesa ci tradisce?
(ha un lieve moto interrogativo.)
(sospirando) Ella adora il chiaro di luna!
Aveva espresso il desiderio di sentire il mio quarto atto; e quindi noi avremmo il dovere di andarla a cercare.
Ma no! Ma no! È molto di buon gusto che una signora faccia tutta sola queste piccole escursioni. E poi, ella non ha voluto neppure che io le facessi da guida!
(con voce sottile e stanca) La mia opinione schietta è... che noi non dobbiamo muoverci di qui.
Per altro, è assai tardi, e io comincio a preoccuparmi seriamente. Facciamo così: vado io a rintracciarla...
(vivamente) Ebbene, no! O tutti, o nessuno!
(si alzano agitandosi e accalorandosi, sempre intorno ad Arturo.)
Allora, tutti.
Tutti, tutti.
Nessuno! nessuno! nessuno!
Oh, perdinci! Ognuno si regoli come vuole! Io ci vado!
Abbiamo stabilito di essere solidali, caro dottore!
«L'unione fa la forza!»
Io me ne infischio dell'unione!
(con pochissima voce) Io me ne infischio della forza!
(riscaldandosi anche di più) Ma questo non significa ragionare!
Ragionate voi, se vi piace; per conto mio, non ragiono mai e agisco sempre!
(tra sè) Sono impareggiabili!
Eccola qui!
Sì, sì, è lei!
Finalmente....
Le fanno festa, come al solito...
Finirete di bisticciarvi, eh?
ANNA, ARTURO, D'ALMA, SALVETTI, ALBENGA, DIONIGI, RIVOLI.
(indossa un capriccioso costume campestre: gonna breve e calzatura da alpinista. È carica di edera, di felci, di fiorellini. Porta in mano un bastone, sul braccio uno scialle. Entra brillantemente.) Sono qui, amici miei, sono qui.... (Vedendo Arturo, ha un gran sussulto di meraviglia) Voi!!!
(che era per slanciarsi istintivamente verso di lei, si ferma interdetto) Io.
(notano l'imbarazzo di tutt'e due.)
(con subitanea dissimulazione e con eccessiva gaiezza) Ah! ora mi spiego il contegno sibillino di Antonio...
Difatti, ho parlato con lui, e...
(animandosi maggiormente per impedirgli di aprir bocca) Come sono contenta, come sono contenta di vedervi!... Già, voi altri non vi conoscete...
Ci conosciamo da qualche minuto, ma di vista...
Soltanto di vista? Allora, faccio la presentazione ufficiale. (Presentando Arturo) Il più intimo amico di mio marito...
(interrompendola vivamente) Cioè, cioè, rettifico...
(interrompendolo a sua volta) Niente da rettificare! Questo non vi nuoce punto, non vi pregiudica... A lui, certo, non avrei permesso di oltrepassare la soglia della mia casa, e non glielo permetterei mai; ma a voi... è tutt'altro! Voi, siate il benvenuto nella nostra piccola colonia... (Ride) Ah ah ah! Avete avuto paura di essere respinto? Via, rassicuratevi, e lasciate che io compia la presentazione. (In tono solenne) Il più intimo amico, dunque, di mio marito: il duca... di Rocca... bruna.
Ma...
E a voi, duca, ho l'onore di presentare i più intimi amici miei: Fulvio Salvetti, un medico... prodigioso, Renato Albenga, un commediografo che voi già dovete conoscere di fama...
(benchè il nome gli giunga affatto nuovo) Non conosco altro!
(continuando).... Giuliano D'Alma, giovane... spiritualista, il conte Sandro Dionigi, giovane... molto chic, il signor Gustavo Rivoli, un martire... del bel sesso; e così, a occhio e croce, mi pare che non ce ne siano più.
(rodendosi dentro, e cercando di serbare, nondimeno, un contegno di superiorità paziente) Signori, ben fortunato di conoscerli, ma, vedano, la marchesa...
(impedendogli tuttora di parlare) La marchesa si fa un pregio di rendersi interprete dei sentimenti dei suoi amici. Anch'essi, anch'essi sono fortunatissimi... Siamo tutti fortunatissimi!... Qui, qui la mano, signor... duca... (Stringe rabbiosamente.) Io gliela stringo per me e per loro, chè, se dovessero fare i convenevoli uno per uno, si andrebbe troppo per le lunghe. (Ride) Ah ah ah!
(piano a Salvetti) Quei due hanno un urgente bisogno di pigliarsi pei capelli!
(con brio pazzesco) E come va, come va che siete capitato quassù? Raccontatemi.... raccontatemi.... Fatemi la diagnosi — si dice diagnosi, dottore? — sì, fatemi la diagnosi della vostra grave... risoluzione. E voialtri..., presto, liberatemi di questo po' po' di vegetali. Da che sono diventata erbivora come il signor Giuliano, ne raccolgo avidamente. Una vera frenesia!... Giuliano, Sandro... movetevi... prendete... adornate la stanza come di consueto...
Eccomi, marchesa.
(dolcissimo) Mi parrà di guastare la Primavera del Botticelli!
(continuando vivacissimamente) Guastate! Guastate!... E voi dottore, voi Gustavo, voi Renato, liberatemi del cappello, del bastone, dello scialle... (In capriccioso tono bambinesco) Dio mio, siate svelti, siate galanti, non mi fate fare una cattiva figura dinanzi a un forestiero...
(le piglia di mano lo scialle e il bastone e si allontana, osservando acutamente.)
Pel cappello, faccio io...
Faccio io...
(Si accingono tutti e due a toglierle il cappellino che è fermato ai capelli con molti spilloni.)
(Arturo è presso Anna, e aspetta, ansioso, il momento opportuno per dirle qualche parola.)
(Dionigi e D'Alma distribuiscono i vegetali nei vasi, tra i ninnoli, intorno ai quadri.)
(piano, a Dionigi e a D'Alma) Quell'uomo deve essere stato il suo amante... A me non sfugge nulla!
(quasi trattenendo le mani maldestre di Salvetti e di Rivoli) Ohi! Ohi! Poveri miei capelli!
Eh!... Si lavora...
(al profumo di lei, sente disciogliersi le ginocchia.)
Attento, Rivoli! Voi mi cadete addosso. Su! Su!
(insieme) È fatta! (A quattro mani, portano via il cappello e restano a confabulare con gli altri.)
(piano e vibrato ad Anna) Ma perchè questa sciocca fanciullaggine?
(ugualmente piano e vibrato) E voi, perchè questa audacia?
(pianissimo a qualcuno degli altri) Parlano tra loro assai concitatamente...
(ad Anna, sommessamente e con forza) Io griderò a tutti che son vostro marito!
(fredda) Gridatelo pure, ma sarete grottesco.... (Ripigliando a voce alta il tono brioso) Sicchè, voi, duca, non volete raccontarmi niente. Siete tutto confuso! tutto intontito! Io non vi riconosco più. Vi trovo trasformato, e anche un po' invecchiato! Anzi, invecchiato, soprattutto. E, d'altronde, se così non fosse, perchè dovreste voi preferire questo cantuccio selvatico a tutti i centri della civiltà estiva? Sono forse spariti Aix-les-bains e Ostenda? Sono sprofondati Viareggio e Vallombrosa? Sono stati aboliti i cafés-concerts e i circhi equestri? Insomma, che cosa vi accade? da quale parte del mondo venite? di quale paradiso siete voi stanco? quali delizie avete abbandonate? quante donne? quante mime? quante odalische? quanti harem?.. Ma parlate, parlate....! Perchè non parlate?
Se parlate sempre voi, marchesa! Avete il punto interrogativo a ripetizione... come una mitragliatrice. Quando avrete esaurita la carica, tenterò di parlare io.
Nel vocabolario degli uomini è scritto: «Parlare» vedi «mentire».
Allora, per dire tutta la verità, marchesa mia, tacerò.
(a D'Alma, quasi all'orecchio) Mio buon signor Giuliano, è il momento d'andar via.
Ma intanto sedete, duca. Amici miei, aiutatemi a far gli onori di casa. Una sedia al duca, presto! presto!
(prendono ciascuno una sedia e si affrettano ad avvicinarla ad Arturo.)
Oh, grazie!... In ogni caso, una mi basterebbe; ma non serve....
Sono pieni di brio questi signori!
È evidente. Peccato però che questa sera io non possa goderne più oltre. Ho fatto un lungo viaggio, ecco; e, del resto, mi pare di aver già troppo disturbato la... piccola colonia, e non voglio abusarne. Finchè io non cessi di essere un... intruso, sarà meglio che io non sia neppure un importuno. (Rivolgendosi ai cinque) Non è vero?
(Nessuno dice nulla. — Tutti hanno l'aria di non rispondere, in segno di ostilità, guardando altrove, atteggiandosi a distratti. Qualcuno finge di togliersi con le dita un po' di polvere.)
Prego, prego: non protestino così energicamente! La loro cortesia e quella della marchesa non m'impediranno di credere che quando si vive felici in due... o in sei, colui che giunge terzo... o settimo, non può, là per là, riescire eccessivamente gradito. Ma non c'è da impensierirsene, veh! (Gentilissimo e altero, con un sorrisetto leggermente canzonatorio) Il tempo è buon diplomatico, e vedranno, vedranno che, a poco a poco, ci accomoderemo! Marchesa... fatelo intendere voi ai vostri amici che ci accomoderemo. Non sarà del tutto inutile che essi comincino ad abituarsi a un tal pensiero, perchè..., tanto, non c'è che fare: io ci sono... e ci resto.
(con lieve e involontario impeto) Ah, questo poi!..
(interrompendola con umiltà ostentata) Io sono venuto a mettermi ai vostri piedi, marchesa; e non è colpa mia... se ci si sta così bene! (Salutando) Signori..... (Esce.)
ANNA, D'ALMA, SALVETTI, ALBENGA, DIONIGI, RIVOLI.
(Anna resta irritata e concentrata in sè stessa, ruminando sulla sfacciataggine di Arturo. Salvetti, Dionigi, Rivoli e Albenga si scambiano occhiate eloquenti e sono d'accordo nella decisione di dover lasciare in pace la marchesa. Prendono i loro cappelli e si dispongono a salutarla.)
(di scatto) Albenga!
Ai vostri ordini....
Non mi dovevate leggere il settimo atto della vostra commedia?
Semplicemente il quarto, marchesa.
(recisamente) Leggete!
(guardando gli altri con un sorrisetto di orgoglio e di trionfo) Per farvi cosa grata.... (Depone il cappello, cava di tasca lo scartafaccio, lo apre, prende posto presso il tavolino su cui sono la bottiglia e il bicchiere.)
(siede, voltando la schiena ad Albenga e pensando in modo visibile a tutt'altro.)
(le si accosta di dietro e, serio e prudente, si accomiata) Marchesa....
E non volete sentire?
Vi dirò.... Io credo che stasera sia arrivato un medico meno... prodigioso di me, ma più pratico. Per esperimentare me in un'indimenticabile giornata di nevrosi, vi fu necessario che... un cavallo vi tirasse un calcio. Per esperimentare lui, sembra vi sia necessario... che un autore vi legga una commedia. In attesa del risultato, però, io, provvisoriamente, rassegno le mie dimissioni.
(alzando le spalle sgarbatamente) Albenga, leggete.
(s'inchina ed esce.)
(in piedi, imbarazzati, confabulano tra loro.)
(legge, scandendo le parole come se ognuna di esse fosse una gemma dovuta alla più alta ispirazione:) «Il palcoscenico rappresenta un parco incantevole. Nella gran luce meridiana, i fiori appena sbocciati effondono una fragranza sensuale, quasi palpabile. — Si ode il ronzio di una vespa. — Poi, un lungo, un lunghissimo silenzio.»
(timidamente) Perdonate, marchesa, noi vorremmo profittare di questo silenzio... per salutarvi.
(vedendo i tre in atteggiamento di commiato) Ah? Ve ne andate anche voi?
La vostra anima, Anna, stasera è altrove...
(in fretta) Be', andate a raggiungerla, e tanti saluti da parte mia! Buona sera, buona sera a tutti!
(s'inchinano insieme, ed escono.)
(sta tuttora con la schiena rivolta ad Albenga ed è sempre più distratta.)
(dopo una breve aspettazione) Ci siete, marchesa?
Io ci sono... (Guardandosi intorno come se solo ora si accorgesse della partenza di tutti gli altri) ... e il bello è che non ci sono che io.
(con competenza) Le riunioni intellettuali, più sono ristrette, meglio riescono.
Questa non potrebbe essere più ristretta di così! Vi ascolto.
(legge:) «Scena prima. Cammilla e Tulio.3 Essi lentissimamente si avanzano e seggono presso... una fontana. Cammilla: — sollevando un poco il capo — Era dolce, ieri sera, la vostra voce grigia! — Tulio: — tendendo verso lei il braccio destro — Perchè, voi, Cammilla, voi eravate... in me!»
(seguendo il corso delle proprie idee) In fondo, è una delle solite malignità!
Cosa!?
Quella che ha detto il dottore. «È arrivato un medico più pratico»!... Con quale diritto egli lo asserisce? (Alzandosi rabbiosa) Con quale diritto?... Leggete. (E passeggia bruscamente, senza ascoltare.)
Leggo, marchesa. (Legge:) «Cammilla: Era dolce, iersera...» Ah, no!... Questo l'ho letto. (Cercando:) «Tulio... Tulio... tendendo il braccio»... eccetera... Ah, ecco! (Legge:) «Cammilla: — Sì, io ero in voi, io ero in voi, e adesso tutto mi è chiaro. — Con slancio: — Nulla di strano, o Tulio...»
E lo dico anch'io! Nulla di strano! Che c'entra la nevrosi? Arriva un amico di mio marito all'impensata. Ciò mi secca, m'irrita, mi turba!... Ma che significa tutto questo? Che significa? Che può significare? Nulla di strano! Leggete leggete... Leggete, sì o no?
(si alza paziente) Marchesa, stasera, ve lo confesso, non sono in vena...
Ora comprendo perchè v'interrompete sempre! Potevate dirmelo prima!
Se vi fa piacere, leggerete voi stessa! (Un breve silenzio) Me ne posso andare?
Oh, altro!
(versa l'acqua, ne beve solennemente, e saluta con dignità, lasciando lo scartafaccio sul tavolino) Marchesa...
(senza badargli, lo saluta con la mano) Arrivederci, arrivederci.
Buona notte!! (Esce.)
ANNA, ANTONIO, ARTURO.
(tocca il bottone del campanello. Suono interno.)
Antonio!
Eccellenza?
Presto, chiudete il cancello del giardino e la porta d'ingresso, e andate a letto.
(indugia.)
Avete inteso? Che aspettate?
Se vostra eccellenza permette....
Vi ordino di chiudere!
(entrando) Obbedite alla vostra padrona, Antonio.
(mordendosi le labbra) Ah, no! Adesso, non voglio.
(ad Antonio) Chiudete bene, togliete le chiavi per maggior prudenza, e serbatele voi.
È la mia abitudine.
(ad Antonio) Ve lo proibisco!
Vostra eccellenza non mi ha comandato appunto di chiudere?
(irritatissima) Meno parole, Antonio!
(si allontana, guardando Arturo con la coda dell'occhio.)
(come per un accordo preso, gli fa cenno di chiudere.)
(esce.)
ANNA, ARTURO.
Entrare a quest'ora nella casa d'una signora, così, senza neppure farsi annunziare, è sconveniente.
(tranquillo, e, a un tempo, altero, galante e scherzoso) Perfettamente giusto. (Siede.) Senonchè, voi non tenete conto di una circostanza piuttosto importante.
Cioè?
Cioè... che io... sono vostro marito.
Per un marito poi..., giacchè ci tenete tanto a esserlo,... l'entrare a quest'ora, all'improvviso, nella casa della moglie, è un'imprudenza!
Giustissimo anche questo. Ma trascurate un'altra circostanza non meno importante. Ed è... che la moglie... siete voi.
Fidate così ciecamente nell'onestà mia?
Io fido, soprattutto,... nel tuo amore.
Codesta è megalomania, mio caro!
Che paroloni! Chi te li insegna? Quel dottore?... Ma non è il caso. Si è amati, perchè si è amati, e non già perchè se ne sia degni. Tu mi ami, tu mi adori: ecco tutto. Dimostrami il contrario, se puoi.
Io te l'ho dimostrato da un pezzo il contrario!
E io non me ne sono mai accorto.
Hai dimenticato che non appena mi seppi tradita mi allontanai dal domicilio coniugale?
Ma s'intende! Per amore.
Hai dimenticato che lasciai anche la città che tu abitavi?
Per amore.
E alla tua lettera, alla tua lettera umile in cui mi scrivevi che saresti venuto a cercarmi e a supplicarmi, non risposi forse seccamente che ti avrei scacciato?
Per amore, bambina mia, per amore.
Ah, va benone! Con questi criteri fai presto a convincerti che io mi strugga per te. Ma il fatto è che tu mi hai trovata qui, sola, in una campagna disabitata, qui, felice, allegra, indipendente, in mezzo a un circolo di uomini d'ogni genere, ciascuno dei quali mi ci ha seguita col solo scopo di farmi la corte!
Sono in cinque!
Io potrei averne scelto uno.
Sarebbero andati via gli altri quattro.
Potrei averlo scelto oggi, potrei averlo scelto un quarto d'ora prima del tuo arrivo....
Ma che! Il mio arrivo ti ha così commossa!
Non mi ha commossa: mi ha turbata!
Ti avverto, bambina mia, che ti affatichi inutilmente a suscitare in me dei sospetti.
(seccata ch'egli non voglia sospettare e decisa d'indurlo furbescamente al dubbio, dopo una pausa, si alza, e gli si fa dappresso, interrogandolo più con gli occhi che con la parola:) Dunque... voi non credete verosimile... che io abbia... un amante?
Non lo credo verosimile.
(con una intima rabbietta) E non credete possibile che, mentre voi state a parlarmi con una così stucchevole alterigia, io nasconda lì, lì, nelle mie camere, un uomo che io ami o che mi piaccia?
Non lo crederei neppure se lo vedessi.
(ferocemente minacciosa) Arturo!... Arturo!..
Evvia, non c'è ragione di fremere come una piccola belva in gabbia...
Pensate che se quello che vi sto dicendo fosse vero, nessun marito sarebbe stato mai più comico di voi.
Dio buono, se fosse vero, tu non me lo diresti.
(con una subitanea ispirazione) E se io vi avessi detta la verità con la speranza di farvela parere una menzogna?
(si sente colpito, ma dissimula.)
(intende, e, soddisfatta, lo guarda di sottecchi.)
(rasserenandosi di nuovo, sinceramente sorride.) Bah! (Le si accosta, e le solleva il mento con le dita, come farebbe con una fanciulletta.) Non si può essere nel medesimo tempo Desdemona.... e Jago.
(deliberata a conseguire, comunque, l'intento di tormentarlo, comincia a mostrare d'essere rassicurata dalla fiducia di lui come se davvero ella dovesse nascondere qualche cosa a qualcuno.)
(abboccando un po' l'amo, senza confessarlo a se stesso) Per essere Jago, bambina bella, si ha da avere, per lo meno,... la testa a posto. Non hai pensato che io ho avuto agio di vedere uscire dalla tua casa, uno per uno, i tuoi adoratori?
(continuando il giuoco) Tutti e cinque... naturalmente...
Ma sì... tutti e cinque...
E li avrete anche visti giungere... tutti e cinque... sino alla porta dell'albergo...
(scosso) Proprio sino alla porta dell'albergo, no... Non potevo mettermi alle loro calcagna. Ma che monta?
Oh, certo!... Che monta...? Una volta che siete sicuro ch'essi sono usciti di qui,... non avete bisogno di sapere null'altro. Questo è un particolare esauriente. (Pausa.) Ebbene, se è così,.. buona notte!
(lievissimamente preoccupato) «Buona notte»!?
È tardi. È ora di andarvene.
Andarmene, io! Lo dici per ischerzo. Antonio, che ci è devoto,... era d'accordo con me, e ha chiuso, indubbiamente, porta e cancello. Non vorrai constringermi a svegliare quel brav'uomo,... a umiliarmi dinanzi a un domestico... D'altronde, perchè non concedere a me, per una notte, l'ospitalità che, in campagna, avresti il dovere di offrire a ogni più estraneo forestiero?
(sempre lasciando scorgere di stare sui carboni ardenti e ostentando la difficoltà di sembrare disinvolta) Sì... ma... come fare?... Di là (indica a destra) non c'è che una stanzaccia senza mobili... che non si può abitare... Volete vederla?... Completamente vuota! E di qua (indica a sinistra) c'è il mio quartierino, così angusto... che..., per decidermi ad accogliervi un forestiero, non so davvero quali... connotati lillipuziani dovrebbe avere costui. (Con artificiosa perplessità e relativa disinvoltura, chiude l'uscio della sua camera.) In conclusione, sono dolente, ma non posso!
(osserva e diventa più preoccupato) Eppure, io scommetto che se facciamo insieme una breve perlustrazione nel quartierino angusto, troveremo come risolvere questo problema.
(simulando, con vigile furberia, uno scatto involontario) Ma io non vi permetterò di perlustrare!
Non esageriamo, non esageriamo... (Inquieto) Bambina mia, tu me lo dovrai permettere.... (Cercando di fingersi ancora calmo e galante) In qualità di... defunto marito, non è eccessivo ch'io abbia il desiderio... postumo... di cacciare uno sguardo nei segreti della mia vedovella.
(con tono incalzante e con atteggiamento serissimo, sempre più felice ch'egli càpiti nel tranello) Arturo! Non vi ostinate in questo desiderio...
(perdendo la pazienza) Anna! Non vi ostinate a prolungare una burletta che sta per divenire fastidiosa per voi e per me...
(mostrandosi assai agitata) Difatti, sta per divenire fastidiosa... E io vi supplico di troncare...
Sì, tronchiamo! (Andando risolutamente verso la porta) Io debbo entrare in quella stanza....
(nascondendo l'intima gioia nella tragicità apparente e mettendoglisi dinanzi per impedirgli di entrare) Voi non ci entrerete!
(acceso d'ira) Ah, basta, vivaddio! (Le afferra un braccio.)
No! Non voglio! Non voglio!...
Ma sono io che lo voglio!...
No, Arturo! Per pietà, no, no!...
E vi giuro, Anna, vi giuro (scostandola con violenza) che ci entrerò!
(getta un grido.)
(si precipita nella camera.)
(battendo le mani bambinescamente, raggiante di esultanza) Gliel'ho fatta! Gliel'ho fatta! Gliel'ho fatta! (E resta a spiare, ansiosa.)
(rientrando, si ferma, annichilito.)
(nel vederlo, scoppia in una risata sonora) Ah ah ah! Ah ah ah!...
(non sa egli stesso se è più arrabbiato del tiro birbone o più compiaciuto della innocenza di lei) Non c'è che dire... Ci sono cascato!
(ridendo più forte) Ah ah ah!... Ah ah ah!
Un capogiro... Un'istantanea allucinazione, e mi sono lasciato prendere... Mi darei degli schiaffi!...
(ridendo a crepapelle) Ah ah ah!... E siete voi che un momento fa non credevate possibile ch'io nascondessi un amante? Ah ah ah! Ah ah ah! Siete voi che dicevate che neppure vedendolo ci avreste creduto?... Ah ah ah!... Che ridere! che ridere!.. Tutto sommato,... un marito può anche essere una cosa molto divertente! (Si abbandona come stanca su una sedia.)
Se ti pare di aver riso abbastanza, vorrei proporti di parlare un poco sul serio.
Esattamente quello che io volevo proporre a voi.
Io ho avuto dei torti...
Nientemeno che una confessione?!
Questo l'ho sempre confessato. Ma se fui... piuttosto colpevole, ho poi, in compenso, tollerato tutte le bizzarrie della tua emancipazione senza misura e senza freni, e ho scontati i miei torti mettendomi a viaggiare il mondo, solo e derelitto!
(interrompendolo) Come se il mondo non fosse pieno di donne!
Sarà pieno di donne, ma io non ne ho trovata neppure una!
Guarda che combinazione! Io invece non riesco a trovare un uomo!
Allora, mi sono detto...
(interrompendolo) «Meglio quella che niente».
Ma nossignora! Mi son detto: (con gentilezza affettuosa) «meglio... ricominciare da capo». (Insinuante) Anna, conveniamone: dal punto di vista sociale, io sono stato punito... Altre punizioni non ne merito... Ciò che possiamo fare di più logico è di ricominciare da capo, veramente. Vedi:... la notte... il silenzio della campagna... e questa dolce aria balsamica... sono le circostanze più propizie che si possano desiderare. (Pausa.) Vuoi?...
Eh!... Lo so.... La notte... il silenzio della campagna... il balsamo dell'aria... due anni di separazione!... Bella forza! È facile di vincere una donna così. È facile!... Se anche io fossi una fortezza, potrei... come si dice?... potrei capitolare... per mancanza di viveri. E io, che non poso a casta Susanna, non raccapriccerei mica a questo pensiero. Oh, no! Ma riflettete: è un matrimonio quello che contate di riorganizzare o è un faux ménage? Un matrimonio, nevvero?... E dunque, Arturo, ve ne prego, siate saggio. Se proprio intendete di ricostruire l'edifizio matrimoniale, aspettate... che io venga a voi. E se il nuovo edificio ha da essere... di carta, fate che la responsabilità pesi tutta intera su me, affinchè voi, in ogni caso, possiate dirmi: «Sei tu che l'hai voluto!» Mi comprendete?
In parola d'onore, no. Tu dovresti scrivere dei libri. Nessuno ti capirebbe, e così diventeresti celebre. Ma, per accontentarti, (sospira)... aspetterò!
(festosissima) Intanto... io non pretendo che voi andiate a umiliarvi dinanzi a un vecchio servo. La notte è breve; voi resterete in questo salotto; e il marchese di Fontanarosa è così perfetto cavaliere che sarà lieto di rispettare i limiti dell'ospitalità che gli concedo.
In questo salotto?!... Solo... come un cane?!
Tra le braccia... di una poltrona!
Ci vuol altro, ci vuole!
(ripigliando il suo tono birichino e affaccendandosi gaiamente) Anzi, anzi... voglio preparare io stessa il vostro letto... Lasciate fare a me... (Al tavolino su cui sono lo scartafaccio di Albenga e una lampada, avvicina una delle poltrone più comode.)
Ma no, non ti dar pena, non ti dar pena...
Lasciate fare a me... (Congiunge alla poltrona una sediolina tappezzata, formando una dormeuse.) Così!... Così!... Benissimo... (Spegne i lumi, eccetto quello che è sul tavolino, e piglia un paralume a ombrello) Preferite la mezza luce o l'oscurità completa?
Eh,... tanto... è lo stesso! Nella mia situazione!...
Facciamo la mezza luce?
(condiscendente) Facciamola pure.
(pone il paralume sulla lampada, e indica la poltrona) E ora, qua!
Oh Dio, mi ci collocherò quando sarai andata a dormire...
(capricciosamente) No no no no! Devo mettervi a posto con le mie mani. Altrimenti non ho la coscienza tranquilla. (Lo prende per le braccia, lo trascina sino alla poltrona e lo fa sedere.) Distendetevi.
Santa pazienza! (Distende le gambe sul sediolino) Mi sono disteso.
Bravo!... Starete divinamente! E siccome la notte, in queste boscaglie, è sempre un po' freschina, ecco il mio scialle. (Lo odora un po' graziosamente e lo fa odorare ad Arturo.) Esso è abbastanza gentile e profumato. (Gli copre i piedi e le gambe con lo scialle) A meraviglia! E adesso che i diritti e i doveri dell'ospitalità sono salvi, marchese mio, buon riposo.... (S'allontana.)
(sospirando) Altrettanto! (Quando Anna sta per uscire, fa un movimento come per alzarsi.)
(severa) Eh?!
Non mi muovo!
(sulla soglia, voltandosi a lui) Alla cuccia!
Se l'ho detto, io!... Come un cane!
(esce e chiude a chiave la porta.)
Auff! (Pausa.) (Guardando un po' la porta di Anna) È un incidente molto doloroso questo!... Imprevedibile!... Quando poi si dice: il focolare domestico!... (Distrattamente, piglia di sopra il tavolino lo scartafaccio) Che è?... Ah! dev'essere uno dei capolavori di quell'illustre autore (Pensa:) «Albenga!...» Mai sentito nominare! (Legge:) «Il palcoscenico rappresenta un parco incantevole. Nella gran luce meridiana, i fiori... appena sbocciati... effondono una fragranza sensuale, quasi palpabile.» (Sbadiglia) Interessante! (Guardando un po', un altra volta, la porta di Anna) Se osassi.... (Riflette) No...!... (Legge:)... «Si ode il ronzio di una vespa!!! Poi un lungo, un lunghissimo silenzio. Scena prima: Camilla e Tullio.» (Sbadiglia. — Legge:) «Essi entrano lentissimamente e seggono presso una fontana. Camilla: sollevando un poco il capo....» (Gli occhi gli si chiudono — Li riapre continuando a leggiucchiare:) Era dolce iersera la vostra voce... la vostra voce... grigia... grigia... gri.... gri... (È vinto dal sonno.)
(Di nuovo il rumore delle chiave nella serratura.)
(in un accappatoio bianco, con i capelli un poco scinti, sporge la testolina dall'uscio semi-aperto e chiama sommessamente:) Arturo! Arturo!... (Pausa. — Tra sè:) Possibile?!... (Si avanza sulla punta dei piedi sino a lui. Di dietro la poltrona, dall'alto, lo guarda. Spalanca gli occhi dallo stupore.) Dorme!!... (Pausa.) Dopo due anni!... (Coi pugni stretti sta quasi per picchiargli la testa, ma si trattiene. Con una fisonomia di sdegno e di disprezzo, piano piano, si avvia per uscire a sinistra. Dinanzi alla porta, si volta, sogguardandolo ancora).... Ed ecco i mariti! (Esce.)
La medesima stanza, inondata festosamente dalla luce del sole.
ANTONIO, FILIPPO, ARTURO.
(dorme, disteso sulla poltrona. Il lume è tuttora acceso.)
(con passo lieve, si accosta al tavolino, prende il lume e lo spegne. Indi, senza far rumore, comincia a rassettare.)
(entrando) O don Antonio, ho da farvi una domanda....
(molto sommessamente) Abbassa la voce, Filippo. Non vedi che c'è qualcuno che dorme?
(curiosando) Una faccia nuova!
(misteriosamente) È il mio padrone: il marito della signora marchesa.
(Restano presso la porta comune, parlottando col fiato.)
E quando è arrivato?
Iersera; ma acqua in bocca!
Perchè?
Credo che, per ora, non se ne debba dir niente.
Sono una tomba! Ma che è? Non poteva andare a dormire (indicando furbescamente l'uscio delle stanze di Anna) un po' meglio di così?
Ignorante! Per chi lo pigli?
O bella! È o non è suo marito?
Si, ma... fra i nobili... non c'è più quest'uso.
Ah!... Ognuno per conto suo?
Si capisce!... Sbrigati con la domanda.
Volevo dirvi.... Laggiù, all'albergo, si parla di partenza.
Be'?
Quel signore ammalato....
Il signor Rivoli?
Appunto. Che roba è?
Come sarebbe a dire?
Sono due mesi che mia moglie e la mia figliuola gli lavano la biancheria, glie la stirano, lo servono... proprio di tutto, e sinora, neanche un soldo!
Fatti pagare, Filippo, perchè quello lì, o che parta o che resti, muore da un momento all'altro!!!
Per San Crisostomo! (Esce correndo.)
(ridendo tra sè) Poverino! (Continua a rassettare, sulla punta dei piedi.)
ANTONIO, ANNA, ARTURO.
(in elegante toilette di mattina, entra dalla sinistra e, vedendo Arturo, esclama.) Dio mio! Dorme ancora!!!
(inchinandosi) Eccellenza!
Portate una tazza di caffè al signore.
Era pronta, eccellenza. (Via.)
(va dinanzi a uno specchio aggiustandosi i capelli.)
(ritorna recando il vassoio con la tazza di caffè, e chiama con mitezza:) Eccellenza! Eccellenza!
Più forte, Antonio, più forte!
(alzando la voce) Eccellenza!
(con un soprassalto) Eh!... Che accade?
(assiste alla scenetta restando indietro, in modo che Arturo non la veda.)
Il caffè, eccellenza. (Gli mette la tazza davanti.)
(tutto assonnato) Perchè il caffè? Ah già.... Ma no!... Ho forse dormito, io?
(avanzandosi) Hai dormito dieci ore! Per un marito che veniva a sedurre sua moglie, hai fatta una brillantissima figura!
(esce.)
Si dice che chi dorme non pecca. Io... non ho peccato.
(sospirando) E nemmeno io!
Hai finito di sorseggiare?
Finito.
E adesso, una buona stretta di mano e rimettiti in viaggio.
Niente affatto, carina mia. Se credi d'essertela cavata con una tazza di caffè!...
(interrompendolo con bontà amicale) Ascolta, Arturo: tutto sommato, il tuo sonno è stato provvidenziale. Senza di esso, io avrei forse finito col commettere... una follia, e ciò mi avrebbe poi disgustata, per la semplice ragione che io non ti amo più e che tu non mi amasti mai. Intanto, visto che a questa faccenda dell'amore noi donne non abbiamo ancora il buon senso di rinunziare, ciò che presto o tardi dovrà accadere a me tu puoi prevederlo....
A te non accadrà nulla, Anna, se nulla ti è accaduto sino ad oggi.
(incalzante) Ma nulla mi è accaduto sino ad oggi perchè gli uomini dei quali mi sono circondata non hanno saputo amarmi neppur loro. È inutile! Non se ne trova più uno che sappia amare!
Ebbene, che speri? che vagheggi? che aspetti? Giacchè siamo tutti uguali, oggi è per te come ieri, domani sarà come oggi. E tu passerai di delusione in delusione aspettando la mosca bianca, l'araba fenice, l'uomo eccezionale, il nuovo apostolo dell'amore!...
(incalzando ancora più) E quando avrò atteso lungamente l'uomo eccezionale che non c'è, verrà un giorno in cui, non potendo più rassegnarmi alla rinunzia, mi deciderò a transigere.
Transigi con me, dunque, bambina mia, e se non avrai conseguita tutta la felicità che sognavi, avrai in compenso compiuto il tuo dovere di donna onesta!
Questo è ciò che più accomoderebbe a te....
E anche a te, se la transazione è inevitabile....
(recisamente) Io comprendo che si possa transigere con un amante, ma con un marito mai!
Hai torto, perchè con un marito, almeno, la cosa resta in famiglia!
Arturo, non impedirmi di volerti salvare. Ti ho già mascherato al cospetto di quei signori per non subire la imposizione della tua presenza. Non hai che a profittare del mio espediente così ben riuscito per andartene in santa pace. Separato da me, checchè avvenga, tu sarai... abbastanza salvo: se non altro, nessuno potrà ridere alle tue spalle. Ma vicino a me, che cosa ci staresti a fare? O diventeresti il solito marito ingannato, o saresti l'eterno candidato all'inganno!
Spauracchi bambineschi! L'adulterio, cara mia, ha fatto il suo tempo.... Oramai, le mogli pervertite tradiscono i loro amanti per i loro mariti, e quelle virtuose, come te, per i loro mariti tradiscono i loro adoratori. Che cosa starei a fare vicino a te?... Starei a dimostrarti che un matrimonio non si liquida come si liquiderebbe un bazar: no, no, perbacco!, e che io (con serietà energica) ho qui una moglie alla quale non mi piace di rinunziare, e ho un diritto che voglio esercitare!
Ah!... Lalà!... Se tu avessi... cominciato col parlarmi così, io non avrei avuto niente a ridire! (Risatina) Un diritto da esercitare? È la legge, dunque, che invochi? Niente meno che la legge?!... Ma va benissimo. Siamo d'accordo! Ed io ti esorto a non perdere più un minuto di tempo e a prendere possesso immediatamente del tuo ufficio. Soltanto, deploro che per riconquistarmi tu non abbia saputo fare che queste tre cose: — prima: chiedermi un'avventura, così, su due piedi; seconda: addormentarti saporitamente; terza: chiamare in tuo soccorso la legge. Dei mezzi veramente irresistibili!
(siede, e, con la sua aria negligente, accende una sigaretta, voltando le spalle ad Anna.)
Resti?
Lo vedi.
E poi?
E poi... fumo.
Bisogna convenire che hai ridotto il matrimonio alla più semplice espressione! (Esce a sinistra.)
(tra sè) Santa pazienza!
ANTONIO, ARTURO, indi ANNA.
Eccellenza.
Che c'è?
(annunzia in un tono stentoreo da usciere tribunalesco:) Il conte Dionigi, il dottore Salvetti, il signor Giuliano D'Alma, il signor Gustavo Rivoli, il signor Renato Albenga.
Nessun altro?
Nessun altro, eccellenza.
E che vogliono da me?
Da vostra eccellenza, proprio nulla.
E allora, annunzia alla marchesa.
(rientrando, calma e cinica) Ho già sentito, ho già sentito!...
(ad Anna, sinceramente meravigliato) Ma cos'è? A quest'ora si principia qui?
A qualunque ora. Anzi, stupisco che si facciano annunziare. Hanno l'ingresso libero. (Con caricata deferenza) Ma se tu vuoi ch'io non li riceva, non hai che da comandare. Sei ritornato in carica, e una delle prime attribuzioni di un marito è quella di regolare... l'entrata e l'uscita degli amici della moglie.
(noncurante) Ma che escano! Ma che entrino! Ma che facciano quello che vogliono! Se aspetti che io mi occupi di loro, hai un bell'aspettare! Antonio, mandate a prendere le valige che ieri sera lasciai all'albergo; e fatemi ammobigliare poi la stanza, che è stata sinora vuota, (indicando la destra) il più accuratamente possibile. E mi raccomando, eh?: che almeno il letto sia buono.
Ci penso io, eccellenza, ma, in verità, non sono sicuro che la stanza possa essere pronta per questa notte. Siamo in campagna e....
Per questa notte... (dando una occhiata significativa ad Anna) non sarà indispensabile.
(tra sè, ironicamente) Che piacere!
Sta bene, eccellenza. E quei signori?
Per conto mio, passino pure.
(ad Antonio) Avete udito? (Nel medesimo tono, ma più forte) Passino pure!
(anche lui nel medesimo tono, e anco più forte, andando verso la comune:) Passino pure!
(sta per uscire a sinistra.)
E che? Te ne vai?
Naturale. (Via.)
ANNA, ALBENGA, SALVETTI, RIVOLI, D'ALMA, DIONIGI.
(I cinque amici sono in abito da viaggio, chi con una spolverina sul braccio, chi con una spolverina infilata appena, chi con qualche borsa in mano o penzolante da una tracolla. Ognuno nel suo tipo. D'Alma porta una pila di libri. Dionigi è più che mai elegante. Entrano, l'uno dopo l'altro, in fila, in processione, e, malinconicamente, in silenzio, serbando un contegno corretto ed esprimendo, con le loro fisonomie, prudenza, rammarico, rassegnazione, restano allineati come fantocci. Quello che precede è Rivoli.)
(dopo una lunga pausa) Ebbene?... Che c'è? Qualche cosa di singolare? Qualche cosa di molto grave?
(con sussiego) Non vedete che... siamo in procinto di partire?
Tutti?
(decorosamente) Tutti!
Una risoluzione così brusca e così collettiva mi dà l'idea d'una congiura. E, difatti, mi sembrate davvero dei congiurati.... Alla larga!
(Essi si guardano tra loro. — Un silenzio.)
Ma parlate, almeno!... Parlate!... Spiegatemi questo enigma in azione!... Quanto a voi, Rivoli, avete proprio torto di partire! L'aria di qui vi faceva tanto bene!... (Sottolineando) L'intera famiglia del giardiniere me lo ha detto!
Marchesa, io ignoro quale diceria sia potuta giungere sino al vostro orecchio. Ma è meglio sorvolare!... Io parto... noi partiamo... per ragioni... indipendenti dalla nostra salute!
Affari urgentissimi, marchesa....
Mi si scrive che si organizzano delle conferenze feministe... e sono io che devo dare l'intonazione.
Mi si scrive che si organizza un meeting di corse, e sono io che devo trenare....
... i vostri cavalli, beninteso.
Non capisco chi altro potrei accingermi a trenare, marchesa....
E voi, Giuliano?... State per abbandonarmi anche voi?...
(sospirando) Aimè, marchesa... la benda mi è caduta dagli occhi.... Io mi sono accorto....
(ansiosa) Di che?
Di essere un uomo come gli altri!
Pare impossibile!
E vi confesso di aver sentito, da ieri sera, che, a dispetto dei miei principii, io non riesco ad astrarmi dalla miseria della vita reale.
Da ieri sera!?... Ma allora l'enigma è risolto! La causa di questa fuga generale non può essere che il nuovo arrivato! Ne sareste tutti gelosi?!...
(vivacissimamente) Io, no!
Negate con troppa fretta perchè io me ne convinca.
Non è gelosia, marchesa. Se voi foste ... il dividendo di una società in accomandita, non ci sarebbe da confondersi. Potremmo essere pure in dieci, e io non me ne lamenterei!
Dottore mio, come vorreste che dieci uomini si dividessero l'amore d'una sola donna, se dieci donne non bastano a innamorare un uomo solo?
Marchesa, non facciamo dell'aritmetica inutile. Mi permettete di mettere le carte in tavola?
Mettiamole.
Qui, oramai, si viveva tranquillamente, pigliando un po' il fresco e un po',... di tanto in tanto, qualche granchio a secco..., che non procurava, del resto, troppe emozioni. Finchè ognuno di noi cinque era convinto del fiasco degli altri quattro....
Aritmetica anche questa!
... nessuno aveva ragione di affliggersi e nemmeno di deporre le armi. Si sa! Una speranza poteva sempre sorriderci a ogni sorgere di sole. Ma poichè il sole di oggi ci ha annunziato la vostra... luna di miele, alla quale non è estremamente piacevole di assistere, non c'è da illudersi. Il posto unico che era o pareva vuoto è stato occupato per lungo e per largo... da iersera... a stamattina. Le speranze sono irreparabilmente svanite; e noi ce ne andiamo, perchè,... qui,... non abbiamo... più nulla... da fare!
(a tutti) Sicchè, in sostanza, il nuovo arrivato sarebbe il mio amante?
(sorridendo con superiorità) Marchesa... non è facile sottrarsi alla mia vigile osservazione.
Insomma, è o non è il mio amante?
(con la sua grande importanza) Lo è!
(duro) Lo è!
(brioso) Lo è!
(sfinito) Lo è, lo è, lo è!
(sospirando) La materia ha vinto!
Si ha un bel dire, ma, vivendo in mezzo a una eletta schiera di persone esperte, tra cui stanno, per giunta,... un fisiologo (accennando a Solvetti) e uno psicologo (accenna ad Albenga), è assolutamente insperabile di nascondere la verità! (Pausa) E così, l'ora della separazione è suonata. Chi sa quando c'incontreremo... perchè io resto ancora qui a pigliare il solito fresco e, forse, qualche granchio a secco di più. Mi duole che ve ne andiate... Molto mi duole; ma comprendo i vostri sentimenti, e non oso chiedervi dei sacrifizi.... Addio!
(vanno verso di lei, stendendo il braccio, conte per stringerle la mano.)
Un momento!... (Con mestizia ostentata) Vi chiedo in grazia di non partire senza avere stretta la mano anche... a lui. Non volete?
Veramente, io... non ne sentivo il bisogno...; ma se è necessario....
Sì, è necessario! (Accostandosi alla porta a sinistra e chiamando) Arturo! Arturo!... Vieni qua... Te ne prego....
(piano, agli altri) Ha una bella faccia tosta questa signora!
ARTURO, ANNA, ALBENGA, SALVETTI, RIVOLI, D'ALMA, DIONIGI.
(entra, inchinandosi appena.)
I miei amici stanno per partire....
Ah?
... e hanno espresso il vivo desiderio di salutarti....
Grazie....
(rivolgendosi ai cinque) E a voi, signori, chiedendo scusa d'una mistificazione innocua, il perchè della quale è un piccolo segreto domestico, io presento, tardi ma in tempo, il marchese di Fontanarosa, mio marito.
(hanno un moto istantaneo di meraviglia e di gioia.)
Come come come come?!!...
Vostro marito!
Vostro marito!
Ne vorreste le prove?
Ma che prove! Ma che prove! Se si vede a colpo d'occhio!
(circondano Arturo, stringendogli la mano con effusione.)
Oh, che bellissima sorpresa!...
Una sorpresa deliziosa!
Molto di buon gusto, parola d'onore! Molto chic!
La marchesa non poteva offrirci nulla di più geniale!
Io sono indicibilmente felice di conoscere di persona un uomo che, attraverso uno squisito temperamento di moglie entusiasta, il mio intuito aveva già saputo apprezzare!
(commosso) Lor signori mi mortificano. In fede mia, non mi aspettavo un'accoglienza così cordiale, così festosa, perchè,... siamo schietti,... un marito che arriva dove e come sono arrivato io, è peggio d'una tegola sul capo!
(protestando) Ooooh!
Un marito come lei non è mai una tegola!
(continuando) Ma loro hanno dello spirito... e fanno buon viso a cattivo giuoco....
Noi riconosciamo i diritti del primo occupante, marchese.
(Si ride.)
Ed io mi auguro che della strana e allegra finzione dovuta... a una capricciosa testolina, loro non portino un troppo cattivo ricordo, lasciando questi luoghi....
(con uno slancio straordinario della sua voce esigua) Lasciare questi luoghi ora che lei si unisce a sua moglie?!
Ma neanche per sogno! Neanche per sogno!
Sarebbe una scortesia fatta proprio a lei, marchese....
Una indelicatezza gratuita!
Un affronto imperdonabile!
Io non mi movo di qui!
Io ci resto con passione!
Io mi c'inchiodo!
(che sinora ha ascoltato, tormentandosi della grulleria del marito) Ma scusate.... E tutti gli affari urgentissimi?... Le conferenze feministe? Il meeting di corse?... I cavalli da trenare?...
Non erano che pretesti, si capisce, e non ve ne facciamo certo un mistero... Al cospetto di un amante, noi dovevamo fuggire; (con la massima galanteria) ma al cospetto d'un marito, noi non dobbiamo che restare! (Ad Arturo) Non è giusto, marchese?
(a denti stretti) Non si potrebbe essere più corretti di così. (Rianimandosi, con sincerità) Questa è davvero una gentilezza sconfinata,... una gentilezza così finemente cavalleresca... che io non so come ringraziare,... non so come esprimermi... non so come dimostrar loro la mia commozione....
Ma che commozione! Ma che dimostrare! Lei non deve (scandendo le sillabe) di-mo-stra-re niente! Noi inaugureremo ben presto la nuova êra della colonia: l'età dell'oro! E lei (ad Arturo) non deve fare altro che pensare alle sue nuove prerogative. Sino a oggi, sua moglie è stata la nostra regina; spetta a lei, marchese di Fontanarosa, di essere il nostro re!
(con graziosità e buona fede) E spetta a loro, che io eleggo a ministri, di prepararmi degnamente il discorso (accennando un po' il proprio capo)... della corona!
(continuando) E poichè hanno deciso di restare, non stiano più a disagio. Prego:... si accomodino.... Prego:... non facciano complimenti.... Seggano!
(sùbito) Bravo! Sediamo! (Sta per sedere sulla poltrona più comoda, su cui era già pronto ad abbandonarsi.)
(tirandolo su immediatamente) Su! Su, Rivoli! Non è questo il momento di sedere!...
(cerimoniosissimo) Ma perchè no?... Io desidero che la mia presenza non sia d'impaccio a nessuno; io desidero che tutti riprendano le loro abitudini, liberamente, senza preoccupazioni. Non voglio diventare il loro cauchemar! E appunto perciò (con la viva speranza di riescire a mandarli via) se in questo momento lor signori preferiscono, come credo, di ritirarsi, oh!, si servano, si servano pure. Io non mi permetterò di trattenerli. Avremo tutto il tempo di stare insieme... stasera... domani... dopodomani....
No, no, no, no, no! Noi non vogliamo e non dobbiamo essere insensibili a tante cordialissime premure. Non se ne parli più, marchese, non se ne parli più. (Rivolgendosi agli altri, ad alta voce, e indicando Arturo) Una volta che egli lo vuole, facciamo a modo suo! (Siede.)
(lo guarda con sorpresa.)
Quello che già pensavo io: facciamo a modo suo. (Siede e si sdraia.)
(lo guarda con sorpresa.)
(enfaticamente) Ah, non è umanamente possibile dirgli di no! (Siede.)
(lo guarda con sorpresa.)
È obbligantissimo! (Siede.)
(lo guarda con sorpresa.)
Irresistibile! (Siede.)
(guardandoli ancora e rodendosi dentro e sforzandosi di fingere un vivo compiacimento) Ecco, ecco.... Così va bene! Così va benissimo! (Siede anche lui.)
(Ora sono tutti seduti, in riga, di faccia al pubblico, e Arturo è alla testa della riga.)
(li osserva tra il malinconico e il comico.) (Un silenzio.) (Indi, prende una sedia nell'angolo più lontano della stanza, la trascina con lentezza e la colloca molto vicina a quella del marito, allungando così la riga. Siede a sua volta, si piega, tranquillamente, verso di lui, e gli domanda sottovoce:) Be'? Che ne dici?
(si piega tranquillamente verso di lei, e, sottovoce, le risponde:) Che sciocchi!
Insuperabilmente!
(sempre a bassa voce, approvando:) Tutti e cinque.
(nel medesimo tono, confidenzialissima:) Tutti e sei.
(ha come un lieve soprassalto e si rimette diritto.)
La medesima stanza. — È sera. — Buio.
ANNA e DIONIGI.
(Dopo qualche istante di silenzio e di vuoto, Anna vien fuori dalla sua camera.)
(ha in mano un lume, che pone sopra un tavolino. Guarda, inquieta, alla finestra. S'accosta alla porta comune, e chiama:) Antonio!... Antonio!... (Poi, tra sè) No. Nessuno!... Ritarda molto!... (Si avvicina al tavolino, pensa e mormora con rabbia, risolutamente: ) E sia!... Egli continua a tradirmi; io comincio a vendicarmi.
(entra dalla porta comune, e, leggero leggero, senza farsi vedere nè sentire, le si annunzia dandole un bacio sulla spalla.)
(voltandosi) Oh! Che paura!
(stringendole con effusione ambo le mani) Adorabile! Adorata!
Sì, sì, adorabile e adorata, ma siete venuto troppo presto.
Sono le undici e venti minuti. Ho visto un po' di luce qui.... Non era il segnale stabilito?
Ah? Questo era il segnale stabilito? O Dio, me n'ero dimenticata! Che volete! È la primissima volta.... Se non mi ci abituo! E poi, già, con la mia testa, non riuscirò mai a ricordarmi di certe minuzie... Intanto, Antonio, il servo, non è ancora di ritorno. Non so.... Io ho un po' di emozione...
Fatevi coraggio.... Giù, al piazzale, ho veduto io stesso che vostro marito è montato in carrozza con le due valigette....
E non con Antonio?
Sì, anche col servo.
L'ho mandato io ad accompagnare Arturo sino alla stazione... per assicurarmi della partenza: capite?
Capisco.
Non si sa mai! E se Antonio non viene a dirmi d'averlo lasciato lì, in treno, ben dentro un vagone, io non posso chetarmi. Una pusillanimità insopportabile, non è vero?
Io ci trovo, invece, un cachet particolare, che agli occhi miei vi rende più preziosa!
Senonchè, badate, in me non producono fastidio che i sotterfugi puerili, i pericoli piccini e lontani.... Essi mi umiliano, e mi fanno diventare paurosa... Mentre, poi, nell'imminenza d'un pericolo imponente, (con molta animazione) io sarei grande, sarei un'eroina!
(ha un volontario moto di preoccupazione.)
... E ciò vi seccherebbe infinitamente!
Io non l'ho detto!
Perchè non sarebbe stato molto chic il dirlo....
Ma io....
(interrompendolo) Non vi sforzate a protestare. Non c'è scopo! Vi preferisco come siete: cioè poco adatto ai solenni avvenimenti; grazioso, galante, superficiale, di quella gaia superficialità tutta giovanile e tutta sincera che è tanto diversa dalla mia... dietro cui si nasconde, aimè, un disastro....
(spaventato) Quale disastro?!
Non ci badate. Io vi preferisco proprio come siete, più abituato ai passatempi che all'amore, più esperto di cavalli che di donne, e più innamorato di voi stesso che di me.
Mi giudicate male!....
Non dovreste lamentarvene se, appunto giudicandovi male, io mi sono decisa... a tutto. Non mi rivolgo forse a voi con la speranza che una doccia della vostra frivolezza mi dia la salute? (Prendendoselo a braccetto confidenzialmente) Anzi, sentite, buon Sandro: quando... qualche nuvoletta mi passerà sulla fronte — ammesso che ve ne accorgiate — il che non credo —, non ve ne impensierite e andate avanti, sempre avanti!...
Sempre avanti!
Intenderete che non può non rattristarmi il fenomeno di questo mio marito, che si ostina ad essere mio marito e che è poi capace di lasciarmi in balìa di cinque uomini per recarsi a ripescare una... delle sue migliori amiche!
È poco elegante da parte sua!
Vedendolo partire, ho avuto l'impeto (con violenza) di gittargli sul viso il biglietto con cui voi, in vista della partenza, mi proponevate l'appuntamento di stasera....
(allarmandosi) Oh!!!
Ma ho pensato che ciò non sarebbe stato....
... di buon gusto....
(dissimulando subito l'amarezza in un falso sorriso) Ecco... Ed è perciò che mi son trattenuta. È innegabile che io non avevo il diritto di cacciarvi in una tragedia!
Certamente no! (Correggendosi) Per un uomo come me — ne siete persuasa — la maggiore noia cagionata da una imprudenza non è nè il ricevere nè il dare un colpo di spada; ma è, senza dubbio, il compromettere una donna, una dama come voi. Vi amo, Anna, credetemi. Vi amo, oramai, (con ardore) e sono e voglio essere tutto dedito a voi: umile, devoto, pronto a sacrificarvi le mie abitudini, i miei passatempi....
(intonandosi a lui, ironicamente)... i vostri cavalli....
(continuando, in buona fede, con espansione) Sì, anche i miei cavalli; ma, per carità, che mai uno scandalo, mai una tragedia venga ad offuscare il vostro nome o a far dubitare della mia delicatezza di gentiluomo!
Vi confesso, mio caro Sandro, che questa vostra scrupolosità di persona estremamente corretta non era nel programma da me... sognato: ma giacchè, se non mi sbaglio, mi piacete lo stesso,... vada pure per la correttezza! E,... «puisque ce n'est qu'un rêve» — come dice la Belle Hélène —,allons!»
Molto chic!
(tendendo gli orecchi) Una carrozza s'è fermata qui vicino. È Antonio che ritorna.... Respiro. Sarà meglio che il brav'uomo non vi trovi con me, a quest'ora....
Dove volete che mi nasconda?
(guardandolo con grazia e furberia e indicando le sue stanze) Lì!
Ah! (Baciandole le mani) Grazie! Grazie!...
(mettendogliene una sulla bocca) No, non mi ringraziate.... Non sarebbe di buon gusto....
Ah, sì, è vero! (Esce a sinistra.)
(chiamando) Antonio! Antonio!
ANNA ed ARTURO.
(entrando con brio) Ma che Antonio! Sono io.
(colpita) Come! Tu!
Antonio è rimasto di là. L'ho mandato a dormire.
Non sei partito?!
(con schietta spensieratezza) Evidentemente, non sono partito. Mi fai certi occhiacci di maraviglia....
(imbarazzatissima, ma padroneggiandosi) È una cosa abbastanza strana. Ti sei data tanta pena per prendere il treno di mezzanotte....
Naturalissimo! Mi premeva di partire.
E poi?
E poi non mi premeva più. Quasi presso la stazione ho incontrato il fattorino del telegrafo, il quale s'avviava comodamente a portarmi quassù un dispaccio. Per fortuna, mi ha visto e mi ha riconosciuto. E quando ho letto il telegramma,... che era un contrordine... del mio notaio,... sono tornato indietro. Nè più, nè meno.
E... dov'è questo telegramma?
(sorride) Ah ah!... Dubiti come di solito? (Mostrando il dispaccio da lontano) Eccolo qua.
È permesso di leggerlo?
Perfettamente permesso. (Quasi glielo porge.) Ma non è indispensabile che tu lo legga. (Se lo caccia in tasca.)
Non lo leggerò.
Di': che avevi pensato? (In caricatura) Ch'io fossi ricorso all'espediente della falsa partenza per piombarti addosso all'improvviso e per sorprenderti nell'ora... «dei delitti e degli amori»?
Oh, questo no! Giuro che no. So bene che le cose di questo genere... non ti somigliano. Soltanto, sono convinta che quel telegramma... non è del notaio.
Gelosa!
Chi?
Tu.
Questo ci mancherebbe, adesso!
Nondimeno, (le si avvicina, e le carezza il mento) tu sei un pochino in collera con me.
In collera, io, con te?! Non sarebbe di buon gusto.... Cioè, no.... Volevo dire: non sarebbe... giusto.
(mettendosela a braccetto) Vuoi.... provarmelo di non essere in collera?
Con entusiasmo; ma... in che modo?
Me lo domandi?...
Ah!... ho bell'e capito: io... invece del... notaio.
Che c'entra il notaio?!
Sì sì... la persona del telegramma, insomma.
Ma che dici! (Affettuosissimo, conducendola pian piano verso la porta a sinistra) Se anche sospetti che quel telegramma sia... di una donna, tu non devi parlare così, perchè non devi ammettere che ti si possa confondere con nessun'altra donna al mondo!
(dissimula l'intima acredine e simula la medesima cordialità di lui.) Sei troppo buono!
(desiderosamente, concretando) Dunque?...
(con trepidazione profonda e preparando il suo piano) Sia fatta la volontà tua! (Fermandosi di botto presso la porta) Però....
Però?
Io non avevo pensato neanche vagamente che tu avessi organizzata una falsa partenza per sorprendermi in flagranza di... tradimento. Ma... questa tua repentina recrudescenza coniugale mi fa pensare adesso ciò che non avevo pensato prima.
Perchè?
Perchè... tu hai una voglia matta di entrare in quella camera.
Sì, non lo nego; ma... per una ragione... molto più allegra.
È inutile, è inutile: più parli e più sento nella tua voce l'ansia e il tormento di chi, invaso da un dubbio atroce, è avido di vedere, di cercare, di frugare...
Ma tu vaneggi! Io non sono stato mai tanto tranquillo come questa sera.
Ebbene... (si stacca da lui, e, con energia, chiude l'uscio, come ha fatto al secondo atto, mettendo in evidenza un'emozione da commediante che nasconde quella vera)... se desideri ch'io mi persuada d'essermi ingannata, non entrare in quella camera!
(dopo un istante di riflessione, battendosi la fronte e schiamazzando con giocondità trionfale) Ah, perbacco, ci sono! Stai ricominciando la burletta famosa di quella sera!4
No....
Ti dico di sì! Tu mi monti la macchina.... Mi metti dinanzi la trappola.... Ma questa volta, per quanto è vero che io sono qui, non mi ci pigli!
Ne sei sicuro?!
Fatica sprecata!...
Eppure, rifletti un po': che manovra carina sarebbe il fingere una burletta come te la feci quella sera, per nascondere veramente qualcuno!
Tu sei una gran furba....
Lo so.
E dopo questa minaccia, nessun marito resisterebbe alla tentazione di far capolino lì dentro....
(sussultando) Lo vedi?!
Ma io..., per non farti divertire a mie spese, non voglio nemmeno guardarlo quell'uscio! In trappola, mia cara, non ci capito più!... E, rinunziando a ciò che stasera molto mi sorrideva,... rimando la continuazione a un'altra volta.
(rassicurandosi e fingendosi piccata) Nulla di urgente, eh?
(ride) Ah ah ah! L'hai voluto tu! Tienti il tuo seduttore... o il tuo sedotto.... Io mi rassegno alla mia cameretta da scapolo.... (Andandosene, ride sempre più forte) Ah ah ah....
(con un sincero scatto nervoso) Via, non ridere troppo!
Non mi ci pigli! Non mi ci pigli! Vado a dormire... coi miei pensieri.... È la minore punizione ch'io ti possa infliggere. Ah! ah! ah!... Volevi farmi il bis della canzonatura, volevi? Ma me n'è bastata una! (Sulla soglia) Io ti saluto,... traditrice!
Va' là.... chè dormirai sulle spine....
E tu non certo sulle rose! Ah ah ah! (Ridendo e ridendo, esce a destra, e chiude l'uscio.)
(in un misto di alterigia, di pietà e di disprezzo, resta a guardare l'uscio chiuso.)
DIONIGI, ANNA, ARTURO.
(entra cauto e frettoloso, in preda all'orgasmo, e, accostandosi ad Anna, pianissimamente le dice:) Povera Anna!... Povera Anna mia!... Voi avete camminato sull'orlo d'un precipizio....
(piano come lui) Ma per far piacere a voi, non ci sono caduta....
(di dentro, contemporaneamente, canticchia la nota romanza del Rigoletto:)
«La donna è mobile,Qual piuma al vento...»
Io temo, per altro, ch'egli lo abbia qualche sospetto....
«Muta d'accentoe di pensiero....»
Io sono sicura del contrario....
(in gran fretta) Ma è bene profittare di questa tregua.... Il mio dovere, Anna, è di salvare voi a ogni costo. Cercherò di aprire il cancello,... di scavalcare un muro,... di sottrarmi,... di sparire, insomma, in un modo qualunque....
(esterrefatta) Ah sì?!
A domani, dunque, Anna. A domani.
No, Sandro!... (Pausa).... (Quasi solenne) A mai più!
Perchè!?...
Non lo so.... Ma prima che mi salviate, caro Sandro, voglio dimostrarvi che egli non sospetta di niente. Aspettate lì, un momento solo.... (Lo spinge un po' verso il fondo. Poi si avvicina alla camera di Arturo e chiama:) Arturo! Arturo!
(allarmato, agitatissimo) Che fate?
(continuando il motivo:)
«La llarà lallà làLa llarà lallà... là»
Arturo, non rispondi?
(di dentro, in tono scherzoso) Che vuoi, traditrice? Che vuoi?
Bada che ho avuto già il tempo di farlo fuggire....
Male! Se è fuggito, è un pessimo amante!...
E lo sai tu chi era?
No, angelo mio, no....
Era... il conte Dionigi....
(di dentro, ridendo ancora) Ah ah ah! Il più imbecille!
(vivamente offeso) Oh!
Non mi ci pigli! Non mi ci pigli!
(a Dionigi, molto dappresso, a bassa voce, sottolineando argutamente) Avete udito... tutto?
(livido, fremendo d'ira, minaccioso, feroce) Ma io potrei!...
(fredda, imponendogli silenzio) Sss! Senza tragedie!... Non sarebbe di buon gusto!
(frenando la rabbia) Addio, Anna! (Verso la porta a destra rivolge un gesto di fiera minaccia ed esce rapido dalla comune.)
(in una espressione di profondo disgusto, lo segue con lo sguardo; quindi, prende il lume e, scrollando il capo, si avvia a sinistra per ritornare nelle sue stanze. Fermandosi un istante, riflette:) E dicono che sia così difficile il serbarsi oneste!...5
[1] | «Con vento fresco», in gergo nautico, significa: con vento vivace. |
[2] | Per rinforzare la spina dorsale si fa la cura della sospensione con la macchina Charcot. |
[3] | Il raddoppiare la m semplice e il raddolcire le doppie l, pronunziandole come una l sola, sono una leziosaggine fonica messa in moda da certi esteti da strapazzo. |
[4] | Da questo punto sino alla fine della scena, l'attore dovrà essere di una vivacità sconfinata e il dialogo dovrà essere serrato e scoppiettante. |
[5] | Nota per l'attrice. L'ultima frase l'attrice dovrà dirla al pubblico, come nelle commedie antiche. |
*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK LA FINE DELL'AMORE ***